Il Contastorie, l’elogio all’arte e alla famiglia

Delicato e sensibilmente attento ai moti dell’animo umano, Il Contastorie si presenta al proprio pubblico in quello che è il tratto distintivo dei suoi due autori, Teresa Radice e Stefano Turconi: l’inconfondibile dolcezza unita ad una strana malinconia in grado di far connettere, soprattutto emotivamente, il lettore ai protagonisti della storia

copertina recensione il contastorie

Una delle più celebri frasi di Umberto Eco recita così: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.» (Perché i libri allungano la vita, La bustina di Minerva, in “L’Espresso”, 2 giugno 1991). E come sarebbe possibile, in fondo, spiegare il potere delle storie in altro modo, un’esperienza così profondamente totalizzante in grado di coinvolgere cuore, spirito e mente in uno spazio all’apparenza tanto piccolo quanto, in realtà, senza confini? 

Difatti, è proprio attraverso la lettura che, spesso, i nostri più intimi desideri trovano soddisfazione, che le avventure che vorremmo vivere diventano concrete, che i sentimenti rivelano il proprio nome. Che, improvvisamente, ciò che accade nella quotidianità assume una colorazione più chiara, netta, quasi tangibile seppur ancora sfumata dall’imprevedibilità infinita della vita.  

Indipendentemente dal fatto che siano racconti, romanzi o fumetti, la loro capacità di irrompere nelle più diverse realtà portandovi una luce che forse prima nemmeno c’era è strabiliante, senza (o quasi) eguali e di questo Teresa Radice e Stefano Turconi si dimostrano ancora una volta ben consapevoli. Il Contastorie, il loro ultimo volume pubblicato dalla casa editrice milanese BAO Publishing, si rivela, infatti, fin da subito un inno a tutte quelle narrazioni universalmente riconosciute come tasselli fondamentali per ogni lettore, ma non solo. Sebbene i capitoli, dieci in tutto, rechino come titoli alcuni dei libri più famosi della storia (anche moderna) della letteratura, uno degli intenti primari dell’opera rimane proprio l’omaggio ad una delle forme d’arte più introspettive esistenti: la lettura. 

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A Rablasinas, il piccolo agglomerato di vite che costeggia il fiume Rio e si sostenta per lo più attraverso la pesca, nell’Amazzonia più intima e selvaggia, Pedro ha imparato il valore dell’attesa, quella sensazione di pacifica tensione che solo un abitante di quelle silenziose e penetranti sponde può conoscere. Terzo di cinque figli, il bambino ha sempre trovato rifugio nelle grandi storie, quelle su carta, scritte nere su bianco e impresse nella memoria della letteratura mondiale da una parte e quelle di Cent (Vicente) dall’altra, il fratello giramondo che lì, in Brasile, non ha mai voluto e potuto mettere veramente radici. Viaggiatore instancabile, ad ogni suo annunciato ritorno seguiva sistematicamente una rapida ripartenza, eppure stavolta qualcosa sembrerebbe essere diverso. Perché Cent non ha avvisato Pedro del proprio arrivo? E se José, il maggiore, avesse sempre avuto ragione? Se Cent, in realtà, non fosse mai stato così affidabile e amorevole come gli eroi dei suoi libri a cui il bambino non ha mai smesso di credere? Per Pedro sta per iniziare l’avventura più sconvolgente mai vissuta, ma il prezzo da pagare potrebbe essere straordinariamente alto. 

Delicato e sensibilmente attento ai moti dell’animo umano, Il Contastorie si presenta al proprio pubblico in quello che è il tratto distintivo dei suoi due autori: l’inconfondibile dolcezza unita ad una strana malinconia in grado di far connettere, soprattutto emotivamente, il lettore ai protagonisti della storia. Fin dalle prime tavole, infatti, colpisce in modo particolare lo sguardo di Pedro, la luce genuina che alla vista inaspettata del fratello emanano i suoi occhi e al contempo l’ombra che si insinua negli stessi quando a scontrarsi con i pensieri più felici è la realtà oggettiva dei fatti. Com’è facile intuire, dunque, sono i rapporti familiari ad essere al centro della narrazione dell’opera ultima di Teresa Radice e Stefano Turconi, conosciuti anche per riuscire a imprimere ai propri fumetti una nota di profonda intimità. 

