Sylvester Stallone su Rocky: «Dovremmo farne un altro?»

L’attore ha condiviso un video ironico sul proprio profilo Instagram, ma non ha comunque perso occasione per pizzicare i fan con un quesito allettante quanto pericoloso: Sly dovrebbe fare un altro Rocky?

stallone

Un video ironico, ma forse non troppo. Del resto, lo sappiamo, col buon vecchio Sly non si sa mai.
Un reel simpatico che l’attore ha usato per descrivere il proprio stato d’animo alla fine della lavorazione di ogni film di Rocky: “Again! Again!” urla la voce fuori campo.
Come didascalia, una semplice domanda, diretta e senza troppi fronzoli:

«Dovremmo farne un altro?»

Rocky, uno dei personaggi più iconici della storia del cinema, protagonista di una delle saghe che ci ha tenuti tutti a battesimo, dai più giovani ai più anzianotti.
Se qualcuno ha sempre imputato a Sylvester Stallone di non essere un grande attore (e qui scendono in campo le numerosissime candidature ai Razzie Awards, per quanto possano valere), bisogna comunque rendergli un merito eccezionale: ha ideato storie e personaggi talmente veri e potenti da entrare nell’immaginario quotidiano di ognuno di noi.

Era il 1975 quando il primo film della saga vide la luce. Un pugile di periferia ha l’occasione della vita: potrà combattere quindici riprese contro Apollo Creed, lo straripante e imbattuto campione del mondo. Una pellicola che non si può definire cult, perchè il termine cult risulterebbe riduttivo. Una vera e propria lezione di vita, con un autore sconosciuto a tutti, Sylvester Stallone, che vende la sceneggiatura a una sola, inequivocabile condizione: “Rocky lo interpreto io.”

Scommessa vinta, vintissima, stravinta. L’attore che fino a pochi mesi prima moriva di fame e vendeva il proprio cane per riempire il frigorifero (lo ricomprerà poi dopo l’uscita del film a un prezzo stratosferico) sale sul palco e ritira il Premio Oscar per il miglior film in concorso. Un tripudio della periferia, una favola infinita che, però, secondo molti, poteva e doveva finire lì, in quell’istantanea di perfezione incancellabile.
L’appetito vien mangiando, e Stallone tira fuori Rocky II, un film godibile e, onestamente parlando, molto vicino al primo per ambientazioni, tematiche e interpretazioni dei protagonisti. A cambiare, stavolta, è la morale di fondo. Si può vincere trionfando, e non soltanto perdendo con gloria e onore.

Rocky, a quel punto, abbandona il proprio fascino grezzo per consegnarsi alla Hollywood tutta luce, glamour e video musicali collocati un po’ ad cazzum nei film: Rocky III e Rocky IV, per quanto sempre iconici e indistruttibili, sono un po’ questo; e non fraintendetemi, chi scrive ama ALLO SPASMO tutto ciò che riguarda Stallone e Rocky.
Rocky V è il canto del cigno, un mito che si riduce a una scazzottata da strada che lascia scontenti tutti, e che sa di addio riuscito proprio male, ma pur sempre addio. Ed è in quel lontano 1990 che Rocky Balboa striscia via dalle esistenze di tutti noi, con una pellicola che tenta disperatamente di rievocare lo spirito del Natale passato, la magia di quel primo film che non riesce proprio a tornare, nemmeno riconvocando John Avildsen, storico regista del capitolo originale. La fine di Rocky.

E in effetti, da quel 1990 in poi, di Rocky sentiamo parlare solamente durante le maratone televisive che a cadenza più o meno annuale venivano proposte, tendenzialmente di Giovedì. Un appuntamento fisso per ogni nostalgico che si rispetti, perchè non importa quante volte l’abbiamo visto, se sappiamo le battute a memoria (quanto se non meglio di Stallone), ma noi siamo sempre lì a soffrire fino all’ultima ripresa, fino all’ultima scazzottata da strada.

Rocky Balboa (2006) - Plot - IMDb

Poi Rocky torna, così, a sorpresa. Anno 2006, Stallone vicino alla crisi di popolarità, decisamente dentro la crisi d’identità. Come uscirne? Semplice, con l’usato sicuro. Tutti ridono del progetto, eppure Rocky Balboa è un capolavoro. A distanza di decenni dal capitolo iniziale, Stallone fa centro e azzecca il film sotto ogni aspetto, commuovendo, facendo riflettere e dicendo addio in maniera degna ed eroica, su un ring, ancora una volta da sconfitto, proprio come contro Apollo Creed nel 1975.

Tripudio, sipario, via le luci.

Sylvester Stallone tornerà a indossare i panni dello Stallone Italiano in tempi recenti, più da spalla che da protagonista, dando quella tinta di personalità necessaria a fare grandi i primi due capitoli di Creed, una trilogia che è riuscita a dire tanto, ancora una volta partendo dallo sfavore generale della critica.
Ma sì, perchè Stallone in fondo ci gode un sacco ad averli tutti contro. Stallone è come quel politico che tutti criticano, che nessuno vuole più vedere nemmeno in cartolina, ma che poi vince sempre le elezioni col 70% delle preferenze; ogni volta non si capisce chi sia a votarlo, ma non perde mai.

E allora l’appetito torna mangiando per l’ennesima volta, la voglia di far dire ancora qualcosa al pensionato Rocky Balboa non lo abbandona mai. I fan più attenti e irriducibili ricorderanno una sua diretta Instagram del periodo pandemico: pettinato, in ordine, nel giardino di casa sua sventola un quaderno spiegando che quelle pagine contengono una sceneggiatura scartata che non vedremo mai al cinema. Per un secondo, un fugacissimo secondo, si intravede un titolo scarabocchiato in corsivo frettoloso sulla copertina: Rocky Mex“.
Secondo fonti più o meno attendibili, la sceneggiatura avrebbe voluto il nostro beniamino impegnato nel circolo dei combattimenti clandestini in Messico: il mentore perfetto per una testa matta che fa a botte negli scantinati abusivi. Eppure quel progetto naufraga ancor prima di salpare.

Creed, il sapore della gloria | Vero Cinema

Anno 2024, non è cambiato niente. Quando Stallone non sa che pesci prendere, torna sempre allo stagno di Rocky. E non è opportunismo, io non credo. Penso sia amore, nient’altro che purissimo affetto per un personaggio che non solo ha scritto, ma che ha vissuto in pieno, dall’ascesa alla caduta. Un personaggio che, fosse per lui, avrebbe ancora tanto da dire, perchè Rocky è nato, cresciuto e invecchiato davanti agli occhi di tutti noi, come fosse un Truman Show cinematografico e pugilistico che non dovremmo mai smettere di guardare.

Se Sylvester Stallone fosse serio o meno nel reel postato nelle ultime ore, forse lo sa solo lui.
Serve un altro Rocky? No, su questo siamo tutti sicuri e d’accordo.
Lo guarderemmo? Anche su questo siamo tutti sicuri e d’accordo: sì, senza ombra di dubbio. Si torna sempre dove si è stati bene, ma soprattutto torniamo sempre da CHI ci ha permesso di stare bene in quei luoghi. E Stallone, con buona pace di chi lo definirà sempre incapace, cane e sopravvalutato, ci ha fatto tanto bene, e sempre continuerà a farlo, anche solo permettendoci di fantasticare su quel vecchio pugile di Philadelphia per qualche ora.

Buttati Sly, tanto è morbido.


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Giuseppe Cassone

30 anni. Scrittore di romanzi, articoli e approfondimenti. Lettore accanito. Nel tempo libero sono Batman: ci avete mai visti insieme? No? Bene.

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