Elemental – È tutta questione di chimica

Elemental di Peter Sohn è la dimostrazione, accademica al punto da poter essere inserita in una tesi, di come Disney • Pixar sappia mischiare, con rara intelligenza, colori ed incanto con tematiche importanti, quelle che solo in apparenza sembrano così lontane dal mondo dei bambini

recensione elemental

“Scienza dei Sentimenti”: ero indeciso tra questo e il titolo che trovate in alto, per questa recensione di ELEMENTAL, l’ultimo gioiello DisneyPixar appena arrivato nelle sale.
Perché quella diretta da Peter Sohn è ancora una volta la dimostrazione, accademica al punto da poter essere inserita in una tesi, di come lo studio d’animazione sappia mischiare, con rara intelligenza, colori ed incanto con tematiche importanti, quelle che solo in apparenza sembrano così lontane dal mondo dei bambini, eppure presentate con una complessa semplicità (o semplice complessità, se preferite) da diventare universali, comprensibili, e da apprezzare a tutte le età.
E quali sono quelle di “Elemental“, nascoste dietro l’idea di Element City, una gigantesca, caleidoscopica città dove convivono tutti gli elementi della Natura, come Acqua, Aria, Terra e Fuoco, e che, guardandola in prospettiva, sembra proprio una delle nostre grandi metropoli (ogni riferimento al melting pot chiamato “Grande Mela” non è casuale)?
La diversità e il diverso, lo scontro tra culture, il rispetto del retaggio e la paura di costruire il proprio futuro, il tutto racchiuso in questa cornice piena di meraviglia animata.
E dire che, dalla campagna promozionale, sembrava che la trama giocasse tutto solo sul rapporto tra questa ragazza di fuoco, Ember, e questo giovanotto interamente composto d’acqua, Wade, due personalità diverse, antitetiche per letterale natura, eppure, in qualche modo, destinate a conoscersi, e forse chissà, sta a vedere che…
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Non fraintendetemi, è così, ma c’è anche molto altro, e non voglio neanche entrare in merito alla stessa promozione del film, non esattamente martellante, accompagnata da una sterile discussione social che sembra battere sul fatto che in America sarebbe un flop al botteghino, a cui fa seguito la cinica considerazione che ormai il pubblico si è abituato a vedere i film Pixar su Disney+ (ma è anche vero che chi è andato a vederlo al cinema, lo ha promosso con calore).
Non è questa la sede, e non è certo mia intenzione fare l’uomo sandwich, in un periodo che comprendo bene essere strapieno di blockbuster.
Ma non posso neanche evitare di dire che “Elemental” è proprio un gran bel film, e si capisce sin dal suo incipit, sin dalle sue prime battute, che la Pixar ha provato ad afferrare nuovamente la sua antica fiamma, e giuro che il gioco di parole è assolutamente voluto.

La pellicola parte infatti con un piccolo prologo, dedicato a Cinder e Bernie Lumen, due emigranti dalla Terra del Fuoco, appena arrivati a Element City dopo una lunga traversata in mare. Ottenuto il visto di accesso, girano a vuoto alla periferia della città, sperando che qualcuno possa affittare loro una casa, ma nulla da fare. Troveranno riparo in un vecchio locale fatiscente, dove alla luce di una fiamma blu, una reliquia del paese natio, daranno vita non solo alla loro famiglia (Cinder è infatti incinta), ma con duro lavoro e sacrificio, metteranno su anche un negozio di alimentari, “Il Focolare”, che col tempo otterrà nel quartiere un discreto successo.

