Squid Game 3, l’ultima stagione tra giochi mortali e frettolosità (spoiler)

Squid Game 3 è su Netflix: l’ultima stagione della serie sudcoreana cult chiude i giochi con 6 episodi carichi di tensione, nuove prove mortali e riflessioni profonde sulla natura umana e il prezzo del denaro. Occhio, all'interno ci sono spoiler importanti. Noi vi abbiamo avvisato...

Ludovica Terracciano
7 Min di lettura
copertina recensione squid game 3

I famigerati giochi mortali sudcoreani sono giunti al capolinea: l’ultima stagione di Squid Game è infatti recentemente arrivata su Netflix.

La serie sudcoreana è scritta, diretta e ideata da Hwang Dong-hyuk e prende il nome da “il gioco del calamaro”, popolare gioco per bambini della Sud Corea. Fin dalla prima stagione ha conquistato il pubblico globale, diventando un fenomeno di massa.

Ora, con la terza e ultima stagione composta da sei episodi, Squid Game torna a scavare nelle ombre dell’animo umano, tra nuove sfide agghiaccianti e riflessioni amare sul prezzo che alcuni sono disposti a pagare pur di afferrare il montepremi a nove zeri. Vediamo insieme cosa ci ha convinto e cosa meno. 

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Squid Game 3 – Tra nuovi giochi e crudeltà umana

Come le precedenti stagioni, anche qui rivediamo giochi ispirati a passatempi reali, rivisitati in chiave mortale. E come sempre, a rendere l’atmosfera ancora più angosciante, ci pensano jingle e canzoncine infantili diffuse in tutto l’ambiente di gioco. Un contrasto tanto disturbante quanto surreale, capace, come accade anche in molti titoli horror, di suscitare una profonda inquietudine.

Uno degli elementi di funzionalità maggiore della serie sono sempre stati le sfide che, puntata dopo puntata, incuriosiscono lo spettatore per scoprire quale sarà il prossimo. In questa terza stagione troviamo:

  • Il nascondino, in cui i partecipanti vengono divisi in rossi e blu. I primi devono trovare e uccidere almeno un blu per accedere al round successivo; i secondi devono nascondersi o trovare l’uscita prima di essere scoperti.

  • Il salto della corda, dove i concorrenti devono attraversare un ponte sospeso saltando una corda in movimento: chi viene colpito, precipita.

  • L’Ojingeo, in cui i giocatori, per superare la prova, devono spingere giù almeno un avversario entro 15 minuti.

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Come accade anche in Hunger Games, ogni prova miete vittime, spesso tra i personaggi principali, uccisi da tradimenti, strategie spietate o sacrifici estremi. È qui che emerge, nuovamente, la natura spesso crudele, del genere umano. Cosa saresti disposto a fare in situazioni al limite? 

Mentre alcuni dei giocatori provano insistentemente a uscire dal gioco o aiutare i compagni, la maggioranza insiste per continuare, ignorando la morte e i pericoli pur di cancellare i propri debiti e cambiare vita e sono disposti a tutto.

Anche (attenzione al prossimo spoiler) a sacrificare una neonata, figlia di Kim Jun-hee, per ottenere la sua quota del montepremi.

Dopo la morte della madre, la bambina viene infatti inserita nel gioco al suo posto, diventando la partecipante numero 222. Diventa subito il simbolo dell’innocenza, un agnello sacrificale segnato dalle colpe degli adulti. Ma questo non basta a escluderla: il gioco non risparmia nessuno. La maggior parte degli altri concorrenti — a eccezione di Seong Gi-hun, disposto a tutto pur di proteggerla — considera ingiusto che possa ricevere il premio finale e desidera eliminarla il prima possibile. Ancora una volta, l’umanità mostra il suo volto più crudele: non si guarda in faccia nemmeno un’innocente.

