Una battaglia dopo l’altra – Il lato oscuro e grottesco dell’America

Paul Thomas Anderson torna per raccontare l'America come solo lui sa fare. Tratto dal romanzo di Thomas Pynchon "Vineland", "Una battaglia dopo l'altra" è un capolavoro. Scoprite perché in questa recensione rigorosamente priva di spoiler

Mr. Rabbit

Paul Thomas Anderson è uno dei registi più influenti e rilevanti del cinema contemporaneo americano. Pochi come lui sono stati capaci di raccontare il proprio paese, portare in scena le contraddizioni e i malesseri che ci celano dietro l’identità e la società americana. Pochi registi come Paul Thomas Anderson sono stati capaci di raccontare il lato oscuro del sogno americano. Tanti altri importanti autori, ultimamente, hanno provato a raccontare gli Stati Uniti attingendo a generi differenti.

Alex Garland ha utilizzato la distopia in “Civil War” per profetizzare una guerra civile americana, uno scenario per nulla improbabile. Il regista iraniano Ali Abbasi ci ha raccontato con il biografico “The Apprentice” l’ascesa del mito di Trump e, in generale, come la ricerca ossessiva al denaro nel paese delle grandi opportunità abbia trasformato l’America in un posto oscuro, molto negativo. Brady Corbet con “The Brutalist” usa la storia per raccontarci la difficile situazione di un architetto immigrato ungherese le cui fortune personali e i cui ideali creativi vengono gradualmente ostacolati dal capitalismo americano. Ogni volta sembra di trovarci di fronte al film definitivo, la pellicola che riesce meglio di altre a raccontare il lato oscuro dell’America.

Paul Thomas Anderson, un regista che non cerca consenso

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Poi arriva Paul Thomas Anderson con “Una battaglia dopo l’altra” a sparigliare le carte, e la sensazione di trovarci davanti ad un capolavoro che rischia di oscurare i precedenti titoli che abbiamo citato è molto forte.

Il regista di Los Angeles è un autore che non cerca consenso. In un trentennio ha realizzato dieci lungometraggi senza mai arrivare al massimo riconoscimento per un regista, ossia il premio Oscar per la migliore regia. Eppure di film notevoli ne sono usciti dalla sua creatività. Basti citare “Il Petroliere” (2007) e “Magnolia” (1999) per i quali ha vinto l’Orso d’Oro al Festival del Cinema di Berlino, “Ubriaco d’amore(2002) con il quale ha ottenuto il Premio per il miglior regista al Festival Di Cannes e “The Master” (2012) il film con il quale ha ottenuto il Leone d’argento per la migliore regia alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

L’ispirazione da “Vineland” di Thomas Pynchon

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Questa sua idiosincrasia all’apparire e al consenso l’ha dimostrata anche per “Una battaglia dopo l’altra”. Nonostante un budget investito di oltre 130 milioni di dollari (il più alto stanziato per una pellicola di Anderson), il film non ha beneficiato di nessuna apparizione dei festival di cinema più importanti, nessuna intervista al cast, la sinossi fatta circolare per presentare il film è ridotta all’osso. Una produzione avvolta da un alone di grande riservatezza che non ha fatto altro che aumentare il nostro interesse.

Quello che sapevamo, prima della premiere e delle proiezioni per stampa, è che “Una battaglia dopo l’altra” è un film liberamente ispirato a “Vineland“, un romanzo che Thomas Pynchon ha pubblicato negli USA nel 1990 e che è giunto in Italia edito da Einaudi l’anno successivo. Thomas Pynchon è uno dei massimi esponenti della narrativa post moderna, tanto che molti lo avrebbero insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Pynchon scrisse “Vineland” per voler adoperare una revisione della società americana durante gli anni di Ronald Reagan attraverso la storia di personaggi particolarmente eccentrici. Un libro folle, intriso di satira pungente e da un’ironia corrosiva, difficilmente trasportabile su grande schermo a giudizio di molti.

Paul Thomas Anderson riesce in questo intento considerato impossibile, traslando le vicende narrate in “Vineland” dall’America degli anni 80 a quella Trumpiana contemporanea. Un intento ambizioso che conferma l’attenzione che il regista americano ha verso Pynchon, dal quale ha già realizzato una trasposizione cinematografica dalle sue opere con”Vizio di Forma” che risale al 2014 . Se, però, chiedete ad Anderson cosa lo anima nell’imbarcarsi in progetti così complessi è stratificati vi sentirete rispondere: «Non saprei dire cosa effettivamente sto cercando di raccontare con i miei film. Il mio unico pensiero è quello di essere più onesto possibile nel momento in cui lo faccio».

La trama

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Una battaglia dopo l’altra racconta la storia di Bob Ferguson (Leonardo DiCaprio), un ex militante rivoluzionario che, nel passato, aveva fatto parte di “French 75, una delle tante organizzazioni nate dal basso e pronte a usare metodi molto poco convenzionali per difendere i diritti civili contro il suprematismo bianco e l’ingiustizia politica. Dopo aver abbandonato la lotta attiva, Bob sceglie la clandestinità trasferendosi lontano dai riflettori insieme alla figlia Willa (Chase Infinity), avuta dalla sua ex compagna d’armi Perfidia (Teyana Taylor).

