Pedro e la magia del wrestling: una vacanza da sogno a SummerSlam

Episodio davvero speciale per la nostra rubrica Wrestling Vintage: oggi ripercorreremo le emozioni di SummerSlam 1992 attraverso gli occhi di un bambino portoghese, Pedro.

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Se sei un bambino siciliano e ti piace il wrestling, è probabile che il sogno di vedere dal vivo uno spettacolo dei giganti americani rimanga tale almeno fino a quando non avrai l’età per poter prendere da solo un treno o un aereo per recarti al Nord (per noi isolani, superato lo stretto, è tutto indistintamente “Nord” ovviamente). Di fatto, la WWE ha sempre preferito le arene delle città dell’Italia centro-settentrionale per le tappe dei suoi tour europei nel nostro Paese. In alternativa, se sei proprio fissato come il sottoscritto, raggiunta l’età da matrimonio, puoi decidere di allungare il viaggio per andare direttamente a casa loro, negli USA, e acquistare un biglietto per uno dei grandi show che vengono trasmessi in tutto il mondo. Certo, indipendentemente dal posto, per un fan gli spettacoli dal vivo del wrestling americano sono sempre qualcosa di esaltante. Ma essere fra il pubblico di Wrestlemania o di qualunque altro grande pay-per-view è l’esperienza definitiva: il sogno da bambino che si avvera.

Suppongo che le stesse difficoltà logistiche le abbiano sempre avute anche i pari età degli altri Paesi. Che so, un giovane appassionato spagnolo o portoghese o francese che vive lontano dalle località dove la WWE ha sempre fatto tappa avrà le stesse scarse probabilità di vedere i suoi beniamini dal vivo che ha un bambino siciliano o sardo, per esempio.

A meno che non ti ci portino i tuoi genitori. E questo può succedere solo per due motivi. O perché anche a loro piace questo sport-spettacolo. O perché, invece di fare una vacanza “normale”, decidono di “sacrificarsi” e di esaudire il tuo desiderio. Alzi la mano il quarantenne che non avrebbe voluto dei genitori così “pazzi” negli anni Ottanta e Novanta, quando le vacanze all’estero erano molto meno frequenti di oggi. Eppure qualche fortunato pargolo c’era anche allora.

Per esempio Pedro, un ragazzino di Lisbona nei primi anni Novanta. E oggi vi raccontiamo proprio di quella volta che i suoi lo portarono a Londra per assistere a Summerslam nel mitico stadio di Wembley.

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Noi quarantenni oggi guardiamo al periodo a cavallo fra gli Ottanta e i Novanta con la tipica nostalgia di chi ricorda la propria infanzia. Ma siamo genuinamente convinti – e, d’altro canto, chi non lo sarebbe ricordando di quando era bambino? – che “ai nostri tempi” era tutto più bello e più facile. Il tempo trascorreva diversamente, c’era meno frenesia e sembrava ci fosse spazio per tutto: facevamo i compiti ma passavamo anche interi pomeriggi coi nostri amici, giocavamo per strada ma anche in casa con i videogiochi. Non c’era Internet, né la globalizzazione sfrenata del nostro presente. E quindi le novità, soprattutto quelle provenienti da oltreoceano, ci mettevano un po’ ad attecchire anche da noi ma, quando lo facevano, catturavano la nostra attenzione e ci appassionavano.

Per esempio, ad un certo punto, la televisione portoghese cominciò a trasmettere l’NBA al venerdì sera e per Pedro, suo fratello e suo padre guardare quelle partite così spettacolari in tivù divenne una sorta di rito di famiglia. A scuola, poi, non si parlava d’altro: «hai visto cosa fanno quei funamboli americani? Pazzesco! Ma come ci riescono?».

Poi c’erano i giochi per computer (le consolle sarebbero arrivate qualche anno dopo) che, oltre al divertimento, rappresentavano una piccola finestra su una parte di mondo che non conoscevamo ancora. Uno di questi videogame si chiamava WWF Super Wrestlemania e sulla copertina c’era un tizio muscoloso con la bandana rossa e lo sguardo spiritato.

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Fu così che Pedro conobbe il wrestling.

Chi erano quei giganti, alcuni alla moda, altri decisamente no, che nel gioco se le davano di santa ragione sul ring? Più o meno contemporaneamente, quegli stessi colossi fecero capolino anche sui teleschermi portoghesi. Come in Italia, la trasmissione andava in onda nel weekend. Da noi il commento venne affidato al mitico Dan Peterson, l’americano ex allenatore di basket che si era trasferito nel nostro Paese e che, proprio per i suoi natali, di questo variopinto sport-spettacolo ne doveva sapere molto di più di qualunque giornalista nostrano. In Portogallo, invece, la voce che ogni settimana raccontava a Pedro e ai suoi connazionali le gesta dei gladiatori del ring era quella di un certo Tarzan Taborda (e già il nome è tutto un programma…), un ex lottatore locale che non perdeva occasione per millantare la sua superiorità rispetto ai wrestler americani protagonisti delle trasmissioni che commentava.