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Più specificatamente, il focus principale viene fin da subito posto sul legame fraterno in tutte le sue più ampie sfaccettature. Non è solo l’apparente idillio tra Vicente e Pedro a venire scandagliato in ogni sua parte, pur essendo il vero tema centrale de Il Contastorie, ma viene riservato spazio anche agli altri componenti della famiglia, quasi come a voler sottolineare l’eterogeneità di queste ultime. Se da un lato Cent rappresenta quella che oggi verrebbe definita l’anima più ribelle e spensierata del nucleo, alla ricerca perenne di un posto (utopico) in cui stabilirsi, dall’altro José ne costituisce il senso più pratico e responsabile, consapevole che solo lavoro e sacrificio possano stare alla base di una vita possibile e ben organizzata. In mezzo ai due fuochi, il piccolo Pedro: ammaliato dalle avventure di Vicente, ma conscio della necessità della disciplina di José. 

Qui Radice e Turconi fanno nuovamente sfoggio delle proprie capacità, nella sceneggiatura la prima e nel disegno il secondo, riuscendo, nell’economia di uno scritto di poco più di duecento pagine, a rendere reali proprio le complesse dinamiche familiari. E non solo. È l’uomo, nel suo essere un cosiddetto animale sociale, a porsi all’attenzione della narrazione facendo nascere una riflessione affatto banale o scontata: conosciamo davvero chi ci circonda o i nostri pensieri sono solo il frutto di tutta una serie di proiezioni di quello che noi vorremmo vedere nella controparte? Illusione e realtà divengono così il binomio attraverso il quale Pedro comincerà a confrontarsi per la prima volta con il mondo degli adulti, traendone importanti insegnamenti avventura dopo avventura. 

A stemperare le atmosfere fin qui delineate e al contempo a enfatizzare l’evoluzione dei personaggi vi si trova l’aspetto che potrebbe essere definito più ludico della storia: il viaggio. Tramite la volontà del giovane protagonista di scoprire di più circa la vita del fratello, Il Contastorie fa compiere al lettore un piccolo itinerario dell’Amazzonia, illustrandogli la varietà delle specie animali presenti sul territorio e le particolarità che lo stesso presenta, sottolineando come debba essere la natura la vera forza incontrastabile del nostro pianeta.  

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Radice e Turconi perseguono, allora, un doppio fine: quello in un certo senso formativo, volto a mettere tra le mani di chi legge uno strumento di conoscenza ulteriore del mondo, che non vuole però in alcun modo avere la presunzione di essere unico, completo e indispensabile, e quello mirato al più puro intrattenimento, seppur con la peculiarità di non sapersi e potersi fermare sulla superficie sulle cose. Questo dualismo, in qualche modo, viene ripreso anche sotto il profilo grafico del fumetto: alle tavole classiche con i balloon più o meno corposi si alternano, infatti, interi pensieri in prosa riportati sottoforma di diario personale di Pedro, come a voler richiamare la forza e l’importanza dei romanzi citata in apertura. 

Ne Il contastorie arte e formazione si fondono per completarsi vicendevolmente, guidati dal tratto dolce e profondamente evocativo di Stefano Turconi che mostra di nuovo un’affinità unica con la scrittura poetica di Teresa Radice. Una coesione che dura da anni, ma capace di far emozionare come se fosse ancora la prima volta. 

Il Contastorie

Il Contastorie

Autori: Teresa Radice (testi) e Stefano Turconi(disegni e colori)
Formato: 19x26; Cartonato; 208 pagine a colori
Editore: Bao Publishing
Dove trovarlo: Fumetteria, libreria e store online
Prezzo: € 23,00
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Faye V.

Affascinata dalla carta stampata, vivo per combattere lo stereotipo del nerd senza muscoli e del palestrato senza intelletto. Aspetto speranzosa l’arrivo del Dottore e del Tardis.

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