Da qualche giorno il mondo dei comics piange uno degli autori più prolifici e importante del panorama americano: Peter David. Lo scrittore che ha reso davvero ‘incredibile’ Hulk, che ha creato un’icona come Spider-Man 2099 e che ha fatto di Supergirl molto più che la cugina di Superman, se ne è andato lasciando un incolmabile vuoto. MegaNerd vuole dedicargli questo speciale sperando di poter rendere il giusto tributo a uno dei nomi più importanti del fumetto americano moderno
Quando si parla di autori dei comics più influenti degli ultimi 40 anni vengono sempre citati i vari Chris Claremont, Frank Miller, Grant Morrison, Todd McFarlane, Alan Moore, Neil Gaiman, ma nella top ten c’è sempre spazio per Peter Allen David (PAD), autore dal nome probabilmente ‘meno altisonante’ di quelli appena citati ma incredibile penna che ha dato nuova linfa a tantissimi personaggi (soprattutto secondari) di Marvel e DC Comics.
Magari non è spesso al primo posto delle classifiche dei lettori, ma ogni amante di comics conosce il nome di Peter David, stakanovista del fumetto americano.
Questo perché lo scrittore statunitense è riuscito a lasciare un’impronta indelebile sia nel mondo dei supereroi – con run seminali per Marvel e DC – sia nel campo della narrativa, in particolare grazie ai suoi romanzi ambientati nell’universo di Star Trek.
Poliedrico, instancabile, a tratti provocatorio, David è stato uno scrittore che ha saputo combinare cuore, umorismo e introspezione psicologica come pochi altri e ha letteralmente dedicato gran parte della sua carriera, a partire dagli anni ’80, ai personaggi delle Big Two.
Per quanto riguarda Marvel è impossibile non citarlo come il più grande e ‘incredibile’ scrittore di Hulk, ma ha anche rinnovato il team mutante X-Factor con personaggi carismatici (Forzuto, Havok, Madrox, ecc..) senza dimenticare una delle sue creazioni originali più importanti: Miguel O’Hara ovvero lo Spider-Man 2099, tra i protagonisti della seconda pellicola animata su Miles Morales targata Sony.
In DC ha trasformato Supergirl in un personaggio di primo piano, dato nuove origini ad Aquaman e scritto pagine frizzanti e fresche della Young Justice verso la fine degli anni ’90. Ma sono tantissime le pagine scritte e gli eroi passati sotto la penna di Peter David.
Dopo alcuni anni a lottare contro un male incurabile PAD ha perso la sua battaglia più importante il 24 maggio scorso a soli 68 anni. A dare l’annuncio è stata la moglie:
«Dal momento che la notizia si è diffusa… Peter David è morto la scorsa notte. Siamo devastati. Scriverò di più quando riuscirò» – Kathleen O’Shea David sui social
Alla notizia di questo tragico epilogo, mi è tornato subito in mente uno degli albi più toccanti della carriera dello scrittore, sul personaggio dove ha lasciato l’eredità più importante ai lettori: Incredible Hulk #420. In questa storia del 1994, disegnata da Gary Frank, e intitolata in originale Lest Darkness Come, David mostra un Hulk che non è solo muscoli e rabbia, ma anche un uomo che soffre, sbaglia, ama e piange davanti all’impotenza di poter salvare il personaggio di Jim Wilson, malato terminale.
(pagine tratte da Incredible Hulk#420)
Quella che aveva colpito PAD era una malattia più forte anche di Hulk, che nulla avrebbe potuto per salvare lo scrittore di mille sue avventure da un destino già scritto. Quello, che però, mi piace pensare è che il Gigante di Giada e tutti gli altri personaggi scritti da Peter David, gli siano stati accanto anche negli ultimi istanti di vita.
MegaNerd vuole cercare di rendere omaggio allo scrittore statunitense, esempio e ispirazione per molti suoi colleghi, ricordando le opere a fumetti più celebri e i tratti distintivi dell’uomo dalle qualità e dalla scrittura ‘incredibili’.
Dalle scrivanie alla rete: i primi anni di Peter David e l’arrivo su Spider-Man
Peter Allen David nasce il 23 settembre 1956 a Fort Meade, Maryland, da una famiglia ebraica americana. Figlio di un ufficiale militare, cresce tra diversi stati e basi militari, ma si stabilisce poi a Long Island, New York. Fin da piccolo sviluppa una passione per la scrittura e l’umorismo: si appassiona a Star Trek (per cui in futuro scriverà diversi romanzi), alla fantascienza, a Mad Magazine e ai fumetti, ma soprattutto ama leggere e raccontare storie.
