The Mandalorian 3×08 – Finale di stagione: “Il Ritorno”

In quest’ultimo episodio della terza stagione di The Mandalorian, l’azione all’ultimo respiro si propaga come un eco dal capitolo precedente e continua a mantenere desta l’attenzione, a tenerci sulle spine e portare certi snodi della trama dove devono tradizionalmente andare. Perché il bene deve trionfare sul male, anche stavolta.

Recensione The Mandalorian 3 season finale

“Io giuro sul mio nome e sui nomi degli antenati, che percorrerò la via del Mandalore, e le parole del Credo saranno per sempre forgiate nel mio cuore. Questa è la Via”.
Ma esiste una versione speciale per gli spettatori di questo Giuramento Mandaloriano, che aggiunge un piccolo pezzo verso la fine: “E non dubiterò, dopo un paio di episodi, di cui uno in apparenza strano e contradditorio, che “The Mandalorian” abbia perso la rotta, e non corrisponda più a quel genuino divertimento per tutti che è Star Wars“.
E così, due mesi dopo, eccoci al Gran Finale.
Di questa stagione di THE MANDALORIAN, intendo.
Perché, per Mando e Grogu non finisce qua (anche se quell’inquadratura prima dei titoli di coda parrebbe sottintendere il contrario) e sappiamo che molto altro dovrà avvenire, qui e da altre parti, per poi collimare in un film finale diretto da Dave Filoni.
In quest’ultimo episodio, l’azione all’ultimo respiro si propaga come un eco dal capitolo precedente, e continua a mantenere desta l’attenzione, a tenerci sulle spine e portare certi snodi della trama dove devono tradizionalmente andare, e come scrissi settimana scorsa, il Bene deve sempre trionfare sul Male, ma stavolta se l’è dovuta sudare un pochino, e non solo per il calore delle fiamme.
Però sì, non penso di fare spoiler nel dire che i Buoni vincono, perché era abbastanza scontato, ma ciò che non lo era, è quanto Mando e Grogu sappiano sempre come riprendersi la scena, lasciando gli spettatori con quella sorridente emozione, che è poi il marchio di fabbrica della saga di George Lucas, quel saper essere volo di fantasia mai davvero oscuro e mai davvero zuccheroso, ma una felice amalgama delle due cose, riuscendo a parlare un linguaggio universale, fatto di Avventura e Fanservice.
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Perché ciò che succede nelle ultime battute, in un certo momento e in un certo posto dalla simbolica importanza, è bello, emozionante, e non dico che gli occhi non possano sinceramente velarsi, ma di sicuro, un bel sorriso acceso ti si stampa in volto.
E quel sorriso, quella piacevolezza, è la cosa più preziosa da proteggere, non importa quante variazioni e zone di grigio decidi di esplorare, testando nuove strade che possano correre in parallelo.
D’altronde, parliamo di un franchise che, 40 anni fa esatti, ci mostrava l’epico showdown tra Impero e Alleanza Ribelle, sullo sfondo di un pianeta abitato da simpatici e combattivi orsetti.
Quindi, perché oggi dovrei stupirmi se mi ritrovo con lo sguardo fisso sullo schermo a vedere un piccolo pupazzetto verde salvare la situazione, fare acrobatici salti di qua e di là, e sfoderare tutta la sua Forza, inclusa quella che da sempre fa parte integrante di Star Wars.
«Promozione! Ecco come questa serie farà i veri soldi. “The Mandalorian” – la maglietta; “The Mandalorian” – il libro da colorare; “The Mandalorian” – il cestino da pranzo; “The Mandalorian” – fiocchi d’avena; “The Mandalorian” – il lanciafiamme! I bambini lo adorano. Ultimo, ma non meno importante, “The Mandalorian” – la bambola», per semi-citare un famoso film (no prize per chi lo indovina).
Troppo cinico, dite?
Eppure, è così che ha sempre funzionato: ci catturano il cuore con armature di beskar e teneri cucciolotti dai grandi occhioni ed enormi orecchie, e mentre cercano di venderci un prodotto con la loro effigie sopra, ci regalano in cambio personaggi che seguiremmo ovunque, anche attraverso passaggi che sembrano troppo stretti e bui per il loro carattere solare.