E anche se Seong Gi-hun cerca disperatamente di interrompere i giochi e salvare più vite possibile, questa volta i suoi tentativi sono spesso vani. Divorato dal senso di colpa per le conseguenze della ribellione che ha istigato nella seconda stagione, appare ormai sconfitto: disilluso verso se stesso e verso l’intera umanità, lasciando emergere un profondo senso di rassegnazione e sfiducia.

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La terza stagione avrebbe potuto fare di più?

Una provocazione, forse. Ma la nostra risposta è: sì.

Perché la terza stagione, nonostante non manchino spunti interessanti, arranca un po’. Come molte serie Netflix infatti, soprattutto quando si devono concludere, alcuni archi narrativi diventano frettolosi, restano in sospeso o vengono appena accennati.

È il caso del detective Hwang Jun-ho, che sembra girare a vuoto senza mai approdare a un vero sviluppo. Anche la caratterizzazione dei personaggi appare a tratti debole, come se si volesse chiudere tutto in fretta. Alcuni rapporti – così come alcune morti – hanno poco approfondimento e si risolvono troppo rapidamente, senza lasciare traccia né avere un impatto emotivamente forte sui sopravvissuti.

Tra i personaggi più riusciti, e che speriamo di rivedere in un prossimo spin-off (ma ne parliamo nel paragrafo seguente), c’è il Front-Man. Se da un lato si conferma calcolatore, spietato e glaciale, dall’altro lascia intravedere un briciolo di umanità, soprattutto nei confronti di Seong Gi-hun.

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Anche in questa terza stagione inoltre, rimane forte e chiara l’amara critica sociale, uno dei punti di forza della serie. Ancora una volta si evidenzia la distanza abissale tra i giocatori, persone disperate e sommerse dai debiti, e i Vip, personaggi famosi che indossano maschere di animali, spettatori esterni dei giochi che osservano e scommettono sulle vite altrui con spietata indifferenza. Questa dinamica potere/povertà continua quindi a essere uno dei pilastri della narrazione, mostrando in modo crudo le scelte dell’animo umano in situazioni estreme e, più in generale, sulle profonde disuguaglianze sociali.

Complessivamente Squid Game 3 riesce comunque a tenere viva la curiosità dello spettatore, anche se il rischio di monotonia si fa sempre più presente con il passare degli episodi. Il capitolo finale quindi si conclude mostrando una certa superficialità in alcuni snodi narrativi, ma riproducendo giochi visivamente riusciti e dinamiche di potere tanto inquietanti quanto, purtroppo, non così surreali.

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Ci sarà uno spin-off di Squid Game 3?

Secondo alcuni rumor insistenti, è in lavorazione uno spin-off di Squid Game americano diretto da David Fincher. Questo spiegherebbe una delle scene finali, che ha lasciato senza parole i fan della serie (anche qui, attenzione allo spoiler): il cameo di Cate Blanchett, avvisata dal Front-Man tra le strade americane mentre fa la reclutatrice, sfidando un passante al gioco del ddakji.

Secondo alcune fonti, anche se non c’è ancora nulla di ufficiale, il regista di Seven girerebbe Squid Game: America ​​a Los Angeles nel dicembre 2025. A noi non resta altro che aspettare la conferma di Netflix e capire se questo progetto vedrà mai la luce. A voi piacerebbe vedere questa versione americana?

Squid Game 3

Squid Game 3

Titolo originale: 오징어 게임 Ojing-eo geim
Paese: Corea del Sud
Anno: 2021-2025
Stagioni: 3
Episodi: 22
Durata: 32-76 min (episodio)
Ideatore, regista e sceneggiatore: Hwang Dong-hyuk
Interpreti e personaggi:
Lee Jung-jae: Seong Gi-hun
Wi Ha-joon: Hwang Jun-ho
Lee Byung-hun: Hwang In-ho / Front Man
vedi Personaggi e interpreti per l'elenco completo
Dove vederlo: Netflix
Voto:
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Mancina, testarda e fin troppo sognatrice. Mi tuffo in ogni storia che vedo come Alice nel Paese delle Meraviglie. Mi trovate seduta al Central Perk mentre bevo caffè e leggo Harry Potter.
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