Tra Caravaggio e Van Gogh – Intervista a Ernesto Anderle

Abbiamo fatto una bellissima chiacchierata con Ernesto Anderle (l’artista dietro Roby il Pettirosso e Vincent Van Love): abbiamo parlato del suo ultimo lavoro, Caravaggio, di Van Gogh, di arte e di sensibilità.

 

copertina intervista anderle

Ho iniziato a seguire il lavoro di Ernesto anni fa, quando Instagram pensò bene di alimentare la mia passione per Van Gogh suggerendomi la pagina di Vincent Van Love. Fu amore a prima vista, e da lì a Roby il Pettirosso, il passo fu breve. Immaginate quindi la mia gioia quando, lo scorso ottobre, ho avuto l’occasione di intervistarlo e vedere da vicino l’anima dietro tutta quell’arte.


Ciao Ernesto, innanzitutto grazie per aver accettato di parlare con noi di MegaNerd. I tuoi primi lavori pubblicati online – su Facebook e Instagram – erano legati a Van Gogh; ora è uscita quest’opera su Caravaggio: come mai questa preferenza per gli artisti tormentati?

Per quanto riguarda Van Gogh, l’ho studiato a scuola e poi l’ho ripreso vent’anni dopo, scoprendo una persona totalmente diversa da quella che avevo studiato. Mi interessava il suo lato autentico: rispetto al mondo in cui mi trovo a vivere adesso, fatto di filtri che nascondono i difetti, Van Gogh era i suoi difetti, e noi ci siamo innamorati proprio di quelli. Questa cosa dovrebbe farci un po’ riflettere e magari anche farci vivere meglio. Parliamo di una persona con una grandissima sensibilità, forse troppa per la sua epoca; tutta quest’energia non è riuscita a stare in un vaso solo, in lui. Volevo raccontare di questo pittore sincero, che mi piace molto.

van gogh

Una sensibilità forse troppo grande per tutte le epoche, non trovi? Basta pensare a come si descrive in una delle sue lettere: “è come avere un gran fuoco nella propria anima e nessuno viene mai a scaldarvisi, e i passanti non scorgono che un po’ di fumo, in alto, fuori del camino e poi se ne vanno per la loro strada.”

Infatti pensa che quando illustro dei pezzi delle sue lettere sulle mie pagine social dedicate a lui, ci sono persone che mi chiedono “Ma, l’hai scritta tu?”. Son talmente attuali, le sue riflessioni, che ogni volta devo postare la foto del libro Lettere a Theo (scritte da Vincent al fratello nel corso di molti anni, ndr). È incredibile.

E invece, Caravaggio?

Di Caravaggio, invece, non ho mai capito come la sua personalità abbia potuto trovare un compromesso così estremo. Io ho dipinto ad olio per anni, sono più un pittore che un fumettista, e fare un quadro ad olio richiede tempo, pazienza, calma. E quindi, come ha fatto lui a fare tutti questi quadri in una vita così da fuggiasco, così sempre in movimento, così stonata come lo è stata la sua? Per cui mi sono messo a indagare. Quando faccio un fumetto lo faccio prima di tutto per studiare qualcosa io, e poi condividere quello che ho capito e interpretato. Ecco, tutti e due mi sembravano soggetti sui quali forse andrebbe speso anche più di un fumetto.

Di Caravaggio hai affrontato vari momenti, nell’opera. Da buona campana, a me è caduto l’occhio sul periodo che trascorse a Napoli, e ti chiedo: cosa pensi della relazione Caravaggio/Napoli?

Caravaggio, secondo me, a Napoli ha trovato la sua dimensione. Si tratta del primo pittore che imposta le scene dei suoi quadri in maniera teatrale – lo sfondo nero, come se fosse un palcoscenico – e secondo me Napoli è una città teatrale, per cui le due cose hanno combaciato perfettamente. Nel fumetto ho voluto rappresentare una città che fosse ispirata ai quadri dell’epoca, e non inventata: se devo fare una scena ambientata in un mercato, i pittori dell’epoca ci hanno lasciato un sacco di immagini da cui attingere, quindi perché inventarle? È stata un’ispirazione continua; ho cercato di rappresentare qualcosa di vero, anche se in maniera fumettistica. Mi interessava provare a trasmettere gli odori che ha sentito Caravaggio: il pesce del mercato, questi cestoni di frutta, questa realtà un po’ da presepe, che adoro, per giunta. Da poco ho scoperto che il presepe, soprattutto quello napoletano, è strapieno di roba da mangiare perché la gente non ne aveva; mi commuove questa creatività che nasce da una mancanza. È un po’ quello che succede a me.

van gogh 2

Napoli è ancora così: molta della sua arte nasce dalla mancanza – penso alla musica, alla pittura, a tutte quelle arti che devi reinventare perché non puoi permetterti l’attrezzatura.

Lo capisco: io stesso ho avuto un’infanzia difficile, dal punto di vista economico, e devo tutto a quel periodo lì, che ha scatenato la mia creatività. Mi disegnavo i giochi da tavolo, mi disegnavo sulle magliette… magari compravo la maglietta bianca a pochi soldi e poi ci disegnavo su qualcosa. Quest’assenza fa parte quasi totalmente di quello che sono adesso, e devo tutto a lei.

Considerando quello che vedi intorno a te, a livello umano, politico, sociale, che futuro vedi per la tua arte?

Imparando da Van Gogh, che voleva fare un’arte che consolasse le persone, anch’io se dovessi definire quello che faccio e che voglio fare direi che voglio alleggerire le persone. Sono convinto che la vita sia molto più semplice di quello che abbiamo costruito.

