The Book of Boba Fett – Impressioni sul primo episodio della nuova serie Star Wars

Impressioni a caldo sul primo episodio di The Book of Boba Fett, la nuova serie Disney+ ambientata nell’universo di Star Wars

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The Book of Boba Fett è la serie degli imbarazzi. Non perché sia particolarmente brutta – almeno, la prima puntata, quella che si può attualmente vedere su Disney+ – anzi, la fattura è mediamente buona, un po’ come quella di The Mandalorian, e tutto sommato l’idea di Jon Favreau che supervisiona autori un po’ più significativi chiamati in casa puntata per puntata – qui abbiamo Robert Rodriguez– risulta funzionante.
Oddio, non che si veda molto del cinema di Rodriguez, però in finale abbiamo il solito deserto di Tatooine, atmosfere un po’ western e un po’ Mexica, diverse facce da culo che qui sono aliene, e ci sta.

Però ci sta pure Boba Fett, un personaggio che di base ha sempre funzionato soprattutto per essere un uomo del mistero. Non si sapeva chi era, da dove veniva, dove andava, se fosse stronzo o benevolo, ma per essere un cacciatore di taglie si poteva immaginare che fosse, volendo schedarlo con l’allineamento di un personaggio da gioco di ruolo, un true neutral o al massimo un chaotic neutral. In sostanza, non malvagio ma selfish, che non si fa problemi a uccidere chi lo ostacola e che mette il proprio bene prima di quello degli altri.

