Bussano alla porta – Non aprite agli sconosciuti

Abbiamo visto l’ultimo lungometraggio di M. Night Shyamalan. “Bussano alla porta” è un film che cita la Bibbia e che ci ricorda che non è mai opportuno aprire agli sconosciuti. Questa è la nostra impressione.

recensione bussano alla porta

 

Avete presente quei calciatori dal grande talento che in giovane età balzano alla ribalta della scena calcistica con un esordio in serie A folgorante ? Mi riferisco a quei “campioni” o presunti tali che per tutta una serie di motivi non sono riusciti a dare continuità alle loro performance sul campo. Lunghe sequenze di partite anonime o molto deludenti intervallate da sprazzi abbaglianti di talento cristallino. Agli appassionati di calcio potrebbero venire in mente decine di  esempi di calciatori che non hanno mantenuto la promesse di un futuro radioso.

Quello che vi abbiamo raccontato somiglia molto al percorso fin qui fatto da M. Night Shyalaman, regista, sceneggiatore e produttore indiano naturalizzato americano. Nel 1999 , a soli 29 anni di età, l’esordio da regista e sceneggiatore di Shyalaman è stato clamoroso: “Il Sesto Senso” è stato un capolavoro riconosciuto da pubblico e critica, un film che ha dato valore al concetto di plot twist, diventato successivamente il marchio di fabbrica del regista indiano: provate a chiedere in giro quale sia stato il film con il finale più sorprendente ed efficace della storia del cinema e vedrete che il podio se lo giocano la pellicola interpretata da Bruce Willis e “Seven” (1995) di David Fincher. Aggiungiamoci 6 candidature all’Oscar (tra cui quella per il miglior film e miglior regia), 2 ai Golden Globe, 4 ai premi BAFTA e oltre 600 milioni di dollari di incasso che ne hanno decretato uno dei film con il maggiore incasso della storia. Tanta roba per l’esordio alla regia e alla sceneggiatura di un ragazzo di 29 anni proveniente da una regione dell’India di trentasei mila abitanti.

Mentre Hollywood entrò in subbuglio domandandosi se fossimo davanti al nuovo Re del thriller fantastico, Shyalaman non si è scomposto al richiamo della statuetta ed ha continuato ad andare dritto seguendo la sua vocazione artistica. Ha continuato a proporre pellicole di “genere” ridefinendo i canoni del cinema horror senza tradire la sua cifra stilistica e la sua estetica: le sue sono tutte storie originali con atmosfere suggestive ed inquietanti, sempre al limite tra realtà e fantastico. Una capacità innata di costruire ad arte la tensione per poi ribaltare il punto di vista sul finale con uno dei suoi proverbiali “twist ending“. Lo ammettiamo, chi vi scrive subisce una certa fascinazione per M. Night Shyalaman e per la sua capacità di osare, di proporre contenuti originali anche quando questi riescono decisamente male. Quindi, ogni volta che arriva in sala un suo film, chi vi parla lo vive come un evento. E’ come quegli innamorati che sono stati traditi dal loro primo amore ma che vivono ancora nella speranza di provare il sapore di quel meraviglioso primo bacio del 1999.

Forse la parola “tradimento” è un pelino forte ma la realtà dei fatti dice che da quel 1999 il regista indiano ha sfornato tredici film, nessuno ai livelli de “Il Sesto Senso”, alcune buone pellicole e, purtroppo, molte (troppe) cadute rovinose tanto da far dubitate più di qualcuno sul suo talento. Molti hanno cominciato ad etichettare Shyalaman come uno dei registi più sopravvalutati della storia di Hoolywood.

bussano alla porta

Oggi arriva nelle sale italiane “Bussano alla Porta” (“Knock at the cabin“), un film che riprende alcune tematiche care al regista indiano come la fine del mondo e la coscienza umana e collettiva che si sviluppa in un contesto simile. Se vogliamo, possiamo accumularlo ad un altro lungometraggio di Shyalaman che gli somiglia moltissimo. Ci riferiamo a “E venne il giorno“, film del 2008 in cui i protagonisti devono, anche loro, fronteggiare l’apocalisse. Se volessimo trovare elementi di continuity tra le due pellicole (lo sappiamo, siamo inguaribili nerd..) potremmo dire che in “Bussano alla Porta” viene raccontato cosa accade durante la fine del mondo nello chalet di una famiglia in vacanza, mentre in “E venne il giorno” viene raccontato tutto quello che accade fuori nel resto del mondo.

Non vogliamo insistere però nel cercare fili invisibili che non esistono perché le due pellicole presentano elementi sostanzialmente differenti. In primo luogo, in “E venne il giorno” l’umanità è inerme ed è praticamente spacciata mentre in “Bussano alla Porta” il destino del genere umano è nelle mani di Eric e Andrew, i due protagonisti del film. Cosa più importante, mettere a fattore comune i due film non rende un buon servizio a “Bussano alla Porta” perché “E venne il giorno” rientra nella categoria delle “cadute rovinose” di Shyalaman: un film veramente ai limiti dell’inguardabile, un b-movie la cui visione giustifica tutto l’alone di perplessità che si porta dietro il regista indiano. Vogliamo quindi tranquillizzarvi dicendovi che in “Bussano alla Porta” non troverete nubi di tossine letali che inseguono uomini in pianure estese, oppure persone che cercano compromessi con piante di plastica. Tutta la narrazione si svolge all’interno di un unico ambiente, uno chalet immerso nella natura rigogliosa. Per numero limitato di personaggi che si muovono in un ambiente chiuso e il ritmo imposto dalla cifra stilistica di Shyalaman (anche qui riconoscibilissima),  sembra di assistere ad una piece teatrale.

