Grazie Chuck !
L’universo sembra avviarsi verso il suo crepuscolo. Devastanti terremoti mutano il volto del pianeta Terra. Una catastrofe dopo l’altra, la California scompare lentamente dalla nostra geografia. Internet cessa di funzionare, le trasmissioni televisive si interrompono.
In un mondo sull’orlo del collasso, cartelloni pubblicitari e spot televisivi resistono all’olocausto e inneggiano ai 39 anni di servizio di Chuck, un uomo dall’aspetto ordinario e rassicurante che nessuno conosce davvero. Eppure l’intero universo sembra consapevole della sua esistenza e della sua importanza tanto da sentirne il disperato bisogno di ringraziarlo.
Chi è Chuck? Qual’è il servizio che Chuck ha onorato in 39 anni di carriera ? Perché, nell’istante in cui tutto sta per finire, il suo ruolo sulla Terra merita di essere celebrato?
Questa è la storia di Chuck.
Contengo moltitudini
«Mi contraddico, forse?
Ebbene mi contraddico
(sono vasto, contengo moltitudini)»[Foglie d’Erba, Walt Whitman]
Se esiste un autore capace di muoversi con naturalezza tra generi diversi, quello è senza dubbio Stephen King. La sua abilità nel fondere stili e linguaggi gli ha consentito di conquistare un pubblico vastissimo, andando ben oltre i confini dell’horror tradizionale.
Di King conosciamo soprattutto la produzione fortemente legata al terrore e al soprannaturale, che lo ha reso uno degli scrittori contemporanei più prolifici e influenti. Romanzi come “Carrie” (1974), “Shining“ (1977) e “It“ (1986) hanno ridefinito i canoni dell’horror moderno. Ma il Re sa incutere paura anche senza ricorrere al soprannaturale: opere come “Misery“ (1987) e “Cujo“ (1983) ne sono la dimostrazione più efficace.
La produzione di King non si ferma al genere horror. Accanto troviamo il King delle distopie, con titoli come “L’Ombra dello Scorpione“ (1983) e “La lunga marcia“ (1979), e il King epico del ciclo de “La Torre Nera“, dove fantasy, western e fantascienza convivono nello stesso romanzo.
Negli ultimi anni, Stephen King ha rivolto il suo sguardo a una narrativa più realistica, priva di componenti magiche ma carica di tensione e critica sociale. Romanzi come “Mr. Mercedes“ (2014), “Chi perde paga“ (2015), “Fine turno“ (2016), fino ai più recenti “Holly“ (2023) e “Never Flich“ (2025), si muovono nel solco del crime e del thriller, denunciando con estrema severità le ombre dell’America contemporanea. In queste opere emerge con forza la figura di Holly Gibney, personaggio a cui King sembra essere particolarmente legato e che continua a sviluppare con grande dedizione.
Tutta questa introduzione è per rimarcare il fatto che se c’è un autore che “contiene moltitudini”, quello è sicuramente Stephen King.
Stephen King non è solo horror
In una (non troppo) piccola nicchia della sterminata produzione dell’autore del Maine ci sono tutta una serie di racconti che presentano una forte componente soprannaturale senza essere horror in senso stretto. tra questi troviamo “22/11/1963” (2011), “Il Miglio Verde” (1196) e il racconto da cui è tratto il film oggetto di questa recensione: “The Life of Chuck“.
“The Life of Chuck” è un racconto breve contenuto nella raccolta “Se Scorre il Sangue” edito in Italia da Sperling & Kupfer nel 2020, che fonde elementi soprannaturali, introspezione e realismo magico. Il racconto è strutturato nei classici tre atti che vengono presentati in ordine inverso, dal terzo atto al primo, come una pellicola che scorre al contrario.
Questa scelta singolare non nasce da un vezzo stilistico ma dal fatto che il racconto è stato sviluppato sulla base di semi germogliati da piccoli dettagli raccolti nel tempo (un cartellone pubblicitario, la vista di un artista di strada che suona la batteria, l’amore per il ballo e il modo come quest’ultimo libera il cuore e la mente). Successivamente King ha raccolti questi semi e li ha legati assieme fino ad arrivare ad un racconto di senso compiuto.
Mike Flanagan e la sua devozione al cinema di genere
Mike Flanagan, sceneggiatore e regista statunitense, è da tempo legato al genere horror e, in particolare, alle opere di Stephen King. La trasposizione cinematografica di “The Life of Chuck” da lui scritta e diretta e per la quale ha già ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura non originale al Toronto Film Festival, non rappresenta il suo primo incontro con il mondo dello scrittore del Maine: Flanagan ha già diretto le versioni cinematografiche di altri due romanzi di King, “Il gioco di Gerald“ (2017) e “Doctor Sleep“ (2019).