L’idea di diventare uno scrittore arriva durante l’adolescenza. Frequenta la New York University, dove studia giornalismo e scrittura creativa, e dopo la laurea inizia a lavorare nel mondo editoriale, passando da uffici stampa e mansioni minori nel settore dell’intrattenimento. È un periodo in cui affina le sue doti di scrittore e il suo talento per il dialogo, ma anche la sua vena ironica e la capacità di muoversi tra generi diversi.
È nei primi anni degli ’80 che Peter arriva presso una Marvel Comics in piena ascesa e rinnovamento, proiettata verso un decennio significativo per il mercato fumettistico globale americano, dove la Casa delle Idee sta muovendo passi decisivi per divenire una delle realtà editoriali di comics più grande di sempre.
Ma Peter non entra subito in Marvel come autore, bensì viene assunto come addetto al marketing e alle pubbliche relazioni, sotto la guida di Carol Kalish. Il suo compito principale è scrivere comunicati stampa, rispondere alle lettere dei fan e gestire i rapporti tra l’ufficio editoriale e il mondo esterno. Ma la passione per la scrittura non lo abbandona, e, spronato dalla stessa Kalish, inizia a scrivere soggetti a tempo perso, cercando di farli leggere agli editor.
Il suo grande talento e il sarcasmo affilato, viene notato dall’editor di allora delle testate di Spider-Man, Jim Owsley (che in futuro si farà chiamare Christopher Priest), che gli offre l’occasione che cambierà per sempre la carriera di Peter David: la sceneggiatura di un albo con protagonista, ironia della sorte, un personaggio che si chiama come lui Peter… Parker ovvero l’Uomo Ragno.

Su Peter Parker: The Spectacular Spider-Man # 103, inizia la carriera da scrittore di Peter David, con la storia intitolata Compulsion (Impulsi).
La morte di Jean DeWolff, il Mangiapeccati e il feeling con Spidey
Il vero talento di Peter David viene fuori qualche numero dopo, in una storia in quattro parti che è ricordata come uno dei momenti più toccanti e profondi della storia editoriale del Tessiragnatele: The Death of Jean DeWolff, pubblicata in origine sui numeri di Peter Parker: The Spectacular Spider-Man dal #107 al #110.
Chi si aspettava sin da subito un David dalla vena umoristica su un personaggio come Spider-Man si dovette ricredere. In questo arco narrativo, Spider-Man indaga sull’omicidio del capitano Jean DeWolff, poliziotta e alleata dell’eroe in più di un’occasione, uccisa brutalmente da un serial killer noto come Il Mangiapeccati, personaggio creato per l’occasione dallo stesso David.
La storia, illustrata da Rich Buckler, è un noir cupo e violento, dai toni maturi e insolitamente realistici per l’epoca, dove David affronta tematiche complesse come l’abuso di potere, la giustizia sommaria, la fragilità delle istituzioni e la vendetta.
Per la prima volta, Spider-Man è costretto a confrontarsi non con supercriminali mascherati, ma con un assassino comune e disturbato mentalmente. Il tono della narrazione è crudo, i dialoghi taglienti, le implicazioni morali profonde.
La miniserie viene acclamata per la maturità della scrittura e per l’approccio psicologico ai personaggi. Peter David dimostra subito di avere una voce propria, capace di fondere azione supereroistica e riflessione sociale. Il successo della storia consacra David agli occhi dei lettori e della critica costituendo un vero e proprio biglietto da visita per quello che sarà il suo futuro lavorativo.
Il rapporto tra PAD e Peter Parker/Spider-Man è senza ombra di dubbio significativo per lo scrittore anche dopo il ciclo sulla morte di Jean DeWolff. David spesso può sembrare ‘oscurato’ da altri celebri sceneggiatori su Spidey, ma l’autore scrive a più riprese le avventure dell’Arrampicamuri nei quarant’anni successivi, con storie anche singole, conservando un approccio da sceneggiatore che non si limita solo all’azione, ma che scava nel cuore del personaggio.
I suoi racconti, spesso divisi tra ironia e introspezione, speranza e oscurità, costruiscono un affresco coerente e profondo del Tessiragnatele.
Paradossalmente il primo incarico come autore principale su Spider-Man arriva nel 2003 su Friendly Neighborhood Spider-Man testata che scrive dal #1 al #23 coadiuvato dalle matite di due grandi artisti quali il compianto Mike Wieringo e Todd Nauck.
