The Fabelmans – L’arte ti strappa il cuore.

Abbiamo visto “The Fabelmans“, il film autobiografico di Steven Spielberg che è una lettera d’amore al cinema e all’arte in generale. Queste sono le nostre impressioni.

recensione fabelmans

A volte una serata al cinema con i propri genitori può cambiarti la vita.

È successo al piccolo Bruce Wayne che dopo aver visto “La maschera di Zorro” (film muto del 1920 diretto da Fred Niblo) assiste all’omicidio dei suoi genitori. La morte di Thomas e Martha Wayne spingono il piccolo Bruce a trarre forza dal trauma per portare avanti la propria missione di portare luce nel mondo.

È successo anche al piccolo Sammy Fabelman che assiste assieme ai propri genitori alla proiezione de “Lo spettacolo più grande del mondo” (film del 1952 diretto da Cecil B. DeMille e ambientato nel mondo del circo). Una scena in particolare sconvolse il piccolo Sammy tanto da segnargli in maniera indelebile il suo percorso di crescita: lo scontro tra una macchina guidata da due malviventi e il treno che trasporta i membri del circo protagonisti del film. Lo scontro inevitabile provoca un disastro di immani proporzioni perché il treno deraglia e finisce per impattare con un secondo convoglio che tiene a bordo gli animali del circo. Questa scena ha toccato le leve giuste nella testa e nel cuore del piccolo Sammy il quale manifesta da subito l’istinto primordiale di fissare il momento di quel disastro, seppur di finzione, come a voler prenderne il controllo.

Cosa hanno in comune Bruce Wayne e Sammy Fabelman? Entrambi, a seguito di una serata al cinema con i propri genitori, sono diventati due icone dell’intrattenimento. Il primo è un personaggio inventato (quantomeno non esiste nel nostro universo) dalla geniale creatività di Bill Finger e Bob Kane. Parliamo ovviamente di Batman il Cavaliere Oscuro, icona del fumetto supereroico.

Il secondo è la versione cinematografica di Steven Spielberg, il regista che forse più di ogni altro è stato capace di trasformare in fotogrammi tutti i nostri sogni. E quando parlo di sogni intendo il significato più letterale del termine: non potete immaginare quante volte, da bambino, ho sognato la sequenza finale di “Incontri ravvicinati del Terzo Tipo” (a mio modesto avviso, ad oggi, è il più bel film di fantascienza che abbia mai visto) dove avviene il contatto con gli alieni. Per chi vi scrive, Steven Spielberg è come Batman: un supereroe. Chi vi scrive è cresciuto con i film di Steven Spielberg. Dalla fase dell’infanzia all’adolescenza il cinema per me era solo Steven Spielberg. Grazie a lui ho sviluppato una grande passione per il cinema (quello da vedere in sala). Con l’età adulta ho chiaramente ampliato i miei gusti cinefili ma del poeta di Cincinnati ho sempre apprezzato la sua capacità di raccontare favole con qualsiasi tipo di genere con il quale si sia confrontato. Spielberg è un eclettico che ha saputo spaziare tra una pletora di generi popolari: dalla fantascienza (“Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo“, “Minority Report“) alla fiaba (“Hook“, “Tintin“) al dramma e la guerra (“Salvate il soldato Ryan“, “Schindler’s List“), a pellicole dal forte messaggio etico e sociale (“Il colore Viola“, “The Post“). Ne ho dimenticati tantissimi, per favore non cominciate ad insultarmi. Se li dovessi citare tutti non finirei mai e sopratutto non potrei parlarvi di “The Fabelmans“.

The Fabelmans” è sicuramente l’opera più intima e personale del grande regista statunitense. Tanto che, prima dell’inizio del film, è lo stesso Spielberg a comparire sul grande schermo per ringraziare il pubblico per essere presente in sala, introducendo il film come il più sentito omaggio alla sua famiglia e al cinema. Giunto all’età di 76 anni, Spielberg ha deciso di aprire l’album dei ricordi per raccontarci la sua complicata adolescenza e come abbia sviluppato la sua ossessione per la macchina da presa. “The Fabelmans” è principalmente la storia della famiglia Spielberg (nella finzione i Fabelman). Papà Burt Fabelman (interpretato da Paul Dano) è un Ingegnere con forti competenze in ambito informatico, un uomo integro, responsabile, dai sani principi ed estremamente colto ma che sa essere anche divertente. Un uomo per il quale il cinema è una sequenza di fotografie riprodotte in rapida successione, 24 fotogrammi al secondo. Mamma Mitzi Fabelman (interpretata da Michelle Williams) è un’artista, uno spirito libero il cui ruolo di madre di famiglia gli sta troppo stretto. E’ una donna che segue ciecamente le sue aspirazioni senza aver paura di essere giudicata. Per mamma Mitzi il cinema è semplicemente magia. Dall’unione di queste due personalità all’antitesi nasce la crasi perfetta: Sammy Fabelman unisce l’approccio metodologico trasmessogli dal padre con l’innata creatività, essenza della madre, per sviluppare il talento di vedere il mondo e rimodellarlo mediante l’ausilio di una macchina da presa.

