X-Factor – Una cronologia critica

Prima ancora di Morgan, Manuel Agnelli e Mara Maionchi, X-Factor non era riferito tanto al mondo dei talent musicale, ma stava ad indicare l’ennesima, bella serie mutante edita dalla Marvel Comics, quelle a cui una bella X nel titolo portava fortuna e successo di critica e pubblico

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Nel 1986, il mondo mutante era in pieno fermento. Grazie al successo strepitoso e inaspettato che Chris Claremont aveva dato ad Uncanny X-Men, la Marvel aveva deciso di inseguire le vendite: all’inizio (1982, con la prima miniserie disegnata da Frank Miller) fu solo Wolverine, ma ben presto nelle edicole il marchio X era su Uncanny, Excalibur, Wolverine e New Mutants, a cui nel febbraio si aggiunse X-Factor.

UN’ALTRA GENESI
(X-Factor #1/64)

Dal punto di vista narrativo eravamo nel pieno degli sviluppi delle trame claremontiane, e nella famiglia Summers c’era un po’ di maretta. Jean Grey, grande amore di Scott, era prima morta e adesso risorgeva (in Fantastic Four #286, in Italia ripubblicato più recentemente su La Saga Di Fenice Nera – Edizione Definitiva, ed. Panini Comics), mentre il povero Ciclope dopo un periodo di depressione aveva trovato conforto nelle braccia di Madeline Pryor, incredibilmente simile nelle fattezze alla – presunta – defunta Jean. Questo senza contare che in un commissariato di polizia (scena vista su Avengers Annual #10, 1981, ristampato su Marvel Omnibus Avengers: Il Destino di Miss Marvel, ed. Panini Comics) una piccola bimba dai capelli rossi diceva di chiamarsi Maddie Pryor, che era stata male ma adesso era guarita… La notizia della resurrezione spariglia quindi le carte, e Scott si ritrova a dover scegliere tra sua moglie, che oltretutto ha appena partorito il loro primogenito, Nathan Cristopher Summers, e il suo grande amore.

X-Factor viene quindi affidata all’estro di Bob Layton, noto per aver lavorato su Iron Man, mentre i disegni sono del sinuoso e talentuoso Jackson Butch. Saranno i due artisti a mostrare la nascita di un gruppo parallelo, in pratica i cinque X-Men originali, ovvero Ciclope, Angelo, Bestia e Uomo Ghiaccio, intorno alla ritrovata Marvel Girl.

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Inizialmente le trame ruotano ovviamente intorno a lei e alle difficoltà dei vari personaggi a fare i conti con il passato e il presente, ma subito Layton viene trovato poco adatto e dal #5 arriva in pianta stabile Louise Simonson. Louise (futura moglie di Walt Simonson, che prese le redini artistiche della serie contribuendo non poco al suo successo) all’epoca era editor delle testate mutanti, e si trovava perfettamente in armonia creativa con X-Chris: questo permetteva a Claremont di lavorare con estrema facilità alle sue creature, e a lei di assecondarne le trame imbastendo le linee parallele della sua serie.

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In questo modo, pur non brillando per particolari picchi se non per i muscolari disegni di Simonson marito, il nuovo serial si allinea perfettamente alle altre testate e anzi diventa fondamentale per lo sviluppo della saga mutante, creando alcuni topoi narrativi centrali per i decenni a seguire, da Apocalisse al “nuovo” Arcangelo, dalla Caduta Mutante ad Inferno.

La Simonson resterà sulla testata per quasi sei anni, fino a che il crossover Endgame, che si sviluppa tra Uncanny X-Men e X-Factor (Marvel Omnibus X-Men di Chris Claremont vol. 2, ed. Panini Comics) non stravolge gli assetti dei due gruppi: i cinque X-Men originali tornano quindi nel team base, mentre nella squadra di X-Factor arrivano personaggi di secondo piano del sottobosco mutante: Guido Carosella (Forzuto), Jamie Madrox (Uomo Multiplo), Lorna Dane (Polaris), Alex Summers (Havok), Pietro Maximoff (Quicksilver) supervisionati dall’agente governativo Valerie Cooper, Endgame non è cruciale solo per questo, ma anche perché presenta un avvenimento che diventerà fondamentale per gli sviluppi futuri: il piccolo Nathan difatti viene infettato dal nefasto virus tecno-organico, e per salvarlo il papà Scott dovrà affidarlo alle cure della misteriosa Madre Askani proveniente dal futuro.

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Quello che accadrà al piccolo sarebbe stato un mistero per un bel po’, enigma che avrebbe tenuto banco finché con la saga Execuzione (Marvel Omnibus X-Men: Execuzione, ed. Panini Comics) sarebbe stato rivelato che in quel futuro il bimbo era diventato il guerriero noto come Cable.