Ma nonostante il legame ricorrente con il Tessiragnatele blu e rosso, è il colore verde che contrassegna gran parte della carriera di David.
Hulk è l’eredità più importante che PAD lascia ai posteri, contribuendo con le sue storie in maniera significativa a costruire e modellare la rappresentazione moderna del Gigante di Giada e del suo alter ego, Bruce Banner.
‘L’incredibile’ David: il trauma di Banner, l’Hulk Grigio e Joe Fixit
Con l’Incredibile Hulk, Peter David presenta ai lettori non un semplice fumetto supereroistico con protagonista il Mostro Verde, ma analizza la Bestia / Hulk dentro l’Uomo / Bruce Banner fondando la scrittura delle sue trame su tre elementi cardine della run: introspezione, analisi psicologica e innovazione narrativa.
Dal 1987 al 1998, Peter David ha scritto quasi ininterrottamente la testata Incredible Hulk dal numero #331 al #467, diventando l’autore più longevo nella storia editoriale del personaggio. In più di undici anni, ha ricostruito dalle fondamenta l’identità di Hulk e di Bruce Banner, raccontando non solo le sue imprese eroiche, ma il suo trauma, la sua rabbia, i suoi desideri e il suo dolore. Più che una saga supereroistica, quella di David è una lunga analisi psicoanalitica e non è un caso che uno dei personaggi ricorrenti sia lo psichiatra Dr. Leonard “Leo” Samson.
Fino all’arrivo di Peter David, il Gigante di Giada è sempre stato contraddistinto da trame dalla forte ripetitività: Bruce Banner si trasforma in Hulk, perde il controllo, affronta il nemico di turno, scappa e tutto ricomincia. Se all’inizio della carriera editoriale del Golia Verde questo ciclo di eventi pare funzionare, con il passare del tempo risulta una zavorra che impedisce al personaggio di uscire da quell’empasse che gli permetterebbe di fare il salto di qualità.
Quando David prende in mano le redini della serie nel 1987, Hulk non è un personaggio che gode di ottima salute. Lo stesso David, in interviste successive, definirà la situazione “creativamente sterile”. Invece di limitarsi a replicare lo schema, David lo smonta e lo ricostruisce pezzo per pezzo.
Il primo ciclo vede collaborare PAD con un giovanissimo Todd McFarlane, non ancora la stella dei comics che diverrà rapidamente da lì a qualche anno.
La prima svolta psicologica che dà lo scrittore, è decisamente d’impatto e matura. Bruce Banner non è solo uno scienziato sfortunato che è stato colpito dai raggi gamma, ma una persona dal passato drammatico, vittima di abusi e uomo profondamente danneggiato sin dall’infanzia.
A causa delle violenze subite dal padre, Brian Banner, la rabbia di Hulk assume un contesto sino a quel momento inesplorato e originale; non è solo il prodotto di una mutazione genetica prodotta dai raggi gamma, ma il grido dell’inconscio e il risultato di un bambino spezzato che non ha mai avuto il diritto di crescere in pace.
Il trauma diventa la chiave per comprendere le diverse incarnazioni di Hulk che faranno la fortuna del ciclo di David: il mostro verde, il grigio Joe Fixit, il Professor Hulk.
Uno degli aspetti più sorprendenti del primo periodo della run è il ritorno dell’Hulk Grigio, versione meno potente ma molto più intelligente del Golia Verde, che lavora come buttafuori a Las Vegas sotto il nome di Joe Fixit. Qui, David inietta nel fumetto toni pulp e noir, trasformando un fumetto supereroistico quasi in una crime story.
Joe Fixit è un energumeno dal vestito gessato, cinico, sarcastico, amante dei soldi e delle donne. Ma è anche un’altra maschera, un altro riflesso dell’inconscio di Banner. Questa fase “da casinò” è una delle più singolari nella storia Marvel, ed è proprio qui che David dimostra che Hulk può essere molto di più di un bruto che spacca tutto.
Personalità multiple e un cast di spicco: da Betty Ross a Rick Jones
Con il proseguire della serie, Peter David introduce una svolta concettuale straordinaria: Bruce Banner soffre di un disturbo dissociativo dell’identità (DID). Le varie versioni di Hulk, il selvaggio verde, il razionale Professor, il manipolatore grigio – non sono semplici trasformazioni fisiche, ma personalità distinte, nate per difendere Banner dal trauma originario. L’evento scatenante? L’omicidio del padre.