Ma il passato torna a bussare quando riemerge un vecchio nemico: il colonnello Steven J. Lockjaw (Sean Penn), ora leader di un gruppo di suprematisti bianchi. Per Bob non resta che tornare alle armi, spinto da una doppia urgenza: proteggere sua figlia da chi rifiuta ogni unione interrazziale e regolare i conti con il colonnello che da sempre incarna il volto dell’oppressore.

Un cast straordinario

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“Una battaglia dopo l’altra” racconta la parabola di un uomo che, da rivoluzionario dinamitardo e pronto a tutto, finisce per trasformarsi in una sorta di Grande Lebowski impaurito persino della propria ombra. È la storia di uomo che cerca disperatamente di sfuggire a un glorioso ma pericoloso passato, salvo scoprire di esserne costantemente braccato, e che si ritrova costretto, suo malgrado, a ritrovare il coraggio perduto per proteggere la propria vita e quella di sua figlia.

Ad interpretare quest’uomo c’è la straordinaria prova attoriale di Leonardo Di Caprio. Se volete puntare i vostri due centesimi sul secondo premio Oscar all’attore di Los Angeles allora è probabile che non state buttando i vostri soldi. Ma se volete un consiglio per una vincita sicura allora punterei tutte le vostre fiches sull’interpretazione pazzesca di Sean Penn. Il suo colonnello Lockjaw è uomo cinico, apparentemente granitico, ma pieno di fragilità che lo rendono il perfetto specchio delle contraddizioni americane.

Penn scolpisce il personaggio con una precisione maniacale curandone ogni dettaglio, dalla postura del corpo alle espressioni facciali, fino ai piccoli gesti che definiscono l’unicità del personaggio. Non abbiamo dubbi: il prossimo Oscar come Miglior Attore non protagonista sembra già scritto a suo nome.

Viva la Revolucion !

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Sullo sfondo, Paul Thomas Anderson ritrae intere comunità di immigrati messicani perseguitati e costretti a vivere nell’ombra, braccati da un nemico interno che rifiuta la loro semplice esistenza. La loro unica speranza di sopravvivenza risiede nella solidarietà di quei cittadini disposti a offrire protezione come lo scaltro Sensei ispanico Sergio, un maestro latino che insegna arti marziali giapponesi nella California.

In questo ruolo, Benicio Del Toro regala il ritratto di un uomo che appare come un corpo estraneo e, al tempo stesso, profondamente integrato nella complessa società americana: un’incarnazione dissacrante, ironica e disillusa di una contraddizione, quell’identità meticcia che il film celebra e difende contro ogni forma di repressione.

Esistono film troppo lunghi ?

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“Una battaglia dopo l’altra” è il film perfetto da consigliare a chi si lamenta che “oggi i film sono troppo lunghi”. Dal nostro punto di vista non esistono film lunghi o corti: esistono solo film riusciti e film che non lo sono. E le quasi tre ore di pellicola di “Una battaglia dopo l’altra” scorrono via con tale intensità che, anzi, se ne vorrebbe ancora. Merito del ritmo e della tensione costante che Paul Thomas Anderson imprime fin dall’inizio, mantenendo lo spettatore incollato allo schermo. Un battito incessante che trova un sostegno prezioso nella colonna sonora jazz sincopata di Jonny Greenwood, ormai una presenza imprescindibile e un punto di riferimento musicale nel cinema di Anderson.

“Una battaglia dopo l’altra” è un capolavoro

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Non temiamo di esagerare definendo Una battaglia dopo l’altra un capolavoro. Lo diciamo con la consapevolezza che ogni giudizio critico è, per natura, discutibile e aperto al confronto. Ma qui siamo davanti a un’opera che eleva e insieme condensa l’intera carriera da cineasta di Paul Thomas Anderson, forse il più lucido e necessario tra i registi contemporanei.”Una battaglia dopo l’altra” raccoglie e rielabora le linee portanti del suo cinema, restituendole in una forma nuova, più radicale e sorprendente.

È un’opera capace di essere al tempo stesso spettacolare, ironica e profondamente commovente, senza rinunciare a un messaggio di speranza: che l’amore, nonostante tutto, possa aprire un varco nel caos che ci circonda.

“Una battaglia dopo l’altra” è al cinema a partire dal 25 settembre, distribuito da Warner Bros Italia.

Una battaglia dopo l'altra

Una battaglia dopo l'altra

Titolo originale: One Battle After Another
Paese: USA
Anno: 2025
Durata: 162 minuti
Regia e sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Casa di produzione: Warner Bros. Pictures, Ghoulardi Film Company
Interpreti e personaggi:
Leonardo DiCaprio: Bob Ferguson
Sean Penn: col. Steven J. Lockjaw
Benicio Del Toro: Sensei Sergio
Regina Hall: Deandra
Teyana Taylor: Perfidia
Chase Infiniti: Wilma Ferguson
Alana Haim: Mae West
Wood Harris: Laredo
Voto:
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Stanco dal 1973. Ma cos'è un Nerd se non un'infanzia perseverante? Amante dei supereroi sin dall'Editoriale Corno, accumula da anni comics in lingua originale e ne è lettore avido. Quando non gioca la Roma
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