UN BARATTOLO DI MOSTARDA
(X-Factor Prima serie #70/149; Mutant X #1/32)

Il primo a prendere in eredità la testata fu tale Peter David: il bravissimo autore che aveva rivitalizzato Hulk si trovò talmente a suo agio con le dinamiche del gruppo, facendo suoi i personaggi, tanto da scriverli per 11 anni complessivi lungo 132 episodi. David è notoriamente apprezzato per la sua estrema versatilità: ha una sensibilità macabra e cupa, eppure è dotato di un incredibile senso dell’umorismo che affiora prepotente nei dialoghi taglienti e irresistibili. La sua run su X-Factor è più figlia del suo umorismo corrivo, pur non mancando di tragedie: eppure, in questa sua prima fase (#70/89, su Marvel Gold: X-Factor #33-40-42, ed. Panini Comics) David scrive una delle saghe più celebrate e note dell’intera produzione Marvel, un vero e proprio gioiello che fece scuola negli anni ’90, un esempio da seguire per quanto riguarda capacità di approfondimento dei personaggi.

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Prendere caratteri poco conosciuti e di seconda fila rese relativamente più semplice il compito dello scrittore: uno dei culmini è sicuramente rappresentato dal #87, X-Aminations, considerato all’unanimità critica uno dei gioielli dell’intera storia editoriale della casa editrice e statunitense, con il quale David compie un’impietosa, beffarda, crudele quanto drammaticamente reale disamina della psiche di ogni personaggio, mettendo il lettore alle prese con le idiosincrasie, i traumi, le incertezze emotive di personaggi che all’improvviso balzano fuori dalla pagina e diventano reali. Rimane nella storia l’incipit della sua gestione, con tutta la quotidianità dei supereroi in un barattolo di mostarda che non si apre.

Dopo quasi due anni, David viene sostituito per soli tre mesi da Scott Lobdell, futuro deus ex-machina dell’ammiraglia mutante Uncanny X-Men; mentre arriva poi in pianta (quasi) stabile John Marc De Matteis (Marvel Miniserie #22-23, ed. Marvel Italia). Entrambi gli autori – specie De Matteis -, consapevoli di non potere e non dovere copiare pedissequamente David, tentano di unire l’aspetto superomistico con quello più intimistico: l’autore di Last Kraven Hunt prova a recuperare un lirismo che però sulle sue pagine mutanti non è mai a fuoco. A seguire, nel 1994 arriva John Francis Moore che si trasferisce su binari più mainstream, cosa che però riesce meglio al suo successore, Howard Mackie (X-Men Deluxe #22/44, Marvel Mix # 25, ed. Marvel Italia), che prende la testata nel 1995 con il # 115.

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Mackie, apprezzato scrittore del nuovo Ghost Rider – in una bellissima run insieme a Marc Texeira (All American Comics #14/41, ed. Comic Art) – e della celebre Saga Del Clone (La Saga Del Clone #1/12, ed. Panini Comics) di Spider-Man insieme allo stesso DeMatteis, ha i mutanti nelle sue corde, intesse diverse trame cambiando i membri del team e inserendo nuovi personaggi con conseguenti nuove interessanti interrelazioni, ma soprattutto ha un’idea vincente: nel 1998, con il # 149, chiude la serie per riaprirla il mese successivo con il nome Mutant X. (X-Men Deluxe #51/64, ed. Marvel Italia: dal #13 al #32 la serie è inedita in Italia).

Nell’ultimo numero di X-Factor Alex Summers meglio conosciuto come Havok, fratello del più noto Ciclope, muore annientato sotto i colpi del nemico.

Ma nel #1 di Mutant X scopriamo che in realtà la sua coscienza si è trasferita nel corpo di un Havok di un’altra dimensione, dove la realtà è diversa: non siamo più sulla (nostra) Terra 616, bensì su Terra 1298 – dicembre 1998…, denominata Mutant X Universe), dove Scott Summers è stato catturato insieme ai suoi genitori dagli Shi’Ar e solo il fratello Havok riesce a scappare diventando lui un supereroe.

In questo universo, i mutanti sono stati accettati dall’umanità e proprio Alex è leader del team dei Six, composto da versioni distorte degli amati mutanti che conosciamo tutti: Madelyne Pryor in versione Regina dei Goblin (vista nella saga Inferno); Hank McCoy aka Bestia, regredito ad uno stato intellettualmente arretrato; Arcangelo, Warren Worthington III con le modifiche apportate da Apocalisse; Bobby Drake aka Uomo Ghiaccio; Ororo Munroe aka Tempesta, nella versione vampirizzata. La serie ha un grande successo, almeno finché la disegna Tom Raney; in seguito, con il #6 l’apporto artistico è di Cary Nord, nel # 19 arriva Javier Saltares. , mentre nelle ultimissime battute ci sono i disegni fiacchi di Ron Lim.