A partire dal numero #377, con i disegni psichedelici di Dale Keown, assistiamo a un vero e proprio viaggio nell’inconscio di Banner, durante una seduta di ipnosi guidata da Doc Samson. È un episodio spartiacque: Banner si confronta con le sue identità, litiga con loro, le integra. Nasce così il Professor Hulk, una combinazione delle tre componenti – l’intelligenza di Banner, la forza del Verde, il pragmatismo del Grigio – che darà vita a un nuovo tipo di eroe.
Piccola nota a margine: il Professor Hulk è stato ripreso dai Marvel Studios nell’evoluzione del Gigante di Giada di Mark Ruffalo a partire da Avengers: Infinity War.
Questa trasformazione non è solo estetica. Cambia tutto: toni, dinamiche, tematiche. Hulk non è più solo “forte”, è anche brillante, sarcastico, autocosciente. E soprattutto è consapevole del proprio dolore. È un Hulk che soffre, che ama, che cerca di trovare un equilibrio impossibile tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere.
Un altro elemento che fortifica nel corso degli anni la posizione di David alle redini di Incredible Hulk è l’utilizzo sapiente del cast di supporto.
Betty Ross, il Dr. Leonard Samson, Rick Jones, vengono scritti da David non come comprimari, ma esseri umani, con le proprie fragilità, i propri ideali e i propri errori. Ogni personaggio ha il suo arco narrativo, le sue crisi, i suoi momenti di gloria e di caduta. Perché se c’è una cosa che l’autore statunitense ha capito rispetto ai suoi predecessori e che gli hanno garantito di rimanere sulla serie per molti anni, è una: Hulk non è interessante per la sua forza, ma per la sua fragilità.
Sarebbero tantissime le cose da analizzare sull’Hulk di Peter David, andando a scavare più a fondo nelle moltissime storie da lui scritte, ma ce n’è una, che viene considerato da molti, compreso chi scrive, il punto più alto del ciclo di PAD sul Golia Verde: sto parlando di Futuro Imperfetto (Future Imperfect) storia impreziosita dalle matite di un compianto e immenso George Pérez.
Futuro Imperfetto: Lo Specchio Oscuro di Hulk e l’epilogo della gestione David
«Quando ho creato il Maestro per FUTURE IMPERFECT, non avevo idea che avrebbe avuto la popolarità e la longevità che ha ora» – Peter David in una dichiarazione per Marvel
Nel 1992 Peter David e George Pérez realizzano uno dei capolavori assoluti sul personaggio di Hulk; la miniserie Futuro Imperfetto (Future Imperfect).
Ambientata in un futuro post-apocalittico, narra di un Hulk anziano, cinico e spietato, noto come Il Maestro, che governa ciò che resta del mondo con pugno di ferro. Il Professor Hulk del presente viene trasportato nel futuro per affrontarlo.
Si tratta non solo di un scontro fisico, ma altresì ideologico e esistenziale. Il Maestro è lo ‘Specchio Oscuro‘ del Golia Verde che dimostra cosa accadrebbe ad Hulk si lasciasse consumare dalla rabbia. L’Hulk anziano è tutto ciò che il Professor Hulk odia profondamente, ma il Maestro non è altro che la dimostrazione vivente che, se privo di limiti, questo è il destino che attende il Gigante di Giada.
David esplora in maniera brillante il paradosso dell’eroe: quanto sei disposto a sacrificare per non diventare il tuo peggior nemico? “Future Imperfect” non è solo un What if..?.
È un monito, un romanzo breve in forma di fumetto, con la potenza visiva di un maestro come Pérez. Una perla che dimostra ulteriormente quanto David abbia capito come sfruttare il potenziale del personaggio come mai nessuno aveva fatto sino a lì.
Il lungo viaggio di Peter David su Hulk termina nel 1998 con il numero #467, essendo consapevole di aver detto tutto.
David, però, ama talmente il personaggio che ha contribuito a rendere uno dei più affascinanti dell’Universo Marvel, che torna in diverse occasione per scrivere ancora alcune storie di approfondimento sull’universo di Hulk.
Da Tempest Fugit, mini-run pubblicata sulla serie regolare del 2005 in 4 parti disegnata da Lee Weeks, sino alle ultime miniserie dedicate alle origini del Maestro nel 2020 e a Joe Fixit nel 2023. Fino a quando ha potuto, PAD ha voluto esplorare e raccontare episodi ancora inediti di alcuni dei suoi personaggi meglio riusciti.
Le rocambolesche X-Factor di Peter David: dal team di Havok a quello di Madrox, tra noir, satira e crisi esistenziali
Contemporaneamente al lavoro su Hulk, nel 1991 Peter David viene chiamato a rinnovare il team mutante di X-Factor. Facciamo, però, un breve passo indietro.
