Mercoledì – Recensione della prima serie TV di Tim Burton

Su Netflix è finalmente arrivata Mercoledì, l’attesissima serie TV dedicata alla piccola della Famiglia Addams. Regista della serie è l’inossidabile Tim Burton, che da subito è parsa come la scelta ideale per questo progetto. Ecco la nostra recensione, ovviamente senza spoiler

recensione mercoledì

She’s Creepy and She’s Kooky.
Mysterious and Spooky: sarebbe un eufemismo dire che WEDNESDAY, la nuova Serie TV Netflix, partiva con basse aspettative, visto poi che andava a coniugare insieme due concetti artistici di non poco conto.
La Famiglia Addams, un universo narrativo che, dalle vignette firmate Charles Addams del 1938, si è poi dipanata in tutti i rami possibili che un franchise possa offrire.
Certo, molti ricordano volentieri il film di 31 anni fa e relativo sequel, ma gli Addams hanno saputo reinventarsi sui medium più disparati, tra televisione, cinema, cartoni animati, videogames, incluso un… flipper, tra i più venduti di sempre.
Quindi un immaginario che, schioccando le dita, è parte integrante della cultura pop, così come lo è quello che è scaturito dallo stile e firma unici di Tim Burton.
Alla notizia che il celebre regista si sarebbe occupato di MERCOLEDÌ, un brivido è corso sulla schiena di molti, sia di piacere, sia di gioia, ma anche di più cinica preoccupazione.
Tutto infatti farebbe pensare ad un incontro deciso dalle stelle, qualcosa che sarebbe sempre dovuto accadere, perché le analogie tra i loro mondi sono inequivocabili.
Ma è anche vero che certi matrimoni possono essere felici sulla carta, però poi è il risultato finale quello che conta, è ciò che arriva sugli schermi, davanti ai nostri impietosi occhi, ad avere l’ultima parola. E in questo particolare caso, quella parola si tramuta in un sorriso.

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Wednesday” è indubbiamente una serie vincente, lo è sotto molti punti di vista, regalando al pubblico un nuovo cult e a Netflix una nuova produzione capace di acchiappare fandom, interesse social e portare attenzione sul proprio catalogo.
Ma è sopratutto il sospiro di sollievo nel vedere Burton e la giovane Addams andare a braccetto a rendere questi otto episodi piacevolissimi da vedere, scorrevoli e capaci di lasciare un pizzico di rammarico una volta terminati, quello stesso che ti prende quando vedi sparire in basso a destra dello schermo la scritta “Prossimo Episodio tra..”.
Indubbiamente, molto del merito va ad un casting strepitoso, a partire dalla protagonista.
Jenna Ortega è, in mancanza di termini più ricercati, perfetta. Il modo in cui incarna questa versione adolescente di Mercoledì, il modo in cui trasmette le vibrazioni che fanno parte del personaggio da sempre, quella sottile unione tra macabro ed ironico, schiettezza e freddezza, oscurità ma con una piccola oncia d’ironia, tutto è ricercato ed appropriato, per restituire al pubblico una ragazzina con un’anima antica come il nero che indossa.

Persino il modo di muoversi, di tenere quello sguardo fisso come a voler sfidare il mondo, le sue convenzioni, lasciando trasparire un velo di arroganza sfidante, ma a cui inevitabilmente non puoi che voler bene, è ipnotizzante, calamita verso lo schermo a cui non riesci a resistere, perché lei è la protagonista e nulla deve potersi permettere di dire il contrario.
Le sue sono orme già calcate in passato, penso a Lisa Loring e Nicole Fugere sul piccolo schermo, e a Christina Ricci per quella che forse (anzi, leviamolo proprio il “forse”) è una delle versioni più amate della piccola Addams, e che inevitabilmente tocca citare.
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Ma ci arrivo dopo, prima lasciatemi applaudire gli altri membri del cast, Catherine Zeta Jones e Luis Guzmán per Morticia e Gomez, che sembrano presi di petto, con qualche ruga qui e lì, dalle vignette originali, da un character design che Burton non ha voluto tradire. E che dire di Fred Armisen come Fester?
Il comedian conosce quanto spazio di manovra possa concedere un personaggio come questo assurdo Zio, e decide di sfruttarlo quanto basta per strappare più di una risata.
Ora, un capitolo a parte dovrei in realtà dedicarlo a Mano, ma insomma… parliamo di una star della mimica, di un accentratore, di un fan favorite come pochi ce ne sono al mondo.
Sapete chi è, cosa fa e quanta forza possa esserci in sole cinque dita, e quando ad un certo punto della serie succede quello che succede, sfido chiunque di voi a non essersi preoccupato anche solo un poco, giusto un piccolo “Eh no, non vi azzardate!” sussurrato sotto voce.
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Facciamo che, come Mercoledì insegna, le emozioni sono il male e non lo diciamo.
A questo punto, applaudita la Famiglia, veniamo ai personaggi inediti, ma se una statuaria, impettita e rigida Gwendoline Christie dirige la Nevermore Academy al centro della storia, sta alla giovane e brillante Emma Myers portare una nota di colore in mezzo a tante ombre, dicotomia perfetta e compagna di dormitorio ideale per Mercoledì, contraltare delle sue stranezze con altrettanto e proporzionale atteggiamento naif, colorato in tinte arcobaleno.
E poi sì, ok, lei, Christina Ricci.
L’allora piccola interprete della Mercoledì di Barry Sonnenfeld ha rischiato di non esserci, come hanno raccontato i creatori della serie Alfred Gough e Miles Millar, perché, oltre all’impegno con un’altra produzione, “Yellowjackets“, c’era anche da considerare che l’attrice era incinta, in quel periodo. Ma Ricci, che con Burton aveva già lavorato ne “Il Mistero di Sleepy Hollow“, voleva disperatamente esserci, anche per regalare al pubblico un cameo speciale, di quelli da “Nostalgia, portami via”.
E difatti eccola, caratterista impeccabile come sempre, con questi occhiali e la parrucca rossa, a muoversi da diligente insegnante per i corridoi della Nevermore, dispensando amorevoli consigli sotto lo sguardo di una fredda e noncurante Mercoledì.
I duetti tra lei e Jenna Ortega sono una sorta di ricercato fanservice che non riesci davvero a criticare, a meno che tu non abbia un cuore, che in effetti sarebbe in linea con le tematiche della serie Netflix.
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Ecco, le tematiche.