Inutile dire che prima della trilogia prequel non potevamo – né, forse, volevamo – sapere che faccia avesse. Io personalmente non avrei nemmeno mai detto che potesse essere un clone, e per quanto ne sapevo sotto quel casco immaginavo una stramba faccia di qualche razza aliena dell’universo lucasiano, più che una umana.
Il suo fascino era affine, se vogliamo, a quello del Wolverine delle origini, del cui passato nessuno sapeva nulla, compreso lui. Ma con la meravigliosa specifica di essere un personaggio secondario, amato oltremisura dai fan, cosa che spesso capita in Star Wars soprattutto per via del merchandise e delle action figure, che alcuni – tipo me – hanno conosciuto addirittura prima di vedere i film.
Quando negli anni ‘80 mi si aprivano allo sguardo le vetrine piene di pupazzetti tratti dalla saga, io non sceglievo mica Luke o Han, che avevano un aspetto ordinario. Sceglievo i bizzarri, i ‘mostri’, ero attratto da Bib Fortuna o dalle Guardie Gamorreane (che tra l’altro qui compaiono, punto in più) e non mi ponevo la minima idea di chi fosse il protagonista, perché tanto sapevo che le storie le avrei create io.
Ecco, l’amore per Boba Fett – che io non ho mai particolarmente avuto – nasce da questo. Era un pupazzo, una action figure fatta e finita anche nel suo tempo su schermo, stava a noi immaginare la sua storia.
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Facendo un paragone con una pellicola relativamente recente, mi piace associarlo al chitarrista/bassista infernale di Mad Max Fury Road. Tutti siamo impazziti nel vederlo sputare fiamme dal manico del suo strumento, anche se più che di un personaggio, si tratta di un magnifico orpello.
Penso che tutti abbiamo immaginato che Boba si fosse salvato uscendo in qualche modo dal ripugnante stomaco del Sarlacc, anche se Lucas – con il suo consueto e adorabile sadismo – continuava a dire che ‘no. V’ho detto che è morto ed è morto. Decido io perché la canzone è mia e perché so’ io che sto a cantà, tiè!’.
Poi però sono arrivati gli anni ‘90, l’universo espanso e i fumetti della Dark Horse, che io ricordo particolarmente bene perché mi mandarono in fissa. È tutta roba fuori canone ma io del canone me ne sbatto il Bantha. Per me è canone quello che me piace. E a me piaceva Dark Empire, con Palpatine che risorgeva clonato – ma non che fa gli scherzi telefonici con la Forza sussurrando ‘Vaffanculo’ in ignoti broadcast nella Galassia come ne L’Ascesa di Skywalker. Clonato bene, con un corpo giovane e fico e tutta una trama strutturata dietro – e Luke che passava al Lato
Oscuro per meglio comprendere le scelte del padre.
E anche il ritorno di Boba Fett. Che si presentava con nonchalance e un’armatura corrosa dai succhi gastrici dichiarando ‘Il Sarlacc mi ha trovato indigesto’, e continuando sostanzialmente a fare il chaotic neutral un po’ stronzo che giustamente era.
Poi è arrivata la trilogia prequel, dove ci spiegano che è un clone e tutto, e gli danno – per traslazione – la faccia di suo papà/clone Jango, Temuera Morrison.
Tra parentesi, in apertura di puntata vediamo una scena tratta da L’attacco dei cloni, quella in cui il piccolo Boba abbraccia la testa mozza del padre morto. Nel casco. Quindi meno trucida di come sembra a dirlo, anche perché idealmente è un passaggio di consegne. Significa che quel casco passa a lui.
Questo è interessante perché mi sembra che da quando è entrata in ballo la Disney si sia sempre parlato il meno possibile della trilogia prequel, meno che mai mostrandone scene. Una sorta di ‘soft retcon’ per cui, anche se quei film non sono stati ufficialmente cancellati, si cerca di accontentare quella larga parte di fan che – come me del resto, ma non per la trilogia prequel che mi piace – si vuol far da sola il proprio canone dichiarando che “i prequel non esistono”. Ecco quello che intendo per imbarazzo. D’altro canto, oggi c’è la tendenza inversa.
Dato che alla fine nemmeno la trilogia Disney ha lasciato tutto questo buon ricordo, in molti hanno denotato la tendenza a parlare poco anche di quella, e addirittura s’avanza l’ipotesi di un’imminente cancellazione ufficiale dal canone. Che sarebbe epocale, dato che, per i film, una cosa del genere non è mai accaduta. L’universo espanso ogni tanto si becca il suo colpo di spugna, ma per quello che riguarda i film, nessuno ha mai cancellato nulla.
bobaBoba Fett, poi, lo abbiamo visto ragazzino in Clone Wars, ed era un bel #fijodenamignotta. Grossomodo coerente con quello che di Boba Fett ci eravamo sempre immaginati. Però erano scene sparse di un’opera corale, e bene o male il personaggio non ne usciva comunque troppo delineato. È bambino. Poi cambia. So’ ragazzi.
Ma qui ci avviciniamo al bandolo della matassa.
Gli imbarazzi.
L’imbarazzo di dover fare una serie che i fan hanno chiesto ma probabilmente non sapevano di non volere.
Una serie dove Boba Fett viene ‘svelato’. Svelato fisicamente, rivelando un’inevitabile aspetto da pelato cicciotraliccio, che è quello di Morrisson oggi. Niente contro i pelati e i cicciotralicci che leggono in questo momento, però se proprio devi togliergli la maschera, almeno che dietro ci sia un fico.
E qui c’è un punto, che è come nei film Marvel: ormai le maschere non vanno più, bisogna far vedere gli attori. Per via dello star system e tutto, quindi come ci siamo detti mille volte ormai i supereroi e i supercattivi trovano il modo di togliersi la maschera appena possibile, però vale pure in Star Wars.
In maniera disfunzionale, oltretutto, perché mentre nei film Marvel ci ritroviamo i faccini candidi dei vari Holland, Evans e Hemsworth, qui ci becchiamo quello un po’ sfatto di un attore neozelandese non così famoso e pure imbolsito. Però Boba non puo’ che essere lui, e per abitudine, ormai, le maschere non ci possono stare.
Quindi il risultato è che Boba, quello vero, nell’iconografia che ce lo ha fatto amare, lo vediamo pochissimo. E non è una gran cosa.
Altro imbarazzo: è buono. Un Neutral Good, quantomeno. Uno che ‘Jabba governava col terrore, io col rispetto’. Ma quando mai? E soprattutto, anche se lo avessero fatto cattivo, mi sarebbe piaciuto? Forse no.
book-of-boba-fett-fennec-shand-empire-magazineA me piaceva proprio non sapere quale fosse il suo orientamento, l’ambiguità e la glacialità della sua mimica che lasciava molto spazio all’immaginazione.
Se poi il punto è che quando diventi protagonista, e vai su Disney+, troppo stronzo non poi essere, allora Boba è in buona compagnia: nel processo di rabbonimento ad cazzum ci sono passati almeno altri due illustri predecessori: Han Solo, con tutta quella storia che non era carino sparare per primi, e Darth Vader, spietato massacratore di pianeti il cui passato rivela un cuore da cucciolotto (e un viso con gli occhietti da cerbiatto, soprattutto). Che ce voi fà, il prezzo del successo.
Ma soprattutto, questa serie arriva tardi. Perché la serie su Boba Fett, maiuscola, c’è già stata: si chiama The Mandalorian.
Perché parliamoci chiaro, Mando incarnava una variante perfetta di Boba, un double, se vogliamo riportare il concetto al mondo delle action figure. Armatura grossomodo uguale ma colori diversi, come He-Man e Faker nella serie dei Masters of the Universe, o Mer-Man e Stinkor.
O addirittura un custom. Cioè, quei pupazzetti basati su pupazzetti già esistenti modificati a piacimento da abili artigiani.
E aveva un vantaggio, Mando. Poteva essere Boba finché voleva – solitario, silenzioso, selfish – ma non essendo Boba poteva scostarsi da Boba rivelando un cuore d’oro nel proteggere il suo Baby Yoda. Restando credibile.
E poi diciamoci la verità, pure la faccia di Pedro Pascal è più gradevole, e infatti mi sono stupito di quanto tempo siano riusciti a tenerla nascosta sotto la maschera con l’espediente del dogma Mandaloriano secondo cui mostrare la faccia in pubblico equivale a quello che è per noi mostrare il cazzo.
Quindi, in sostanza, avendo avuto già il custom potenziato, che ce famo adesso con una serie su Boba che ci mostra un Boba che sembra meno Boba del Boba custom?
È solo la prima puntata e non resta che scoprirlo. Quello che spero è che Boba non ne esca fatto a Fett.
The Book of Boba Fett - Episodio 1

The Book of Boba Fett - Episodio 1

Paese: USA
Anno: 2021
Stagioni: 1
Episodi: 7
Ideatore: Jon Favreau
Interpreti e personaggi Temuera Morrison: Boba Fett
Ming-Na Wen: Fennec Shand
Dove vederla: Disney+
Voto:

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