L’originale X-Factor era un gruppo governativo sotto la cui maschera si nascondevano i primi 5 X-Men arruolati da Charles Xavier ovvero Ciclope, Uomo Ghiaccio, Angelo, Jean Grey e Bestia, all’epoca creduti morti. Dopo il reintegro di questi negli X-Men, la testata si trova in un momento di transizione e urge un rilancio. PAD viene chiamato proprio per proporre ai lettori un nuovo team. Nasce così l’X-Factor di Peter David.
La nuova formazione guidata da Havok (Alex Summers) e Polaris (Lorna Dane) e formata da alcune ‘teste calde’ come Wolfsbane, Quicksilver, Madrox l’Uomo Multiplo e Forzuto, nelle sapienti mani di David diviene un piccolo cult e serie unica nel suo genere tra quelle mutanti dell’epoca, spiccando per la capacità di coniugare satira, introspezione e thriller psicologico.
Durante il suo primo ciclo (1991–1993), David mette in scena un approccio fortemente caratteriale, puntando sul conflitto interno dei personaggi e su una narrazione che alterna momenti comici a riflessioni profonde.
Tra i mutanti protagonisti, Quicksilver e Jamie Madrox sono i personaggi su cui David riesce a dare maggiore caratterizzazione. Entrambi sino a quel momento sono comprimari e personaggi secondari, ma la rappresentazione di Quicksilver, velocista frustrato e arrogante e l’Uomo Multiplo, trasformato da outsider a figura di primo piano tragica e affascinante, sono parte del successo della X-testata. E Madrox sarà un personaggio che David metterà ancora di più sotto i riflettori anni dopo.
Infatti a distanza di 12 anni, David torna su X-Factor, ma lo fa stravolgendo completamente il gruppo, le atmosfere e lo stile di narrazione, adattandosi anche al tipo di fumetto richiesto dal pubblico degli anni 2000, diverso rispetto a quello degli anni ’90 fatto di personaggi ipertrofici e storie più semplici.
Nel 2005 parte la seconda ‘PAD era’ per X-Factor, che viene rilanciato all’indomani dell’evento House of M e la decimazione mutante, come X-Factor Investigations, un noir mutante che segue le indagini di Jamie Madrox, a sorpresa il leader del gruppo, e della sua agenzia investigativa formata da Forzuto e Wolfsbane, l’aristocratica Monet, l’irlandese Siryn, l’enigmatica Layla Miller e il depotenziato Rictor.
Jamie Madrox in questa serie è il cuore emotivo del team: un uomo che letteralmente si divide in mille personalità, specchio perfetto delle nevrosi contemporanee e che ha tempo per dividersi anche in triangoli amorosi divertenti che ammorbidiscono i toni quando necessario. David si conferma un autore ‘Incredibile’ non solo su Hulk, tirando fuori il meglio da un personaggio come l’Uomo Multiplo. dimostrando ancora una volta che è l’autore a rendere unico un personaggio.
La serie diventa una perla del periodo post-House of M, vincendo lodi della critica e guadagnandosi un fandom devoto. X-Factor Investigations viene pubblicata fino al 2013 con diverse iterazioni, si distingue per il suo tono maturo, i dialoghi brillanti e un’attenzione costante all’identità e alla marginalizzazione.
Spider-Man 2099: l’Uomo Ragno del Futuro divenuto icona (anche al cinema)
«Sapevamo che era Spider-Man 2099. Sapevamo che lavorava per un’azienda chiamata Alchemax. A parte questo, non c’era nulla di stabilito su di lui. Così mi sono seduto e ho pensato: l’ultima cosa che voglio è che sia un parente di Peter Parker.» – Peter David in un’intervista
Oggi è la normalità vedere ‘uno Spider-Man’ sotto la cui maschera c’è qualcun altro rispetto a Peter Parker. Ma prima di Miles Morales, prima dello Spider-Verse di Dan Slott, è stato Peter David a mettere un uomo diverso nel costume dell’Uomo Ragno. Ed è stato un azzardo che si è tramutato in un successo ogni altra aspettativa.
Nel 1992 la Marvel diede il via all’operazione ‘Universo 2099‘. PAD viene chiamato per creare lo Spider-Man 2099 e insieme a Rick Leonardi realizzano uno dei Tessiragnatele più amati di sempre.