Questa stagione di “The Mandalorian” ha messo alla prova la pazienza di molti, ci ha fatto porre interrogativi lungo la strada, e poi fatto esultare di gioia quando il Cattivo prende la sua dose di calcioni nel sedere che gli spettano di diritto, nel modo più spettacolare che budget, messa in scena e schermo consentono.
Che poi, se ci pensate, è quello che hanno sempre fatto i telefilm prima che il bingewatching intorbidisse l’arte del costruire una narrazione seriale, semplicemente portando il pubblico ad ingozzarsi in un paio di giorni, episodi dopo episodi, senza il tempo di digerirli a dovere, spesso appiattendo tutto, ed impedendo di vedere pregi e sì, anche difetti.
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Non mi nascondo certo dietro la spada laser, non tutto è solido in questa terza tornata di puntate, alcune cose sono state più un esperimento che fa rima con esercizio di stile, si son percorsi nuovi sentieri, allo scopo di tastare terreni in cui piantare semi, anche quando non si sapeva cosa ci fosse scritto sulla bustina, e ci sembrava si stessero facendo germogliare solo cactus nel deserto.
Ma questo episodio finale mostra che ci sono tematiche che sono state portate avanti, rapporti che sono cresciuti, consapevolezze che sono passate attraverso un corridoio tappezzato di dubbi, ma che poi vanno esattamente dove devono, senza forzare troppo la mano.
Penso di sicuro a Bo-Katan e alla sua interprete, Katee Sackhoff, vera punta di diamante di questa stagione, con una crescita del personaggio che ho già avuto di evidenziare in precedenza.
Ma, a voler fare un altro esempio, più calzante con questo finale, prendete il tema della Paternità: sembrava qualcosa gettato per caso, come quell’episodio che, facendo sfoggio di azione, ci mostrava questa missione di salvataggio di un ragazzino rapito, semplice digressione mentre ci veniva raccontato il passato di Grogu.
Ed invece, era un seme che lentamente metteva radici, inizia a farsi solida strada nel terreno fertile della serie, e quando alla fine Mando pronuncia quelle parole, ti si scioglie il cuore, perché sai che è un sentimento autentico, seppur filtrato tramite un personaggio di Fantasia.
È la Magia di cui sopra, quella che ti fa apprezzare un burattino come fosse vero. È sempre la stessa, ma che mantenere viva e autentica non è impresa facile, perché serve sana passione, e non solo mero calcolamento.
Se pensi infatti solo al fanservice, finisce che inciampi malamente, ruzzoli ed esci dal fosso un poco malconcio, se ti va bene (Hello, there, Obi-Wan Kenobi).
Ma se ad animare il tuo scrivere, e dirigere, è un particolare moto ondoso, allora sai anche come riuscire a barcollare senza cadere rovinosamente, a capire dove hai sbagliato (Boba-Fett e il suo libercolo) e correggere la rotta, non per questo senza continuare a sperimentare, a fare piccoli errori di calcolo, sapendo di poggiare su spalle belle larghe, quelle stesse spalle che hai allenato per due stagioni piene, conscio che non puoi sempre contare sul “super ospite” come al termine della seconda.
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Quei momenti sono epici proprio perché rari, ma questo non vuol dire che, quando si arriva al dunque, i tuoi protagonisti siano solo vuote figure sullo sfondo per il gran nome di turno.
Favreau e Filoni conoscono il gioco, conoscono il franchise, e quali storie ha raccontato e quali ancora può raccontare, sanno trovare appigli che sono lì in bella vista, basta solo muovere la testa e cambiare la prospettiva, per continuare la scalata verso la cima.
Cosa ci attenderà una volta arrivati là sopra, solo il Tempo e le future puntate potranno dirlo, ma “Questa è la Via” diventa un mantra anche per chi realizza lo show, non solo per semplice narrazione.
