Marble Madness – Quando per giocare dovevi far girare le palle | Passione Arcade

Siamo nel 1984 e un ragazzo con la passione del fantasy e dei videogame, crea un gioco impensabile per l’epoca: Marble Madness. Una gara di biglie che attinge a piene mani dalle corse d’auto, Escher e il Mini Golf. Non ci credete? Inster Coin e partiamo, questo è un nuovo episodio di Passione Arcade

copertina passione arcade Marble Madness

Ho da farvi una domanda, cosa facevate all’età di 16-17 anni?
Non so voi, ma io giocavo con titoli come Tekken 2 o Tomb Rider (il che dovrebbe farvi capire di che anno stiamo parlando) oppure mi rintanavo in camera mia a leggere Dragon Ball oppure Superman.
Invece in California, a metà degli anni 70 un adolescente di San Francisco protagonista della storia di oggi, passava il tempo leggendo libri fantasy, giocando a Dungeons & Dragons, inserendo monetine in videogiochi arcade come Asteroids o Space Invaders e sopratutto creandone di suoi.

Pensate che proprio assieme al fratello provò addirittura a creare un videogioco RPG in ambiente 3D (una sorta di Final Fantasy VII ante-litteram).
Capito? io giocavo con i mattoncini e lui pensava ad un gioco che sarebbe uscito vent’anni dopo.
Ovviamente non riuscirono mai a realizzare quel videogioco, soprattutto per i limiti tecnici dell’epoca, ma tutto quel lavoro su quel progetto gli tornò utile quando fece il colloquio che influenzò l’intero corso della sua vita.

Marble Madness

Marble Madness – Tra corse d’auto, Escher e partite a Mini-Golf

Il ragazzo di cui vi sto parlando si chiama Mark Cerny (fidatevi, anche se il nome non vi dice niente scoprirete di conoscerlo in qualche modo) ed è l’autore del videogioco di cui vi parlerò oggi, ovvero Marble Madness, titolo Atari del 1984.
Per quanto sia incredibile questo titolo, vale la pena spendere qualche parola sul suo creatore, anche perché Mark come altri game designer del passato ha dato un importantissimo contributo al mondo del gaming ed avendo iniziato molto giovane, il suo genio è dannatamente attuale.

Entrato in Atari all’età di 18 anni ha subito mostrato di essere un ragazzo dotato di grande talento, tanto da affiancare Ed Logg, papà di Asteroids, Centipede, Gauntlet, che durante una nostra chiacchierata l’ha definito “geniale”, insomma un vero enfant prodige.

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Il cabinato di Asteroids

Dopo aver macinato chilometri nei corridoi della Atari giunge il suo momento, gli viene affidato un progetto su cui lavorare.
Nasce così QWAK, gioco puzzle game in cui il giocatore, tramite lo spostamento di alcuni blocchi , deve completare il corso d’acqua su cui nuotano mamma papera e le sue paperelle fino a fargli raggiungere la fine del fiume (tipo il gioco del 15, quello delle caselle con i numeri da mettere in ordine).

Lo spostamento dei blocchi sarebbe dovuto avvenire tramite il tocco dello schermo touch screen. Ovviamente all’epoca il touch screen era ancora una tecnologia non alla portata di tutti e comunque non da usare su macchine da gioco (in quegli anni lo usavano al CERN di Ginevra, per capirci) quindi l’idea di Mark non andò oltre la fase prototipale.
Nonostante l’occasione mancata, in Atari riconobbero lo spirito visionario di questo ragazzo e nel 1984 gli diedero un’altra possibilità.

Marble Madness

Nasce così un gioco che trae ispirazione dalle corse con le auto, dalle partite a mini golf e dell’artista Escher, noto per aver realizzato opere manipolando le geometrie a visuale isometrica.
Sin dal principio Mark voleva creare qualcosa di diverso dal solito, un gioco che avesse come caratteristica principale la capacità di far sentire il giocatore parte integrante dell’esperienza.
È per questo che tutto il sistema di gioco si basa  esclusivamente sull’utilizzo delle trackball.