Il colpo da maestro di David sta nel mettere all’interno del costume un ragazzo che è l’opposto in tutto per tutto da Peter Parker. Miguel O’Hara è uno scienziato dal temperamento sanguigno, mezzo irlandese e mezzo messicano. Ha una madre, un fratello e una fidanzata. Nessun collegamento con il Ragno di Terra-616.
La collaborazione con Rick Leonardi, co-creatore insieme a David, si dimostra vincente anche nella scelta finale del costume di Miguel, diventato uno dei più apprezzati outfit alternativi di Spider-Man.
Diversi grandissimi artisti si sono cimentati nella creazione di questo costume, da John Romita a Carl Potts, ma la versione rossa e blu di Leonardi, coadiuvata dalle indicazioni dello stesso David mentre l’artista la disegnava, è diventata quella definitiva, fatta di ragnatele che sembrano un mantello, una maschera quasi dall’effetto ‘negativo’ rispetto a quella originale di Spidey e il ragno- teschio con le zanne sul petto.
Il contesto in cui sono ambientate le avventure dello Spider-Man 2099 sono senza ombra di dubbio originali e mettono ancora una volta in risalto l’ecletticità di Peter David. La New York futuristica immaginata dallo sceneggiatore è fondata su una società cyberpunk governata da multinazionali e corrotta fino al midollo. Miguel non è spinto da senso di colpa o altruismo disinteressato, ma da una profonda rabbia verso un sistema oppressivo. È un eroe riluttante, spesso cinico, ma con un cuore combattivo e un codice morale personale.
Peter David tratteggia Miguel con complessità psicologica, inserendolo in trame che uniscono denuncia sociale, satira, azione e politica. Il suo Spider-Man è meno idealista, ma incredibilmente umano: un uomo che cerca di fare la cosa giusta in un mondo dove “giusto” e “sbagliato” sono categorie ambigue.
Tra il 1992 e il 1996, David scrive i primi 44 numeri della serie, creando un microcosmo narrativo coeso e affascinante. A differenza di molte altre serie dell’universo 2099, Spider-Man 2099 riuscì a mantenere una forte identità autonoma, proprio grazie alla penna di David, che alternava sarcasmo, dramma familiare, critica sociale e worldbuilding fantascientifico.
Dopo anni di assenza, Peter David torna anche in questo caso, sul luogo del delitto, riprendendo le redini di Spider-Man 2099 nel 2014, in occasione del rientro di Miguel nel presente Marvel post-Spider-Verse.
La nuova serie, pubblicata fino al 2017, mostra un Miguel più maturo, alle prese con il tentativo di cambiare il futuro intervenendo nel presente.
Ma questa seconda interazione con Miguel O’Hara e il suo alter ego, non è collocabile tra i migliori lavori della carriera di David. Probabilmente il venire meno di tutto il fascino del futuro cyberpunk della prima serie, con avventure che si svolgono in un contesto più canonico marvelliano, un costume nuovo per nulla apprezzato dai fan e un’infatuazione per la linea 2099 che dopo tanti anni si è affievolita (complice anche un Ultimate Universe in piena attività) sono tutti elementi che possono aver contribuito a un ritorno non proprio riuscito sulle pagine di uno dei personaggi più di successo di David.
Spider-Man 2099 rimane oggi uno dei personaggi più amati della linea 2099. Non a caso, Miguel O’Hara ha avuto un ruolo centrale in eventi recenti come Spider-Verse e Across the Spider-Verse, dove la sua figura è stata rielaborata mantenendo però intatto il senso di solitudine, rabbia e determinazione creato da Peter David.
Ma Peter David non ha creato capolavori a fumetti solo per la Casa delle Idee. In DC Comics l’autore ha preso alcuni eroi rivitalizzandoli con il suo stile unico e creando delle run entrate di diritto tra le migliori storie della Casa editrice di Burbank.
Peter David & la DC Comics: Aquaman, la redenzione di un re dimenticato
E così nel 1994 PAD prende le redini di Aquaman, personaggio percepito come un eroe secondario e poco interessante.
Quella non è stata la prima volta che David si è affacciato al mondo sottomarino di Atlantide; e difatti lo scrittore nel 1990 aveva scritto una miniserie di sette numeri intitolata The Atlantis Chronicles che esplorava il passato dell’impero sommerso e le rivalità di corte. C’è chi definisce questa miniserie il Games of Thrones della DC Comics.
Quasi a riprendere le file di dove le aveva lasciate, quattro anni dopo The Atlantis Chronicles David ridefinisce radicalmente il Re di Atlantide e le origini del personaggio a partire dalla miniserie intitolata Time and Tide, e poi, successivamente, la serie regolare di Aquaman che durò fino al 2001, che PAD ha guidato per oltre 40 numeri.