Sapete, era qui che il sottoscritto covava un segreto e santo terrore, alla notizia che lo story arc alla base di tutto si sarebbe svolto in questa particolare accademia, a risolvere non so che delitti, mentre la giovane Mercoledì prende coscienza di sè, dei suoi poteri e di alcuni segreti che i suoi genitori avrebbero desiderato rimanessero tali.
Ci siamo già passati no? Non sarebbe la prima volta che viene presa una IP divertente e solare… ok, forse non proprio “solare” in questo caso, e le viene riservato il trattamento “Grim & Gritty”. Tutto viene portato all’eccesso, reso cupo, viscerale, sensuale.
Ci siamo passati con “Riverdale” o, per rimanere su Netflix, con “Sabrina“, dove la volontà di titillare certi oscuri piaceri ha portato, nel caso della streghetta, a cancellazioni violente, e alla cittadina di Archie & Co. a trame oltre ogni ragionevole senso.
Ma era soprattutto il pericolo di una eccessiva drammatizzazione del tutto, di un’oscurità “pesante”, non più dotata della propria, quasi fiabesca, ironia, a far pensare al potenziale tradimento, che poi è un attimo ad alzare le braccia rivolti al cielo in maledizioni varie.
Ed invece Alfred Gough e Miles Millar si sono ricordati di essere stati loro per primi a rimettere mano, una ventina di anni fa, ad un’altra popolare icona americana, presentandola negli anni del liceo, e per dieci lunghe stagioni, portarla ad affrontare minacce e misteri di ogni sorta, ma senza perdere la sua personale luce.
Sì, mi riferisco a “Smallville“.
Ecco, aiutati nella componente artistica e visiva da Tim Burton, i due sceneggiatori hanno qui, felicemente, replicato l’esperimento (incluso mettere vis a vis due diverse performer dello stesso personaggio), mantenendo intatta la natura di Mercoledì, la sua particolare visione delle cose, la sua schiettezza, il suo non avere peli sulla lingua unito ad un cartoonesco senso del macabro, con alcune battute che sono già citazione.
E anche il mondo che le dipingono attorno, è un indovinato incontro tra scrittura di genere e il particolare pollice nero del cineasta, che sa come coniugare tenebra e ordinario, rendendolo a suo modo straordinario, con un peculiare accento grottesco sui reietti, a cui sa sempre come donare il palcoscenico migliore.
Perché Mercoledì Addams non ha bisogno di essere alla moda, lei la moda l’ha creata prima ancora che molti se ne rendessero conto, si trattava solo di sapere come tradurla in modo da rendere l’esperienza seriale invitante per la più larga fetta di pubblico possibile.
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Ecco allora questa Accademia di Nevermore, già frequentata a suo tempo dai suoi genitori, rifugio per tutti i “diversi”, siano lupi mannari o sirene o ragazzine diversamente empatiche, e dove possono sentirsi “normali”, imparando che sta proprio nella loro eccezionalità la chiave per essere accettati da un mondo che sentono come nemico.
Lezioni che Tim Burton ha già magistralmente portato in cattedra più di una volta, e che qui, forte di una rinnovata ispirazione che sa di omaggio, se non proprio di quel budget da grande schermo a cui è abituato, dà libero sfogo a idee ed intuizioni, concetti e soluzioni visive che non ricercano l’oscurità per darsi un tono, ma ne abbracciano i dovuti spiragli, lasciando che la luce attraversi le vetrate quando meno ce lo si aspetta.
E strappando risate e sorrisi come è naturale che sia, non perdendo, neanche per un istante, quella malia che ha reso La Famiglia Addams un Mito davvero senza Tempo.
Ci divertono, vorremmo avere il loro stesso coraggio e strafottenza, la loro ferrea convinzione che la follia vada abbracciata e che il Male è solo nell’occhio di chi guarda.
Rimanendo sempre sè stessi, e lasciando che il mondo ci venga incontro, ma al nostro ritmo, al nostro personale, e strambo, passo di danza (magari scandito dalle note di Danny Elfman). Che gli altri guardino e giudichino pure, dall’alto della loro ordinaria visione delle cose.
Rendendo vincente, di contro, anche la parte Teen di questo Whodunnit.