IL FUTURO È IL PASSATO
(X-Factor, terza serie, #1/50; prima serie, # 200/262)

Con la chiusura di Mutant X, le cose tornano alla normalità: non solo, narrativamente, Havok torna ad essere riassorbito dalla sua controparte su Terra 616, ma Peter David torna a scrivere il mensile che riparte prima con una nuova numerazione (dal #1 fino al #50) per poi tornare alla vecchia dal #200 fino al #262. David resta saldamente in cabina di regia, al punto che ad oggi X-Factor è una testata e un gruppo fortemente e quasi esclusivamente identificabili con questo grandissimo autore.

Nella sua lunga run (dal 2006 al 2013) dimostra intelligenza, attenta pianificazione e predisposizione per l’approfondimento dei personaggi: la serie è un episodio probabilmente raro (un po’ come la Uncanny di Claremont) di come la lunga percorrenza può essere a carico di un solo autore che regala continuità e coerenza interna ma soprattutto successo e affezione nei fan. Tanto che quando X-Factor, nel turbine dei vari rilanci del Marvel NOW! chiude, i fan reclamano a gran voce non solo la testata ma anche David, che viene confermato nella nuova ongoing All New X-Factor.

L’autore prende o riprende personaggi non di primo piano per poterli plasmare a seconda delle sue esigenze: come team leader arriva allora Jamie Madrox, l’Uomo Multiplo: e se finora era stato solo una macchietta, con David diventa personaggio di prima grandezza, psicologicamente definito e coinvolgente. Lo stile di David si affina e le sue trame passano con disinvoltura dalla commedia alla tragedia più cupa: con lui la squadra diventa un gruppo investigativo, e affronta le trame e gli spunti nascosti del sottobosco mutante, prosperando in percorsi paralleli ai grandi eventi che si svolgono nelle serie principali.

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Nel 2014, nel passaggio all’ALL NEW, alla tavola da disegno arriva un fuoriclasse come l’italianissimo Carmine di Giandomenico, e la grinta rimane immutata anche grazie all’ingresso della new-entry Gambit nel team – che adesso funziona come una multinazionale: c’è dentro una brillante descrizione dei rapporti interpersonali tra i protagonisti, che lo sceneggiatore cesella con dialoghi ben scritti e frizzanti, supportato dalle incredibili matite del nostro Carmine. Il disegnatore italiano, oltre ad aver creato il look delle eleganti uniformi “aziendali” di X-Factor, offre una prova artistica di altissimo livello, concependo tavole dettagliatissime e al tempo stesso fluide e raffinate. Scorrendo le pagine, non si possono non notare la finezza e le rifiniture dei disegni, con ottime soluzioni grafiche per inquadrature e postura dei personaggi, nonché di design per quanto riguarda tecnologia e scenari di interni. Una prova resa ancor più rilevante e preziosa perché comprensiva di matite, chine, scale di grigio ed effetti di luci, che Di Giandomenico ha realizzato nonostante i tempi ristrettissimi di produzione di un albo Marvel.

Nonostante l’alta qualità, la serie chiude però con il #20, e il brand rimane inattivo fino al 2020 e alla ormai celebre Dawn Of X di Hickman: nella prima e seconda fase (House of X/Powers of X, e Dawn Of X) lo spazio rimane vuoto, ma X-Factor rinasce con la terza fase e si conferma con la quarta (X Of Swords e l’annunciata Reign Of X) in una ongoing scritta da Leah Williams: grazie ai Cinque, i protocolli di resurrezione mutanti di Krakoa possono riportare indietro ogni mutante caduto. Ma un’impresa così grande non è priva di problemi e complicazioni, e allora quando un mutante muore, X-Factor è lì per indagare su come e perché mantenere le regole della reincarnazione: la Williams, coadiuvata dall’artista David Baldeòn, portano allora Northstar, Polaris, Prodigy, Mille Occhi, Daken e Prestige nel mondo dell’omicidio e delle persone scomparse. Insomma, un fattore X ancora carico di mistero ed emozione.


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2 Comments

  • L’ X factor 91-95 è uno dei più bei gruppi mutanti mai creati. Un misto di azione, satira, critica ed intimismo incredibile. Havok non è più il fratello di Scott (finiva pure con la cognata 😳), Lorna non è più vittima di altri mentre Guido Carosella diventa uno dei personaggi top di sempre. Abbiamo pure Ransom, un nuovo personaggio più sfaccettato di quello che sembra, ed Haven, un’ enigmatica nemica che avrebbe meritato maggior durata. Ricordiamo il primo Annual. Da sbellicarsi dalle risate, così come i tre nemici che ci vengono presentati.🤣🤣🤣
    Ancora oggi diverse storie di Peter David degli anni 80 e 90 sono decisamente attuali.

    • Non possiamo davvero che concocordare con te, Fra.
      Quella formazione resta indimenticabile ed è stato davvero un piacere per noi poterla citare in questo speciale.

      Continua a seguirci, realizziamo spesso articoli di questo tipo. A presto!

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