E ti posso garantire che ci riesci già, ad alleggerire le persone e a farle sentire un po’ meno spaesate.

Grazie, lo prendo come un gran bel complimento.

Ho letto che, prima di approdare al fumetto, sei passato per diverse “arti”: sei anche scultore e pittore, tra le altre cose. Quale di questi strumenti senti maggiormente tuo?

Guarda, per ogni cosa che voglio dire c’è un suo linguaggio. Cerco di usare quello del fumetto, dei dipinti o delle sculture a seconda di ciò che voglio raccontare. Per esempio, mi è capitato di fare un fumetto su Raffaello, e sono andato a Firenze a comprare terre, carboncini e colori che restituissero quell’atmosfera, semplicemente utilizzandoli su carta anziché in digitale. È stato così anche per il fumetto su Van Gogh: nella scena del Borinage, quando va tra i minatori, ho usato il carboncino nero per aiutare a trasmettere la sensazione anche a livello di materia.

In questo si sente molto il tuo passato da scultore: c’è come una tattilità, in quello che descrivi. Anche prima, quando mi parlavi degli odori del mercato, percepivo la volontà di coinvolgere tutti i sensi in ciò che fai.

L’olfatto, per me, è una cosa sottovalutata. Per dire, quando vado a casa di mia nonna e non c’è più lei, sento odori che sentivo già quando ero piccolo e che mi riportano immediatamente lì, senza alcuno sforzo. Magari sto facendo altro, sono impegnato in qualche altra cosa, e sento questo profumo che mi trascina immediatamente in un bel ricordo. Per me l’olfatto è come una macchina del tempo.

C’è una storia che ti piacerebbe raccontare? Un autore, un artista, un episodio, qualcosa che ti faccia dire “quella cosa lì, un giorno voglio scriverla“?

Mi piacerebbe fare qualcosa su Modigliani e su Egon Schiele, però aspetto che arrivi il momento giusto per farlo. Faccio sempre cose di cui sono profondamente innamorato – e di questi due artisti sono stato profondamente innamorato – ma magari ci vogliono vent’anni per metabolizzare quello che mi hanno lasciato, per poi restituirlo sotto forma di fumetto.

Cos’è per te l’arte e cosa pensi di quelli che sono sempre pronti a mettere etichette su cosa sia arte e cosa non lo sia?

Non lo so cosa sia l’arte. Non lo so e penso che non serva neanche saperlo. È una cosa talmente necessaria per me, che è quasi come chiedermi cos’è l’aria.
Per il resto, credo che etichettare sia un processo automatico che fa il nostro cervello. Abbiamo bisogno di riordinare le cose, per cui non mi sento di dire che è del tutto sbagliato. Poi è anche uno stimolo per noi artisti a cercare di sfuggire alla catalogazione, quindi quelli che lo fanno ci danno una mano a cercare di fregarli e a fare cose sempre diverse.

C’è qualcosa che hai fatto in passato e che oggi non ti piace più, o in cui non ti identifichi più?

È una domanda difficile: penso che cambiamo ogni giorno, per cui dovresti chiederlo all’Ernesto di tempo fa. Ogni cosa che facciamo, alla fine, ci porta a fare un percorso. Se decidiamo di fare una cosa, e ci piace in quel momento lì, questo non va cambiato, ecco. Poi io sono anche pigro, quindi da un certo punto di vista preferisco lasciare il passato lì dov’è e concentrarmi sul presente.

Se potessi parlare al te adolescente, cosa ti diresti?

Non so, forse gli direi “hai fatto bene”. Adesso i giovani mi sembrano molto sotto stress, perennemente in competizione, una competizione che trasuda da qualunque cosa, sui social: c’è sempre chi è più bravo di te, chi è più bello di te, chi è più ricco di te, chi viaggia più di te; è tutto più di noi, no? E quindi a un giovane direi di non usare troppo gli altri come metro di paragone, ma cercare di amare tutto quello che si è fatto, perché lo si è fatto e perché ci caratterizza.

L’ultima domanda e poi ti lascio libero. Hai fatto anche illustrazioni su De André, Battiato e altri musicisti: cosa rappresenta, per te, la musica?

Per me la musica è tante cose, perché mi ha sempre tirato fuori dal senso di vuoto. Quando vedo tutto buio, alla fine arriva la musica a salvarmi, ed è sempre stato così. È una specie di guida, e quando vedo che mi ha portato a delle cose belle, cerco di illustrarla per condividerla, perché magari c’è qualcun’altro che ne ha bisogno in quel momento.

Grazie, Ernesto, è stata davvero una bellissima intervista e un vero piacere incontrarti. A presto rivederci, su MegaNerd!


caravaggio becco giallo
«Vengo dal nulla, senza paura e senza speranza. Ho affrontato le mie tempeste interiori, mi sono lasciato trascinare dalle burrasche dei miei abissi. È adirata con me perché ho riportato in vita i corpi dei morti con la pittura di luci e ombre, demoni e maddalene, santi travestiti da mendicanti. Alzatevi e gioite con me, noi non moriremo mai.»
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Claire Bender

Vive con un dodo immaginario e un Jack Russell reale, che di recente si è scoperto essere Sith. Grifondoro suo malgrado, non è mai guarita dagli anni '80. Accumula libri che non riesce a leggere, compra ancora i dvd e non guarda horror perché c'ha paura. MacGyver e Nonna Papera sono i suoi maestri di vita.

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