L’Aquaman di David è un re fiero, rabbioso, tormentato: un sovrano segnato da lutti e responsabilità, spesso in contrasto con la superficie e con le regole della politica terrestre. Il cambiamento più visibile, e simbolico, è la perdita della mano sinistra, sostituita da un arpione: un gesto che simboleggia il distacco definitivo dal passato e un nuovo approccio più crudo e deciso. Ma sotto la superficie dell’azione e delle atmosfere epiche, si nasconde una riflessione sulla solitudine del potere, sull’identità e sulla mitologia.
David riuscì a rendere Aquaman non solo credibile, ma anche tragico e potente, restituendogli la dignità e un ruolo di primo piano anche nella JLA di Grant Morrison. Il suo ciclo, pur segnato da influenze fantasy e politiche, rimane una delle versioni più influenti del personaggio, anticipando in parte la reinterpretazione cinematografica successiva che ha visto protagonista Jason Momoa nei panni di Arthur Curry.
Supergirl: umanità, fede e identità
«Il mio intento era quello di raccontare una storia che parlasse di religione e spiritualità, argomenti mai affrontati in un fumetto legato a Superman. Supergirl era un’esplorazione del concetto di fede» – Peter David in un’intervista Newsrama
All’inizio di questo speciale abbiamo detto che David rese Supergirl molto più della ‘cugina di Superman‘. E forse con Supergirl, Peter David realizza una delle sue opere più ambiziose e controverse.
Certo perché come si fa uscire dall’ombra di Superman un personaggio come Supergirl rendendola interessante per il pubblico? Nel 1996 David comincia un percorso che dura fino al 2003, e che decostruisce per poi ricostruire la figura di Supergirl.
In questa serie, David non racconta le gesta di Kara Zor-El! Questa è la prima novità: la protagonista è Linda Danvers, una giovane donna umana che, fusa con una forma angelica di Matrix (una versione artificiale di Supergirl introdotta negli anni precedenti), dà vita a un personaggio completamente nuovo: metà aliena, metà umana, con un potenziale divino e un passato travagliato.
La serie disegnata per la maggior parte da un giovane talentuoso Gary Frank, combina elementi di superhero drama, spiritualità e horror soprannaturale. Linda è una protagonista complessa, costantemente alla ricerca della propria identità, in lotta con il senso di colpa, la fede e il significato della redenzione. La narrazione sfida le convenzioni del genere, affrontando temi come il fanatismo religioso, la predestinazione e l’umanità dei “super”.
Peter David spinge il personaggio in territori audaci, proponendo una Supergirl che è più una figura di riflessione morale che un’eroina convenzionale. Pur realizzando una delle migliori storie sull’eroina, le vendite a un certo punto crollano e David è ‘costretto’ a far tornare la “vera” Kara Zor-El verso la fine del ciclo.
Linda Danvers viene gradualmente accantonata, ma rimane nei cuori dei lettori come una delle versioni più profonde e originali dell’eroina kryptoniana.
David ha confessato in seguito che aveva altre idee ambiziose e affascinanti in mente per la testata che non ha avuto modo di sviluppare, quali la versione “Super” di Birds of Prey, team che si sarebbe chiamato Blonde Justice e che avrebbe visto Linda/ Supergirl, Kara e Power Girl unire le forze.
Young Justice: l’ironia di David al servizio dei sidekick degli eroi DC
Nel 1998, in un panorama dominato da eroi cupi e storie sempre più oscure, Young Justice si impone come una boccata d’aria fresca, capace di mescolare umorismo, azione e profondità emotiva. In questa ‘rivoluzione adolescenziale’ Peter David, è affiancato dai disegni energici e dinamici di Todd Nauck.
Evoluzione naturale della miniserie JLA: World Without Grown-Ups (scritta sempre da David e disegnata da Nauck), con protagonisti i giovani Robin (Tim Drake), Superboy (Kon-El) e Impulse (Bart Allen), Young Justice vede David e Nauck alla guida per quasi tutta la lunga serie (dal n. 1 al n. 49 su 55, con occasionali fill-in).
Sin dal primo numero, Young Justice si distingue per il tono ironico e la capacità di parlare il linguaggio dei lettori giovani con un David che fa un uso mirato dell’umorismo come strumento per costruire caratterizzazione e per criticare, spesso con affetto, alcuni cliché del fumetto supereroistico.
