“The Book of Boba Fett” – Il momento in cui è cambiato tutto

Se la serie del cacciatore di taglie Boba Fett nessuno la voleva, il quinto capitolo era quello di cui tutti avevano bisogno. Din Djarin è ufficialmente tornato per salvarci dalla noia dei primi episodi. Ecco una breve riflessione sul momento in cui è cambiato tutto.

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Ancora non riesco a capire se nel realizzare la serie The Book of Boba Fett siano stati degli incapaci o dei geni: hanno creato un problema, ossia una serie lenta, scontata e con personaggi privi di una prospettiva di evoluzione, per poi darci la soluzione, ossia l’episodio 5, Il ritorno del Mandaloriano. Un episodio che ha tutto un altro sapore rispetto alle puntate precedenti. Il ritmo di narrazione è più dinamico e vario, il personaggio principale anche se indossa sempre un elmo sappiamo che non è un tizio anonimo, inoltre ha obbiettivi chiari e non ci lascia nel patema d’animo di non capire dove la puntata voglia andare a parare. Da questa puntata in poi, i personaggi hanno finalmente qualcosa da raccontare.

Avevamo lasciato Fennec e Boba che alludevano ai muscoli a pagamento di Mando, il quale non fa attendere i suoi fan e il quinto episodio inizia subito con la sua entrata in scena nel retro di una macelleria di bulldog-uomini-alieni. Tra questi abominevoli macellai si trova la preda del cacciatore di taglie, il quale sguaina la sua frase di repertorio «Ti posso catturare vivo o ti posso catturare morto» e la Darksaber, la Spada Oscura ottenuta nell’ultimo episodio della seconda stagione di The Mandalorian.

Durante il combattimento la difficoltà di Mando non sono gli avversari, ma il maneggiare la spada stessa, infatti si infligge un autogol ustionandosi la gamba con la lama. Del resto, a chi non è mai capitato di farsi esplodere una granata ai propri piedi in Fortnite? Comunque, come prevedibile, vince il combattimento ed incassata la taglia, scopriamo che è alla ricerca di informazioni e qui ci colleghiamo direttamente alla sua storyline.

 

Nei vicoli della città sulla stazione spaziale di Glavis, Mando segue dei simboli nascosti della ben nota street art Mandaloriana, che non sarà Banksy però il suo lavoro lo fa, infatti lo conducono nel rifugio degli ambedue Mandaloriani di Nevarro rimasti in vita. Il rifugio in questione è l’antitesi del confort, ma almeno curano la gamba al nostro cacciatore di taglie preferito. C’è da dire che l’ospitalità non è il piatto forte dei mandaloriani: durante la sua permanenza viene sottoposto ad un duro allenamento mortificante dove scopre di non essere in grado di controllare la volontà della Spada Oscura; gli fondono la lancia di Beskar (perché è proprio inconcepibile in questo credo tenersi qualcosa di innovativo e figo) ma almeno grazie ad essa riesce ad ottenere un dono da portare a Grogu, nonostante gli venga sconsigliato di andare a cercarlo per non interferire nell’ allenamento del piccolo; al che Din Djarin ci ricorda quali sono i principi alla base del credo mandaloriano: lealtà e solidarietà. È molto bello sapere che le intenzioni di base sono queste caro Mando, ma il messaggio che arriva, dopo due stagioni di massacri e brutali assassinii, ti assicuro che è tutt’altro. Infatti viene amichevolmente sfidato a duello da Paz Vizsla che reclama il possesso della Spada Oscura; dopo il goliardico combattimento, inutile dire chi è il vincitore, Mando si tiene la Darksaber.

Ora arriva la fatidica domanda: «Ti sei mai tolto l’elmo?», al che possiamo vedere il Mandaloriano sudare come un universitario al suo primo esame. Bocciato e rimandato a Settembre. Traumatizzato, chiede come sia possibile rimediare: può trovare la redenzione nelle acque viventi sotto le miniere di Mandalore. Mando fa giustamente notare che quel posto è ormai distrutto, dopo un attimo di silenzio gli viene risposto che «Questa è la via», probabilmente perché “attaccati al cazzo” era meno elegante.

Scomunicato ed allontanato, decide la sua prossima tappa: Tatooine, con lo scopo di riavere un mezzo proprio. Notiamo infatti quanto è snervante per Mando fare il pendolare sui mezzi pubblici. Ma è proprio su uno di essi che troviamo un sacco di feels, grazie ad un passeggero: un bambino alieno, verde e mostruoso che a lui ricorda il suo “piccolo” ( leggetelo con la voce roca di Mando ma strozzata dal pianto).

Una volta su Tatooine si reca da Peli Motto, la macchinista di astronavi, che gli aveva promesso un rimpiazzo per la Razor Crest.

Peccato che Mando si aspettasse di trovare una copia spiccicata della sua vecchia astronave invece ad aspettarlo c’è un prototipo basato su un cacciastellare di Naboo e si mette a fare le bizze. La povera donna cerca di farlo ragionare, ma si sà, non è Mando che si adatta alla situazione, è la situazione che si adatta a Mando. Riesce ad accettare il nuovo mezzo solo dopo averci dedicato del tempo lui stesso, lavorando e costruendolo insieme a Peli Motto ed il suo team di droidini imbranati.

Come volevasi dimostrare, Mando adora il suo nuovo mezzo ed anche a noi piace un sacco! Dopo delle sequenze spettacolari di evoluzioni nel cielo e fuga da pubblici ufficiali nello spazio, il cacciatore di taglie torna all’officina con un sorriso che gli va da una parte all’altra dell’elmo.

Con sgomento ci fanno ricordare che la serie non si chiama “The Mandalorian” ma “The Book of Boba Fett”. Non se ne sentiva la mancanza ma ecco ricomparire la mercenaria Fennec Shand, che propone a Mando di lavorare proprio per Boba Fett. Il Mandaloriano fa una cosa inaspettata, accetta senza compenso (ma perché? Mica sono così best friends). Prima però, mette subito in chiaro chi c’è in cima alla sua piramide sentimentale, Grogu. L’incarico deve quindi aspettare. Sorry Boba, not sorry.

Parliamoci chiaro, non frega a nessuno di continuare a vedere le monotone giornate del vecchio cacciatore di taglie mandaloriano Boba Fett, che ormai è stato detronizzato dal nuovo Mando e da quello che possiamo vedere, frega poco anche a chi lavora sulla serie. Queste ultime due puntate lo dimostrano e la sensazione di aver visto qualcosa di superfluo ed inutile è sempre più forte. Ci siamo immersi nuovamente nella trama che gira intorno a Din Djarin e Grogu, questa è una strategia narrativa che prepara il terreno per la terza serie di The Mandalorian, continuando a dare tante informazioni allo spettatore, strizzandogli l’occhio come per dire: “questo è solo un assaggio”.

Sinceramente, siamo contenti di rivedere una collaborazione tra i due mandaloriani e la presenza di Mando nelle ultime puntate della stagione. Quale è la vostra opinione? Vi sono piaciuti questi episodi? Vi piacerebbe leggere un riassuntino come questo anche del sesto episodio? Fatecelo sapere nei commenti, questa è la via.

Per leggere la recensione del primo episodio, cliccate qui


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