“The Fabelmans” è una storia di formazione in cui vediamo un ragazzo abbandonare l’età dell’innocenza e, nel pieno della crisi coniugale che affligge la sua famiglia, impara a vedere i proprio genitori come esseri umani non privi di difetti e debolezze. Il vettore che accelera questo percorso di crescita è la macchina da presa. Il film è prevalentemente incentrato su questo tema e, come dichiara lo stesso Spielberg, è anche un omaggio alla magia di fare cinema. Quello che ho percepito sono dei concetti più universali perchè “The Fabelmans” spiega in maniera cristallina cosa significa fare arte.

Fare arte significa mettere ordine nel caos. John Lennon diceva che “la vita è tutto quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti“. La vita è per definizione caos. Mitzy Fabelman è una pianista di talento che cerca di fare ordine nell’ entropia della sua vita mettendo in sequenza delle note musicali per creare armonie. E’ lo stesso intento di Sammy Fabelman: dallo scontro dei treni in “Lo spettacolo più grande del mondo” capisce immediatamente che mettere in sequenza delle fotografie, 24 fotogrammi al secondo, gli avrebbe consentito fissare gli attimi, di mettere ordine nell’entropia e di vedere le cose per quello che in realtà sono (oppure per quello che vorremmo che fossero). A volte la verità è un boccone amaro da digerire e l’arte tutta, non solo il cinema, è in grado di strapparti il cuore.

“The Fabelmans” ha , dal mio punto di vista, la pecca di veicolare un messaggio così potente e universale in maniera troppo didascalica. Manca a mio avviso quel pizzico di magia che era lecito aspettarsi da un film di Spielberg così intimo.

Mi sono chiesto a lungo il motivo per il quale il cineasta americano abbia scelto di utilizzare dei nomi di fantasia per raccontare la storia della sua famiglia e il suo percorso di crescita, visto il taglio estremamente personale che ha l’intera pellicola. Ci ho riflettuto a lungo e sono giunto a conclusione che non si tratta di un tentativo da parte di Spielberg di arginare un eccesso di auto referenzialità. “The Fabelmans” racconta una storia che potrebbe essere la storia di ognuno di noi, in cui ogni famiglia può rispecchiarsi. E’ un film su dei genitori in crisi e su come questo si ripercuote sui figli. Su come è possibile sentirsi uniti anche quando questa unità viene effettivamente a mancare.

Il film è sorretto dalla prova attoriale di due attori fuori scala: Paul Dano e Michelle Williams. Pensate la pressione che hanno dovuto sentire sulle proprie spalle per rappresentare al meglio, senza alterazioni, spaccati di vita vissuta di un grande regista come Spielberg. Pensate il coinvolgimento emotivo degli attore e, principalmente, del regista nel rivivere momenti difficili e carichi di sofferenza che sono effettivamente accaduti nella famiglia Spielberg. In particolare ci preme evidenziare l’interpretazione che da Michelle Williams di Mizty Fabelman, la mamma del giovane Sammy. La Williams riesce a trasmettere un’esperienza umana profonda, l’arte e la depressione. Un personaggio complesso da interpretare che, prevediamo, possa valere una statuetta ai prossimi Academy Awards.

Infine non ci resta che menzionare il finale, che ovviamente non vi spoileriamo, in cui vedrete un cameo straordinario e imperdibile. Una scena in cui ci viene data una lezione di cinema e, forse, anche sul senso della vita.

In conclusione vi consiglio di andare al cinema per vedere “The Fabelmans” e, se possibile, di rivederlo più volte per carpirne tutte le sfumature. “The Fabelmans” è un bel film, molto più complesso e stratificato di quello che possa sembrare, al quale manca quel pizzico di magia che lo avrebbe elevato a capolavoro.

“The Fabelmans” è nelle sale cinematografiche a partire dal 22 dicembre.

The Fabelmans

The Fabelmans

Regia: Steven Spielberg
Anno: 2022
Durata: 151 minuti
Sceneggiatura: Steven Spielberg, Tony Kushner
Casa di produzione: Amblin Entertainment, Reliance Entertainment
Distributore italiano: 01 Distribution
Musiche: John Williams
Interpreti e personaggi:
Michelle Williams: Mitzi Fabelman
Seth Rogen: Bennie Loewy
Paul Dano: Burt Fabelman
Gabriel LaBelle: Sammy Fabelman
Julia Butters: Anne Fabelman
Oakes Fegley: Chad Thomas
Judd Hirsch: Boris Schildkraut
Cloe Est: Monica Sherwood
Isabelle Kusman: Claudia Denning
Jeannie Berlin: Haddash Fabelman
Robin Bartlett: Tina Schildkraut
Jonathan Hadary: Phil Newhart
Cooper Dodson: Turkey
Gustavo Escobar: Sal
Lane Factor: Bernie Fein
Sam Rechner: Logan Hall
Keeley Karsten: Natalie Fabelman
Sophia Kopera: Lisa Fabelman
Alina Brace: Renée
David Lynch: John Ford
Voto:

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Mr. Rabbit

Stanco dal 1973. Ma cos'è un Nerd se non un'infanzia perseverante? Amante dei supereroi sin dall'Editoriale Corno, accumula da anni comics in lingua originale e ne è lettore avido. Quando non gioca la Roma

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