Con l’aggiunta di nuovi membri come Wonder Girl (Cassie Sandsmark), Secret, Arrowette, e più avanti Empress, il team diviene un mosaico variegato di personalità divergenti, che affrontano tanto supercriminali quanto insicurezze, amori non corrisposti, rivalità e i dilemmi dell’adolescenza.
Young Justice è un classico moderno del comics americano che costituisce, forse, il lavoro più fresco e ‘spensierato’ di David, rivolto principalmente a un pubblico più giovane, ma senza dimenticare i temi profondi che tanto gli sono sempre piaciuti affrontare nei suoi fumetti.
Gli ‘altri’ fumetti di Peter David
Di Peter David bisognerebbe parlare per ore e ore solo per ricordare tutto quello che ha fatto di importante nella sua carriera. Di seguito ho voluto racchiudere un breve elenco di alcune opere (a fumetti) ‘meno conosciute’ ma non per questo meno interessanti dell’autore statunitense.
Per DC Comics:
Fallen Angel (2003–2005): sebbene pubblicata inizialmente da DC, la serie creator-owned fu poi spostata alla IDW. Fallen Angel è un noir sovrannaturale ambientato nella città corrotta di Bete Noire, con una protagonista moralmente ambigua. Considerata da molti una “Supergirl spirituale”.
Star Trek (DC, 1980s–90s): David ha scritto diversi archi narrativi per le serie tratte dalla saga di Star Trek, specialmente su Star Trek: The Next Generation. Lì affinò il suo stile dialogico pungente.
Impulse #50–89 (1999–2002): dopo Young Justice, David scrisse numerosi numeri della serie dedicata a Bart Allen, mantenendo il tono vivace e spensierato ma con uno sviluppo progressivo del personaggio.
Soulsearchers and Company (Claypool Comics): anche se tecnicamente pubblicata fuori dal mainstream, è una lunga serie comico-paranormale che riflette lo humor caustico di David.
Per Marvel Comics:
Captain Marvel vol. 3 e 4 (1999–2004): con Genis-Vell come protagonista, la serie oscillava tra il cosmico, il grottesco e il comico, mettendo in discussione la sanità mentale del personaggio e il concetto stesso di “eroismo”.
The Incredible Hulk: The End (2002): one-shot distopico che chiude in modo tragico e poetico la storia del Golia Verde. David torna su Hulk per raccontarne la solitudine definitiva.
Madrox (2004): miniserie noir che funge da preludio al nuovo X-Factor Investigations. Una delle opere più mature e apprezzate del David anni 2000.
SpyBoy (1999–2004, Dark Horse): serie action-comedy in stile James Bond meets teen drama, con disegni di Pop Mhan. Poco nota, ma rappresentativa della versatilità di David.
Sachs & Violens (1993, Epic/Marvel): miniserie ultra-violenta e provocatoria disegnata da George Pérez. Un mix di pulp, satira e critica mediatica.
Peter David: il vuoto struggente lasciato dall’immortale che ha insegnato a tanti l’arte di scrivere i fumetti
Nella mia libreria, come in quella di tanti altri, Peter David si aggiunge a quella lista di grandi autori che non ci sono più e che hanno lasciato un’eredità culturale immensa ai lettori ma soprattutto a chi lo scrittore lo fa di mestiere. Molti colleghi di PAD sono stati ispirati dalle sue opere e sono diventati sceneggiatori di comics grazie alle sue storie.
Molti autori nel giorno successivo alla scomparsa di David si sono uniti nel ricordo di quello che è stato un autore a cui piaceva parlare del lato fragile dei supereroi e della loro sofferenza, approcciandosi in maniera mai banale. E purtroppo la sofferenza ha contraddistinto anche l’ultimo periodo della vita di David.
Brian Bendis, Mike Deodato Jr., Jim Lee, Todd Nauck, sono solo alcuni dei grandi nomi che hanno voluto ricordare questo scrittore a tratti ‘silenzioso’ ma il cui nome si trova alla voce ‘scrittore’ su diversi albi di comics delle ultime quattro decadi.
Spero che questo speciale sia stato di vostro gradimento. Peter era nato il mio stesso giorno e se ne è andato alla stessa età di mio padre quando è venuto a mancare l’anno scorso. Mi sembrava doveroso approfondire alcuni degli aspetti della carriera di questo mostro sacro della sceneggiatura del fumetto americano, che fino a quando la malattia non lo ha costretto a smettere, ha continuato a fare quello che gli riusciva meglio: scrivere pagine di bellissime storie per far sognare e ampliare l’immaginario di ognuno di noi.
Peter David. Lo scrittore ‘incredibile’.