Dobbiamo sottolineare che, come avvenuto per “Old” (film del 2021, adattamento di una graphic novel di Pierre Oscar Lévy e Frederik Peeters, pellicola terribile a nostro avviso) la storia di “Bussano alla Porta” non è originale, Shyalaman contravviene alla tradizione di voler proporre storie partorite dalla propria mente e adatta per il grande schermo un libro del 2018 di Paul G. Tremblay dal titolo “La casa alla fine del mondo“. La storia racconta di una famiglia composta da una coppia omosessuale e della loro figlia adottiva di 8 anni che si trovano in uno chalet di montagna per godere di alcuni giorni di vacanza in totale tranquillità. L’isolamento dura poco perchè i tre vengono raggiunti da quattro loschi figuri che chiedono con forza di entrare in casa per discutere dell’imminente fine del mondo. Potrebbe sembrare la storia di quattro testimoni di Geova qualunque se non fosse per il fatto che  i quattro portano con se un bagaglio di armi e una soluzione per impedire che il mondo finisca: il sacrificio volontario di uno dei membri della famiglia.

Non ci viene rivelato per quale motivo la fine del mondo arriva a bussare alla porta di Eric (Interpretato da Eric Stoltz), Andrew (Ben Aldridge) e la piccola Wen (Kristen Cui). Nessuna spiegazione scientifica ci viene fornita sulla natura dell’apocalisse (cosa che avveniva in maniera goffa in “E venne il giorno”) e non è nemmeno questo lo scopo ultimo del film. Come anticipato dallo stesso Shyalaman nell’introduzione che ha aperto la proiezione, l’invito verso il pubblico è di riflettere su come si sarebbero comportati se si fossero trovati nella stessa situazione dei protagonisti: proteggere la propria famiglia oppure l’intera umanità ?

bussano alla porta film

Se volessimo dirla proprio tutta il quesito è anche posto male. Se facessimo un ragionamento matematico, il proprio nucleo familiare rappresenta un piccolo sottoinsieme dell’umanità quindi se salvaguardare la propria famiglia significa condannare l’umanità allora , per la proprietà transitiva, significa anche condannare la famiglia (si lo sappiamo, siamo veramente nerd…). Scherzi a parte, noi non lasciamo nulla al caso e prima di entrare in sala abbiamo recuperato e letto il libro di Tremblay. Vi diciamo subito che, nostra personalissima opinione, ci siamo trovati di fronte a un libro veramente sconclusionato, con una trama insulsa e un finale totalmente fuori fuoco. Shyalaman non ha fatto altro che adattare per il grande schermo una storia che definire “debole” è un eufemismo, cercando di salvare il salvabile: toglie un grosso colpo di scena che accade nell’opera di Tremblay ma che rende insensato il finale e restituisce un finale maggiormente a fuoco. L’effetto ottenuto è però un film che non è un disastro annunciato ma risulta una pellicola monotona, senza picchi narrativi tipici della produzione di Shyalaman e un finale piuttosto prevedibile. Siamo di fronte, pertanto, ad uno di quei rarissimi casi in cui il film è migliore del libro ma, comunque, rimane un lungometraggio mediocre.

Shyalaman ci mette del suo nel confezionare un prodotto di qualità. Lo stile delle riprese, il ritmo e la costruzione della tensione sono tipiche del suo stile. In “Bussano alla Porta” il regista indiano gioca tantissimo con i primi piani sui volti dei protagonisti come a voler enfatizzare la crisi esistenziale che stanno vivendo. E’ qualcosa di molto simile a quanto visto nel bellissimo “Split” (2016), anche se nel caso del film interpretato magistralmente da James McAvoy l’espediente dei primi piani sui volti era funzionale alla storia. La prova attoriale di Dave Bautista, colui che guida i quattro dispensatori di ferali notizie (metafora dei quattro cavalieri dell’Apocalisse), va decisamente oltre le aspettative. Il gigante di Washington, giunto all’età di 54 anni e con un passato da wrestler, prova a scrollarsi di dosso definitivamente l’etichetta di supereroe di cinecomics regalandoci un’interpretazione di Leonard toccante e convincente in quella che rappresenta il primo ruolo drammatico che gli viene assegnato e che tanto ha desiderato.

In conclusione, “Bussano alla Porta” è una pellicola che non eccelle nonostante l’impegno di Shyalaman di dare spessore con la sua solida regia ad una storia che, per quanto shyalamaniana possa essere, nasce molto debole alla fonte.  I fasti de “Il Sesto Senso” sono, purtroppo, ancora molto lontani.

Bussano alla Porta

Bussano alla Porta

Titolo originale: Knock at the Cabin
Regia: M. Night Shyamalan
Anno: 2023
Paese: Stati Uniti d'America, Cina
Durata: 100 minuti
Sceneggiatura: M. Night Shyamalan, Steve Desmond, Michael Sherman
Casa di produzione: Blinding Edge Pictures, Wishbone Entertainment Inc.
Interpreti e personaggi:
Dave Bautista: Leonard
Jonathan Groff: Eric
Ben Aldridge: Andrew
Nikki Amuka-Bird: Sabrina
Kristen Cui: Wen
Abby Quinn: Adriane
Rupert Grint: Redmond
Voto:

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Mr. Rabbit

Stanco dal 1973. Ma cos'è un Nerd se non un'infanzia perseverante? Amante dei supereroi sin dall'Editoriale Corno, accumula da anni comics in lingua originale e ne è lettore avido. Quando non gioca la Roma

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