The Great American Bash – La storia del “festival” del Wrestling

Oggi per la nostra rubrica Wrestling Vintage vi proponiamo la vera storia di uno degli eventi più famosi dello sport-spettacolo Made in USA: signore e signori, mettetevi comodi, perché sta per cominciare il The Great American Bash!

wrestling vintage the great american bash

NXT lo ha fatto di nuovo. Dopo aver riportato in vita alcuni fra gli eventi più famosi della storia del wrestling – come i mitici War Games o, più recentemente, In Your House – ed averli inclusi nel proprio calendario, nelle prime due puntate di luglio del suo programma tivù, il brand di sviluppo della WWE ha presentato la propria versione di The Great American Bash. La WWE ha annunciato così il revival:

“L’orgogliosa tradizione dello sport-spettacolo è tornata, questa volta sotto la bandiera nero-oro (i colori del marchio di NXT, ndr). Risalente al 1985, l’evento è stato rivitalizzato negli anni successivi e ora torna ancora una volta con le migliori Superstar di NXT che cercheranno di lasciare un segno nella sua storia”.

Nel 1985, al grande Dusty Rhodes viene l’idea di uno show estivo per celebrare la festa dell’indipendenza americana. La propone ai suoi dirigenti e così nasce The Great American Bash, una sorta di grande happening, un “festival del wrestling” in cui sperimentare varie tipologie speciali di incontri (botte da orbi usando collari per cani o catene come corpi contundenti, tanto per fare degli esempi), che, però, non disdegnava altre forme d’intrattenimento meno “animalesche” al suo interno. Per esempio, nel primo Great American Bash in assoluto, tenutosi il 6 luglio del 1985 all’American Legion Memorial Stadium di Charlotte in North Carolina, c’è spazio anche per un concerto del cantante country David Allan Coe. Ma il main event – ça va sans dire – è riservato allo stesso Dusty Rhodes che affronta e batte il World Television Champion Tully Blanchard all’interno di una gabbia d’acciaio.

Visto il successo della prima edizione, l’anno dopo, The Great American Bash diventa addirittura una tournée di ben tredici spettacoli dal vivo sotto il cui marchio le Jim Crockett Promotions, federazione di riferimento del National Wrestling Alliance di quegli anni, portano gli incontri dei propri lottatori in giro per il sudest degli Stati Uniti. Memorabile è la vittoria del titolo da parte del solito Dusty contro il campione Ric Flair, il 26 luglio, nella tappa di Greensboro.

Il format del tour viene mantenuto anche nel 1987 e, in un paio delle sue tappe, viene inaugurata un’altra famosa creazione dell’“American Dream”. Il 4 luglio, ad Atlanta, si disputa per la prima volta nella storia un WarGames Match: da una parte i Road Warriors (conosciuti come Legion of Doom nella World Wrestling Federation) insieme a Nikita Koloff, Dusty Rhodes e persino al loro manager Paul Ellering, dall’altra i Four Horsemen e il manager James J. Dillon. Una cruenta battaglia in cui, per la gioia del pubblico, alla fine sono i “buoni” a trionfare.

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Dal 1988, l’evento diventa a tutti gli effetti un pay-per-view e nel 1989 viene organizzata la prima edizione sotto l’egida della World Championship Wrestling, ancora affiliata all’NWA. Uno degli highlight di The Great American Bash nell’era WCW è la conquista del primo titolo assoluto da parte di un giovane Sting nel 1990, in un simbolico passaggio della torcia da un campione affermato a un giovane che ne avrebbe seguito le orme. In quegli anni, il detentore della cintura, Ric Flair, è (e sarebbe stato ancora per molti anni) il numero uno del business e, per questo, nell’arena si respira un’atmosfera da Davide contro Golia. Il pubblico è tutto dalla parte di Sting e, per l’occasione, alcuni suoi colleghi si sono pure presentati a bordo ring per proteggerlo dalle possibili interferenze degli Horsemen. La vittoria finale del giovane leone sul più quotato avversario e la gioia incontenibile del pubblico rendono, senza ombra di dubbio, l’edizione del’90 una delle più indimenticabili di questo show.