Infatti in Marble Madness dovrete “guidare” la vostra biglia attraverso un percorso isometrico e tridimensionale. Più farete girare la sfera, più questa andrà veloce nel gioco, con conseguente inerzia che renderà più difficile mantenere il controllo.

Mark però voleva di più, voleva che l’inerzia della biglia fosse avvertibile dal giocatore tramite dei servomotori posti sotto le trackball.
Immaginate che figata, ad ogni salita o discesa in game della biglia, la trackball avrebbe rotolato opponendo resistenza al giocatore oppure avrebbe iniziato quasi a rotolare da sola. Un’idea del genere sarebbe stata rivoluzionaria e totalmente spiazzante per qualsiasi frequentatore delle sale giochi, dopo tutto in sala i giochi arcade ad usare la trackball erano principalmente degli sparatutto (vedi Centipede, Missile Command…).

arcade cab marble addnes

Ahimè anche in questo caso le idee di Mark erano troppo avanti per i tempi o per meglio dire, in questo caso troppo costose per poter essere applicate da una Atari non proprio in ottime condizioni finanziarie.
In ogni caso la progettazione del gioco prosegue, come anche il design dei livelli e la composizione delle musiche. Pensate che Marble Madness fu il primo gioco ad utilizzare l’Atari System 1, un nuovo modello di hardware che permetteva una maggiore flessibilità in termini di personalizzazione implementando anche il comparto sonoro usando un vero e proprio audio stereo.

Una volta ultimato il gioco viene immesso sul mercato ottenendo un discreto successo. Ne furono vendute 4000 unità che non erano certo poche ma era comunque un numero inferiore alle vendite degli anni che precedettero la crisi del mercato (il crack dei videogames del 1983).

L’accoglienza del pubblico fu buona ma purtroppo l’entusiasmo non durò a lungo perché Marble Madness per quanto incredibile ed innovativo peccava di una bassa longevità. Pensate che per un giocatore esperto era possibile finire il gioco in poco più due minuti e mezzo e una volta superati i 6 livelli il gioco finiva.

Questo è uno dei principali motivi per cui cadde presto nel dimenticatoio, ma solo in sala giochi, perché vennero realizzate diverse conversioni ad uso domestico, tra cui quella per Amiga o per Nes.
Poco dopo l’uscita del gioco Mark lasciò la Atari per diversità di vedute e iniziò quello che sarebbe stato un percorso professionale ricco di opportunità e successi.

cerny sega

Quasi subito dopo aver lasciato la società californiana si trasferisce in Giappone per lavorare in Sega dove collaborerà anche con Yu Suzuki e contribuirà alla nascita del sistema Master System e del Genesis (qui da noi Mega Drive),  potrà dar sfogo alla sua creatività realizzando gli occhiali 3D per il Master System (forse troppo avanti per l’epoca), lavorando anche sul progetto di Sonic 2.

Il suo percorso non si fermò lì, successivamente continuò, sviluppando giochi per 3DO per conto della Crystal Dynamics e nel 1996 inizia l’avventura in Sony che lo vedrà coinvolto in diversi progetti non solo videoludici.

Infatti Mark lavorerà alla nascita di PS2, PS3 e successivamente sarà protagonista sui progetti PS4 e PS5.
Insomma un percorso incredibile per una persona incredibile, un ragazzo in grado di essere sempre avanti rispetto ai tempi che stava vivendo e con una mente che gli ha permesso di potersi distinguere lasciando un segno indelebile nella storia dei videogiochi, sia del passato che del presente.

io, sono Mike! e come sempre vi ringrazio per essere giunti anche oggi alla fine del nostro viaggio e vi do appuntamento al prossimo articolo di Passione Arcade. 


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Arcade Mike

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Io? sono Mike! cresciuto a pane e videogiochi non perdo occasione per infilare qualche monetina in un vecchio cabinato arcade facendomi rapire dalla storia che queste macchine sono ancora in grado di raccontare.

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