La Mercoledì di Jenna Ortega è autentica, originale e contraria a quello che la maggior parte delle persone ritiene tacito accordo sociale, ma anche lei, con uno spettro distorto, affronta quelli che sono elementi chiave, come il rapporto con l’ombra di una madre come Morticia.
Un rapporto che non è mai urlato, non è mai sopra righe che non gli competono, eppure è forte, traspare prepotente nei dialoghi tra Ortega e Zeta Jones, con questa ragazza sicura di sè, ma non tanto da non sentire la pressione dell’essere “la figlia di”, come le viene costantemente ricordato. Non è un ostacolo, non è un dramma, ma una lieve increspatura in una impertubabile espressione che inevitabilmente crea empatia col pubblico.
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E quando, per trovare il colpevole, non esita a passare sopra tutto e, sopratutto, tutti (scusate il gioco di parole), non riusciamo a trovarla “sbagliata”, anzi.
Lei è proprio questa, lo è sempre stata e proprio per questo, per quella indovinata grazia che possiedono certi personaggi, le vogliamo automaticamente bene.
È Mercoledì, e ci piace così (ok, la smetto).

Non è detto che non trovi il suo modo di crescere, di conoscere sentimenti che, per quanto ritenuti non necessari, la nostra impara ad accettare.
Ma il tutto è servito da Lurch su un vassoio d’argento, nulla viene esacerbato oltre il ragionevole, mantenendo una eleganza pregevole, ma sempre senza dimenticare il target.
Il Giallo in questione… Insomma, non è certo un mistero alla Holmes, quanto piuttosto alla Addams, tra mutaforma, pedinamenti con demenziali sidecar e complotti vari, e forse, se lo guardate di sbieco, potreste indovinare l’assassino superata la metà degli episodi, per quanti tentativi faccia la trama per depistarvi. Ma anche questa caccia al colpevole, giocata su indizi e prove circostanziali d’ordinanza, rende la visione piacevolissima, scorrevole, giusto per vedere che effetto fa svelarlo alla fine.
Si potrebbe dire che questo genere di trama orizzontale non era strettamente necessario, e forse è anche vero, ma visto come sa creare un certo tipo di collante e come aiuti a portarlo in scena, registicamente parlando, riconosco di averlo trovato in linea con la verve del personaggio, che indubbiamente, tra morte e mostri, tra paranormale, paria e normali, e sovrannaturale, si trova inevitabilmente a suo agio.

L’eredità di Charles Addams è ancora una volta viva e vitale, in totale contrasto col pallore mortifero dei suoi protagonisti, dimostrando la potenza del sorriso anche in moderni tempi nefasti, e che proprio in questo sta la ragione del loro enorme, sempiterno, successo.
Insomma, alla fin della fiera del pellegrino, eravam partiti con torce e forconi pronti, e, per quanto tocchi affrontare il rammarico della stessa Mercoledì, stavolta nessuno verrà messo alla gogna (mediatica o letterale, scegliete voi).
Chi sperava nella sedia elettrica, si è ritrovato con un delizioso telefilm da divano, e chi sperava di augurare la morte ad un non meglio identificato algoritmo, ha deciso che, almeno per questa prima stagione, valeva la pena fargli i complimenti.
Perciò,
get a witch’s shawl on,
a broomstick you can crawl on,
we’re going to pay a binge-watch on,
The. Addams. Family.
SNAP! SNAP!
(se non l’avete letto canticchiando, siete delle brutte persone!)
Mercoledì - Stagione 1

Mercoledì - Stagione 1

Anno: 2022
Paese: USA
Stagioni: 1
Episodi: 8
Ideatori: Alfred Gough, Miles Millar
Interpreti e personaggi:
Jenna Ortega: Mercoledì Addams
Catherine Zeta Jones: Morticia Addams
Luis Guzmán: Gomez Addams
Fred Armisen: Zio Fester
Christina Ricci: Marilyn Thornhill
Victor Dorobantu: Mano
Isaac Ordonez: Pugsley Addams
Riki Lindhome: dott. Valerie Kinbott
Jamie McShane: sceriffo Donovan Galpin
Emma Myers: Enid Sinclair
Hunter Doohan: Tyler
Percy Hynes White: Xavier
Gwendoline Christie: preside Larissa Weems
George Burcea: Lurch
Dove vederlo: Netflix
Voto:

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