Flanagan lo ricordiamo principalmente per averci regalato una serie di show visibili su Netflix tra cui “Midnight Mass” (2021), “The Midnight Club” (2022) , “La caduta della casa degli Usher” (2023) e, soprattutto il ciclo “The Haunting” che porta sul piccolo schermo delle rivisitazioni in chiave moderna di classici del romanzo gotico quali “L’incubo di Hill House” di Shirley Jackson e “Il Giro di Vite” di Henry James.
Una trasposizione fedele del racconto di King
Mike Flanagan non è certo uno sprovveduto. È pienamente consapevole della forza narrativa del materiale che ha tra le mani e sceglie, con intelligenza e misura, di rimanerne fedele sia alla trama che alla struttura. La forma “a ritroso” ideata da King, nata quasi per caso, si rivela maledettamente efficace tanto sulla pagina scritta quanto sul grande schermo.
Per valorizzare e impreziosire un materiale già di per sé potente, senza comprometterne l’impatto emotivo, Flanagan decide nel primo atto di rappresentare il mondo di Chuck attraverso frequenti inquadrature in campo lungo, dove scenari notturni trapunti di stelle creano un’atmosfera magica pur nel contesto apocalittico della vicenda.
La narrazione è affidata a una voce fuori campo che, sebbene talvolta risulti troppo didascalica, contribuisce a conferire un tono fiabesco all’intera storia. Nella versione originale, questa voce appartiene a Nick Offerman, l’attore che interpreta il Presidente degli Stati Uniti destituito nella guerra civile di “Civil War“ di Alex Garland.
Tom Hiddleston e Mark Hamill straordinari
Nel secondo e terzo atto salgono sotto i riflettori due attori straordinari che rappresentano la forza motrice di tutta la pellicola. Tom Hiddleston sveste i panni di Loki ma non abbandona la magia. A lui è affidata la parte di Charles Krantz (per tutti “Chuck”), camicia bianca e cravatta scura, l’incarnazione perfetta del più ordinario dei contabili. Un tipo che non spaventerebbe nemmeno un topolino.
Hiddleston, oltre ad essere un attore straordinario, si dimostra essere anche un formidabile ballerino in una delle sequenze più memorabili del film. Questa è la sua interpretazione della maturità che lo allontana dai toni supereroistici del Marvel Cinematic Universe e lo consegna a ruoli più drammatici.
L’interpretazione che maggiormente ci ha commosso è quella di Mark Hamill. Hamill lo ringrazieremo per sempre per essere stato Luke Skywalker (anche se lui non voglia più sentirne parlare), ma vi emozionerete nel vederlo nella parte di Albie Krantz, il nonno paterno di Chuck, un uomo rigoroso, amante della logica e della matematica, ma anche pragmatico fino al cinismo. Un contabile la cui vita è stata segnata da lutti e da un inquietante segreto custodito all’interno di una soffitta sigillata da un solido lucchetto.
Hamill dimostra di aver raggiunto la sua massima maturità artistica interpretando la parte di un uomo disilluso, una figura affettuosa ma allo stesso tempo contraddittoria. È suo il monologo più bello di tutto il film (e a sua detta, uno dei più difficili della sua carriera), un testamento emotivo che celebra la vita e accetta la fine con dignità. Hamill lo ritroveremo a breve ne “La Lunga Marcia“, altra trasposizione cinematografica di un romanzo di Stephen King.
Sullo sfondo si muove il resto del cast, tutto di altissimo livello che si completa con la presenza di Annalise Basso (protagonista di un passo a due strepitoso con Hiddleston), Karen Gillian, Kate Siegel e Chiwetel Ejiofor.
Il senso della vita secondo Stephen King
«Quando un uomo muore, un’intera biblioteca brucia»
[Stephen King]
“The Life of Chuck” è il senso della vita secondo Stephen King. Mike Flanagan porta in scena il ritratto umanista di un uomo comune, mantenendo lo spirito del racconto originale e, anzi, elevandolo con una messa in scena emozionante e un cast straordinario. La pellicola rappresenta un inno alla vita, una riflessione sulla morte, il tempo e il valore delle scelte personali.
Un film che sottolinea quanto la vita sia breve e fragile, e come ogni istante vada vissuto fino in fondo. È un invito a non voltarsi indietro per recriminare sul passato ma guardare con gioia e ottimismo al futuro. Non conta il fine ma la bellezza del percorso intrapreso.
“The Life of Chuck” è un film bellissimo che vi emozionerà fino alle lacrime e che non dovete perdere per nessun motivo al mondo.
Lo trovate al cinema a partire dal 18 settembre, distribuito da Eagle Pictures.

The Life of Chuck
Tom Hiddleston: Charles 'Chuck' Krantz
Karen Gillan: Felicia Gordon
Kate Siegel: Miss Richards
Jacob Tremblay: Charles 'Chuck' Krantz
Molly Quinn: Madre di Chuck
Mark Hamill: Albie Krantz
Matthew Lillard: Gus
Mia Sara: Sarah Krantz
Chiwetel Ejiofor: Marty Anderson