Puoi sbagliare, puoi levarti il casco, puoi venire meno al “Credo”, o meglio la sua versione secondo un certo fandom tossico come lo stomaco di un sarlacc.
Ma sai anche come mondarti dai tuoi peccati, immergendoti nelle acque profonde dell’intrattenimento, e a quel punto, recitare le sacre parole, quel mantra fatto di azione, ritmo, personaggi carismatici e avventura, e tornare a dare al pubblico uno spettacolo che ama guardare.
E “The Mandalorian“, senza dare troppa importanza agli hashtag, che ad una certa dovremmo anche ricordarci che non sono il gradiente di nulla, ha saputo essere serie televisiva che si sviluppa settimana dopo settimana, evento perché “Star Wars“, ma telefilm nell’anima, coi suoi episodi, la sua trama che da verticale si è fatta sempre più orizzontale, destabilizzando lo status quo, turbando “la Forza”, e facendo leva anche sull’ilare apparire di “guest star”, inteso nel senso classico del termine, come Jack Black e Christopher Lloyd.
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A quel punto, ti rendi conto che, come è giusto, è importante la destinazione quanto il viaggio, trova fondamento il divertirsi a formulare teorie, a dare per scontato il “more of the same”, salvo poi vedercelo levare da sotto il naso. Ogni settimana, un nuovo appuntamento, figlio di un’incertezza, fastidiosa per alcuni, ma anche un poco elettrica per chi, come me, è cresciuto facendo i salti mortali tra i palinsesti televisivi, e che quindi ben conosce l’ignoto che può regalare una serie televisiva, e quella sottile “ansia” da finale di stagione.
Il tutto applicato a “Star Wars”, al suo mondo, e a due personaggi che ormai ci sono entrati nel cuore, e che rientrano di diritto nell’olimpo dei più amati di una saga che non smette di regalare intrattenimento purissimo, in barba a chi spesso perde la bussola e dalla Galassia Lontana Lontana cerca ben altro, cerca narrazioni e stilemi che non gli competono.
“The Mandalorian” è “Guerre Stellari”, vale sia per le vecchie che per le nuove generazioni, e talvolta, le prime si dimenticano che il franchise non è solo cosa loro, ma deve anche avere un ricambio, nuovo pubblico che possa portare avanti questo colorato carrozzone.
Quindi quel linguaggio universale deve farsi più aulico, aggiornarsi ma senza diventare incomprensibile.
Insomma, per quanto mi riguarda, questa stagione di “The Mandalorian“, per dove ci ha condotto, per quello che saputo mostrarci e per le prospettive narrative che ha aperto (incluso voler dare un costrutto più solido al canone traballante della Trilogia Sequel), è sicuramente promossa, e se dovessi cercare una metafora conclusiva, una che racchiuda il pensiero generale che ha mosso il mio scrivere in queste settimane, sarebbe quella della nobile arte giapponese del Kintsugi.
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Qualcosa, in “The Mandalorian“, sembrava essersi inizialmente crepato, un ninnolo che sembrava rotto e non più utilizzabile, non più capace di donare divertimento e gioco.
Ma ecco che Favreau e Filoni, sapendo di avere a disposizione dell’oro e della lacca con cui lavorare, hanno lavorato su quelle crepe, su quelle apparenti fragilità, rendendo la storia di Mando e Grogu diversa, ma uguale, donandogli nuovo fascino, vitalità e punti di forza.
Restituendocela così, se possibile, ancora più bella, e preziosa!
The Mandalorian 3×08 – Finale di stagione

The Mandalorian 3×08 – Finale di stagione

Paese: USA
Anno: 2019 - in produzione
Stagioni: 3 - in corso
Episodi: 24
Durata: 31-52 min. episodio
Ideatore: Jon Favreau
Interpreti e personaggi:
Pedro Pascal: Din Djarin/The Mandalorian
Katee Sackhoff: Bo-Katan Kryze
Carl Weathers: Greef Karga
Grogu
Dove vederla: Tutti gli episodi sono su Disney+
Voto:

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