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Sting è sempre più il beniamino dei fan e, negli anni seguenti, deve vedersela con alcuni fra i più temibili “cattivi” della federazione. Come a The Great American Bash del 1992 in cui, oltre tenersi il torneo per decretare gli inaugurali campioni di coppia NWA, il lottatore dalla faccia colorata difende la propria corona contro Big Van Vader, un spaventoso mostro di quasi 200 chili. Vader è dominante ma Sting resiste e contrattacca. E il pubblico accompagna ogni sua mossa con le proprie urla. Nonostante un’impressionante prova di resistenza, però, ad un certo punto il campione sbatte accidentalmente la testa sul paletto e comincia a sanguinare, lasciando spazio all’avversario per colpirlo con la sua mossa finale, una devastante powerbomb, che permette e Vader di laurearsi nuovo campione. Stavolta, purtroppo, è Golia a trionfare su Davide.

Nella seconda metà degli anni Novanta, l’evento è teatro dell’azione di tanti altri wrestler targati WCW che, negli anni, sarebbero diventati delle vere e proprie leggende: da Diamond Dallas Page a un giovanissimo Rey Mysterio a Booker T, tanto per fare alcuni nomi. E poi, dal 1997, c’è il New World Order a farla da padrone. Fino al 2000, anno dell’ultima edizione prodotta dalla federazione di Ted Turner, infatti, il gruppo di ribelli fondato da Hulk Hogan, Kevin Nash e Scott Hall è protagonista della lotta intestina contro il resto della WCW, che si sviluppa in parecchi dei match disputati nell’ambito di questo pay-per-view.

Nel 2001 Vince McMahon acquista il marchio e i diritti della WCW e, tre anni dopo, la WWE presenta la propria versione di The Great American Bash, rendendolo esclusiva del brand di Smackdown!. Sono gli anni dell’ascesa di Eddie Guerrero che, nel 2004, affronta JBL in un Texas Bullrope Match, una contesa molto bella nella quale chi sarebbe riuscito a toccare in successione i quattro angoli del ring sarebbe stato proclamato il vincitore. Purtroppo per i tifosi del “Latino Heat”, stavolta a spuntarla è proprio lo sfidante JBL che inizia così la propria striscia da campione WWE.

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Ma vogliamo parlare dell’incontro fra l’Undertaker e i Dudley Boyz colpevoli del rapimento del suo manager? Sì, proprio lui: lo spettrale Paul Bearer che era tornato al fianco del deadman qualche mese prima, in occasione della sua “rinascita” da becchino. In onore delle strane stipulazioni delle origini di The Great American Bash, alla vigilia si decide quanto segue: se Undertaker perde, Paul Bearer, che durante tutto il match è legato all’interno di una gabbia di vetro con la pompa di una betoniera pronta ad entrare in azione, sospesa in alto sulla sua testa, verrà sepolto vivo. Potete immaginare i lamenti del povero Paul che, con quella vocina stridula, urla ogni due per tre Undertakeeeeer!. La conclusione, poi, lascia tutti a bocca aperta: il becchino batte i Dudleys ma, invece di liberare il proprio mentore, lo guarda, gli chiede scusa, tira la leva e lascia che il cemento coli all’interno della gabbia, seppellendo per sempre il proprio manager.

Uno dei finali più inaspettati dell’intera storia di questo spettacolo estivo, la cui ultima edizione in pay-per-view, è quella del 2009 chiamata soltanto The Bash (forse quell’anno in WWE avevano tagliato i fondi sui nomi…). L’incontro per il titolo viene ribattezzato “le tre fasi dell’inferno”, attraversando le quali Randy Orton riesce a mantenere la cintura di campione contro Triple H.

Ok, ma vuoi mettere Undertaker che seppellisce vivo Paul Bearer?

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Gianluca Caporlingua

Cresciuto (???) giocando a calcio e sbucciandomi le ginocchia sui campi in terra della provincia siciliana. Da bambino, però, il sogno (rimasto nel cassetto) era quello di fare il wrestler. Dato che mia madre non mi avrebbe mai permesso di picchiare gli altri, ho deciso di cominciare a scrivere le storie dei miei eroi. Oggi le racconto filtrandole coi ricordi d'infanzia.

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