Aiuto! Arrivano gli alieni! – La vera storia di Space Invaders

Space Invaders fa parte di quei titoli conosciuti universalmente, anche da chi non ci ha veramente mai giocato. Ma com’è nato questo gioco, che sembra sfidare i decenni? Vi raccontiamo tutto in questo nuovo appuntamento con Passione Arcade!

copertina passione arcade space invaders

Quando cerco di spiegare, a persone lontane dal “mio” mondo, cosa dico nei miei video, spesso rispondo con “racconto la storia e le curiosità degli arcade”, ecco la maggior parte delle volte mi viene restituita, oltre che un’occhiata molto perplessa, un “di cosa parli?!”.
In questo caso, a seconda della persona che mi trovo davanti esordisco con “hai presente i videogiochi a gettoni?” oppure “sai quei mobili di legno dove inserivi la monetina per giocare?”, ecco, lì vedo finalmente un barlume di comprensione negli occhi di chi ho difronte, manca solo qualche parolina magica e finalmente sarò riuscito a rispondere in maniera esaustiva alla domanda iniziale.
Già perché dovete sapere che a prescindere che siate appassionati di videogiochi o meno, alcuni titoli sono entrati di diritto nel vocabolario di cultura generale grazie alla loro diffusione globale e capillare.
Quindi esordisco con parole del tipo “hai presente Pac-Man, Space Invaders…?” BOM! Ora sì che ci siamo!

È incredibile come due decenni di storia dei videogiochi arcade possano essere tranquillamente riassunti con questi titoli.
Perché non importa che tu sia un videogiocatore accanito oppure un videogiocatore occasionale, chiunque ha sentito nominare oppure visto qualcosa che sia riconducibile a Pac-Man o Space Invaders.
Quest’oggi però non vi parlerò del pallino giallo dalla fame insaziabile, bensì del titolo che ha definito il concetto di shoot’em up quando ancora non si sapeva cosa fossero.

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Nel 1977 nasce nella mente di Tomohiro Nishikado un gioco che sarà destinato a stravolgere il mercato degli arcade e non solo: Space Invaders.
Nei primi anni 70, Nishikado fu incaricato dalla Taito di sviluppare uno dei tanti cloni di Pong, per cavalcare l’onda di popolarità di quel famoso gioco prodotto in America.
Vista la risposta positiva del pubblico giapponese, in Taito lo spronarono ad andare avanti sviluppando altri titoli fino ad arrivare al momento in cui iniziò a lavorare su una sua personale versione del videogioco di Breakout.

– Piccola nota per chi non ricorda il gioco di Breakout: trattasi di un titolo sviluppato da Atari nel 1976, il cui scopo era quello di far rimbalzare in maniera verticale una pallina contro un muro di mattoncini fino a farli scomparire del tutto-

Partendo da quel gioco, il suo concept si basava sul far muovere i mattoncini da un lato all’altro dello schermo e piuttosto che fargli rimbalzare una pallina, il giocatore avrebbe dovuto distruggerli sparandogli dei proiettili contro.

In oltre una componente fondamentale del videogioco era la velocità con cui si spostavano questi mattoncini che, come vedremo, sarà una diretta conseguenza dei limiti hardware dell’epoca. Non è un segreto infatti che come molti sviluppatori, lo stesso Nishikado dovette costruire letteralmente della componentistica per poter realizzare il videogioco, oltre che naturalmente, scrivere le istruzioni per far eseguire determinare routine agli stessi componenti creati. Anche la velocità crescente degli sprite da abbattere era legata a limiti hardware, man mano che questi diminuivano, il peso del calcolo a carico del “microcomputer” all’interno della scheda gioco diminuiva e come conseguenza la velocità di spostamento aumentava, rendendo più difficile la loro distruzione.

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Ma come siamo passati dai mattoncini agli alieni? Beh tutto è avvenuto per gradi, inizialmente i mattoncini dovevano essere sostituiti con degli omini, ma in Taito non erano dell’idea che fosse una cosa molto “commerciale” sparare a delle persone, e quindi Nishikado attinse alla fauna marina, più precisamente a granchi e polpi, per creare gli alieni che ad oggi, noi tutti conosciamo.
Altra innovazione fondamentale fu l’introduzione del fuoco nemico, che contribuì alla creazione dei baluardi sotto cui nascondersi per cercare di non essere colpiti, fintanto che questi reggevano.
Unite il tutto con una colonna sonora che con il suo battito riesce a far venire l’ansia anche ad uno con il sangue freddo come Chuck Norris, e il gioco è fatto, nel 1978 nasce Space Invaders.
Ma che videogioco arcade leggendario sarebbe senza un cabinato alla sua altezza? Infatti per il momento vi ho parlato della nascita del gioco e non del cabinato.

 

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Che dire, un cabinato incredibile, compatto e con alcune soluzioni che sicuramente hanno contribuito all’enorme successo avuto.
Innanzitutto lo schermo, uno specchio serigrafato che raffigurava la superficie lunare e retroilluminato da una luce bianca che al buio aveva un effetto di luminescenza incredibile.
Il CRT che posto a 90° circa, rispetto allo specchio, creava una illusione tale da far sembrare lo scenario lunare parte integrante del videogioco.
E poi i colori ottenuti applicando delle strisce di acetato trasparente sul CRT, che ingannavano l’occhio creando un effetto colorato nonostante il gioco fosse in bianco e nero.
Tutto questo unito al vincente e coinvolgente gameplay ha dato origine al successo di questo videogioco.

Pensate che il successo in Giapponese fu così grande, da convincere intere attività commerciali nel convertirsi a salegiochi avendo al loro interno solo cabinati arcade di Space Invaders.
E non appena il titolo oltrepassò i confini giapponesi, grazie alla importatrice Bally Midway, esplose la vera e propria mania e quindi il mercato venne travolto da gadget e tema Space Invaders, pensate che una nota marca di prodotti alimentari (Heinz) creò una linea di articoli dedicata.
Persino un band britannica, gli Hot Gossip, nel 1980 composero un pezzo intitolandolo proprio Space Invaders.

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Insomma tutti all’epoca volevano giocarlo, tanto che anche la Atari come ho già scritto in un articolo tempo fa, ne fece una vera e propria Killer app per la sua console VCS.
Tuttavia tanto successo attirò l’attenzione anche di persone che non vedevano di buon occhio questo tipo di divertimento, come il deputato inglese George Foulkes che nel 1981 promosse una proposta di legge che voleva dare il potere alle amministrazioni locali di regolamentare Space Invaders e giochi simili con un sistema di licenze (un po’ come con l’alcool e il gioco d’azzardo) perché a suo dire questi giochi creavano dipendenza e deviavano le giovani menti.

Fortunatamente la proposta venne bocciata, ma la storia ci insegna che questo pensiero non sarà l’ultimo purtroppo, dopo tutto si sa, il mondo politico sta al tema dei videogiochi come la panna sulla carbonara.
E voi? qual è stata la prima volta che avete sentito parlare di Space Invaders? E soprattutto dove l’avete giocato? Scrivetemi la vostra nei commenti.

Io sono Mike, e ringraziandovi come sempre per essere arrivati fin qui, vi do appuntamento alla prossima settimana con un nuovo articolo della mia rubrica Passione Arcade.

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Arcade Mike

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Io? sono Mike! cresciuto a pane e videogiochi non perdo occasione per infilare qualche monetina in un vecchio cabinato arcade facendomi rapire dalla storia che queste macchine sono ancora in grado di raccontare.

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