Uno per uno, anche i bambini portoghesi conobbero i vari Hulk Hogan, The Ultimate Warrior, The Undertaker (il preferito di Pedro), The British Bulldog, “Macho Man” Randy Savage (Pedro adorava quel suo iconico ohhh yeahhhh). E poi i tag team come i Natural Disasters o i Legion of Doom. Questa nuova cosa chiamata “wrestling” era un film infinito: c’erano amori, odi, buoni, cattivi, legami, tradimenti. Era magico. E come tutti i suoi coetanei di qualunque Paese, anche Pedro non metteva minimamente in dubbio l’autenticità delle storie e dei risultati dei match: per lui e i suoi amici erano personaggi di un racconto da seguire in tivù o da leggere sulle riviste specializzate che anche lì cominciavano ad essere pubblicate.

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E fu proprio nell’euforia generale che il wrestling aveva provocato fra i giovani del Paese che nel 1992 a Pedro, suo fratello e alcuni cuginetti venne comunicata una sorpresa da genitori e zii: quell’estate avrebbero fatto tutti insieme un viaggio a Londra. Wow! Fino a quel momento, il viaggio più lungo che quei bambini avevano fatto era stato una gita a Ceuta, la città spagnola situata nel Nordafrica, sul mar Mediterraneo. Ma Londra era un’altra cosa: ci si andava in aereo e si potevano vedere e comprare cose che non esistevano in Portogallo. Una notizia meravigliosa che li aveva resi molto felici. Ma c’era un altro “dettaglio”: insieme al volo e al soggiorno, gli adulti avevano pensato bene di prenotare anche dei biglietti per Summerslam 1992, l’unico grande pay-per-view fra gli storici big four che la WWE abbia mai disputato in Europa! Non era uno scherzo e Pedro non stava sognando: avrebbe davvero visto i suoi eroi dal vivo. Santi genitori!

I piccoli non stavano nella pelle e contavano i giorni prima della partenza. Poi finalmente arrivò il mese di agosto.

Londra era meravigliosa. La famiglia alloggiava nel quartiere di Chelsea. Tutto era diverso rispetto al Portogallo, a partire dalle case. Poi c’erano i monumenti e le attrazioni: la Tower of London, il Big Ben, il museo delle cere di Madame Tussauds. La metropolitana aveva vari piani ed era enorme rispetto a quella di Lisbona. Gli agenti di polizia nella loro tradizionale uniforme raccomandavano alle persone di non lasciare i propri bagagli incustoditi: l’IRA era ancora attiva e c’era il rischio di procurare allarmi ingiustificati. Pedro si ricorda di aver camminato su Oxford Street e di aver pensato di non aver mai visto niente del genere: così tanti negozi luccicanti come il Virgin Megastore dove lui e i familiari acquistarono musica e giochi. Al Tower Records di Piccadilly Circus (ormai chiuso da quasi un ventennio), invece, vide persino una mostra sul film Alien 2.

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Ma il suo pensiero tornava sempre a Summerslam: fra qualche giorno avrebbe visto Undertaker uscire dalla bara e i Legion of Doom con le loro moto. O, in altre parole, avrebbe visto materializzarsi davanti a lui ciò che fino a quel momento aveva potuto ammirare, come noi altri comuni mortali, solo in televisione.

Questo è il racconto che lui stesso fa di quel giorno:

Ricordo che eravamo tutti molto eccitati. Abbiamo preso la metropolitana, sembrava che non saremmo mai arrivati. Durante il viaggio entrarono persone col volto dipinto e le maschere. Alcuni erano travestiti da wrestler. C’era più confusione di quando andavo a vedere il Benfica all’Estádio da Luz. Arrivati a Wembley, iniziavamo a sentire l’emozione che ci dava l’ambiente circostante. Era strapieno. Ma non era come una partita di calcio, era diverso. Quelle persone non tifavano squadre opposte, eravamo tutti dalla stessa parte. Ricordo che c’erano molte famiglie, molti bambini. Entrando abbiamo scoperto che i nostri posti non erano vicini al ring ma c’erano comunque dei megaschermi che ti aiutavano a seguire meglio l’azione. Quando è iniziato era già sera ed è stata un’apoteosi di migliaia di persone all’unisono. Era esattamente quello che vedevamo in tivù: la gente con i cartelloni che sosteneva il “buono” e fischiava quando entrava il “cattivo”.

Gli incontri che ricordo di più sono Legion of Doom contro Money Inc., The Undertaker contro Kamala e Macho Man contro il campione del mondo The Ultimate Warrior. Mancava il lottatore più importante, Hulk Hogan, è vero, ma il ricordo dell’incontro finale per il titolo Intercontinentale fra il detentore Bret “The Hitman” Hart e l’eroe locale, The British Bulldog, mi provoca ancora oggi la pelle d’oca.

Conservo ancora i biglietti dell’evento ma purtroppo non ho foto scattate lì perché quell’anno mio padre aveva acquistato una telecamera ma aveva deciso di non portarla a Wembley per paura che qualcuno gliela rubasse. Però posso assicurarvi che è stato uno dei più grandi spettacoli che abbia mai visto e una delle migliori vacanze estive che abbia mai trascorso. Indimenticabile.

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Te l’assicuro: noi che amiamo la magia del wrestling non facciamo alcuna fatica a crederti, Pedro.


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