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Salto in avanti nel tempo, e ritroviamo Bernie che, dopo anni di onorato servizio, sta seriamente valutando di andare in pensione, e di lasciare tutto a Ember, la sua diletta figliola, oggi una giovane donna. Un passaggio di consegne messo però in pericolo dalla visita a sorpresa (per usare un eufemismo) di Wade, un sin troppo zelante ispettore comunale di sicurezza, che mette una salata multa al locale, condannandolo alla chiusura. Ma Ember, focosa di natura, non ha intenzione di arrendersi…
Mi fermo qui, non voglio spingermi oltre, ma penso basti per capire quale è uno dei temi portanti di “Elemental“, quale crocevia di culture si nasconda sotto la superficie… elementale dei suoi personaggi, e di quale bel messaggio di speranza possa farsi carico.
Non è un caso, ovviamente: come già avvenuto in passato per altri Capolavori della casa di Luxo, ad ispirare il soggetto al regista Peter Sohn è stata la sua esperienza personale.
Il film è infatti dedicato, sul finire dei titoli di coda, ai suoi genitori, due immigrati dalla Corea che arrivarono a New York negli Anni ’70, e che gestirono una drogheria nel Bronx.
L’idea di poter rappresentare i loro sogni e le loro aspettative di un diverso domani, unito al crescere in mezzo a così tanti linguaggi, culture e piccoli rapporti di buon vicinato da quartiere popolare, lo hanno portato a concepire “Elemental”.
Ed è indubbio che tutto questo lo si ritrovi, intatto, nel film.
Si respira davvero l’atmosfera di un piccolo quartiere etnico, una piccola realtà quotidiana, piena di umanità, seppur declinata attraverso la lente dell’animazione, del fuoco come metafora del temperamento della protagonista e alcune piccole gag d’occasione, scandite da una musica indubbiamente evocativa, che richiama l’Oriente e tutta una serie di precisi influssi e sintonie (in questo, il mio sincero plauso a Thomas Newman, già autore delle musiche di “Alla Ricerca di Nemo” e “Wall-E“).
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Si parla di tradizione, di legami col proprio passato, e di eredità. Si cerca di capire come essere sè stessi e dirlo alle persone che amiamo, anche se sappiamo che potrebbe ferirle.
Si tratta di vedere oltre le evidenti differenze, e trovare il modo di sposarle, perché unendo le forze si riesce anche a trovare la soluzione a problemi solo in apparenza insormontabili, di quelli che ti stringono il cuore.
E l’Amore, sia esso romantico o tra genitori e figli, è sempre il vero reagente, quello che scatena nuove reazioni chimiche, che modifica i componenti al punto da creare qualcosa che prima non c’era.
Il tutto rappresentato da questi due giovani di belle speranze, due “incompatibili” per tanti motivi, non solo per il fatto di essere Fuoco e Acqua, che ti rimangono impressi nell’anima.
Mai stato un romanticone, ma raramente mi è capitato di essere così felice di avere le lacrime agli occhi (non è come credete, però, ma non vi spoilero nulla).
Tutto perfetto quindi? Da doppio pollice alto?
Diciamo di sì, di sicuro uno lo sollevo e col sorriso pieno, ma con un piccolo però: “Elemental” è chiaramente la Pixar che ama raccontare, più che vendere pupazzetti.
Nulla di male in questo, sia chiaro, anzi quando lo studio ha brillato di più, ottenendo la fama che si porta dietro, è stato proprio quando ha pensato prima alla poesia e poi al marketing.
Ma è anche vero che “Elemental” concede poco il fianco alle risate sguaiate e a momenti più mainstream e rilassati, come a sacrificare del potenziale dato dalla complessa vita sociale di una città in cui convivono tante diverse componenti. Se vi aspettate un fuoco di fila di scenette e giochi di parole a profusione su questo, preparatevi a restare un pizzico delusi.
Ma se vi abbandonate alla sua storia, entrate anche voi di petto in questo arcobaleno così pieno di vita, allora sarete ripagati appieno. Perché ci sono dialoghi brillanti, ci sono contrasti, paure e persino momenti di emozione da fiato sospeso, raccontati attraverso due personaggi che sono entrambi specchio del presente, e sui quali si riflette il futuro.
Se ad un certo punto, non vi sembreranno più un fuoco con le gambe, e una pozzanghera semovente, ma due persone umane reali, diverse eppure simili nel cuore, capaci l’una di incantare l’altro con la propria unicità, non è strano, anzi, è perfettamente normale.
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Così come è normale, ma sempre spettacolare, notare e perdersi nella solita cura tecnica della Pixar, attenta nell’uso dei colori, nei riflessi e nei bagliori, sul ricreare certi riferimenti, traslandoli in animazione e metafora, trovando sempre nuove chiavi di lettura, ma senza dimenticare di rendere “vive” e in movimento le fiamme di Ember in ogni fotogramma, o giocare con la luce che filtra attraverso il corpo di Wade.
Con la natura stessa di una città, coi suoi grattacieli, le sue dighe e paratie, e i suoi giardini segreti e i suoi parchi in mezzo al cemento, a fare da sfondo, a creare sospensione e meraviglia, portandosi con sè metafore su metafore, rappresentate al centro da questo fiore di fantasia, la Vivisteria, che riesce ad essere il vero collante di tutto, resistente al fuoco e capace di sopravvivere sott’acqua, un piccolo miracolo che diventa incanto di una delle sequenze più dolci di tutto il film.
È un film positivo, “Elemental“, forse in antitesi col pensiero ora dominante di urlare, di darsi addosso per qualsiasi futile motivo e di trincerarsi dietro convinzioni proprie. La sua è proprio quella positività che fa bene al cuore, che fa emergere sentimento e pensiero, che cerca di portare e coniugare sorriso e bontà, senza mai diventare stucchevole o didascalico, ma cercando sempre di far esultare il cuore dello spettatore, unendo la commedia brillante di “Indovina chi viene a Cena” col disincanto di “Amelie“, come un “Grosso Grasso Matrimonio Elementale” in chiave animata.
Confermando un trend recente che risalta, e del quale la Pixar è sempre stata portavoce, ovvero del potere tonante e travolgente del mezzo.
Si potrebbe questionare sul livello, forse ormai abituati allo “standard” di questo studio (che dopo “Lightyear” è bello vedere non ha perso smalto e voglia di narrare e sperimentare), che magari non spicca in quanto a “sorpresa” come il Pinocchio” di Del Toro, l’equilibrismo stilistico di “Arcane” o dello “Spider-Verse” Sony, oppure ancora il tono adulto, tra serio, faceto e ragionato delle mini di Zerocalcare.
Ma in realtà “Elemental“, con Ember e Wade e la loro azione/reazione (chimica) sono a pieno diritto portavoce del fatto che l’animazione non è un genere da guardare con sufficienza, ma un vero e proprio potenziale espressivo inesauribile.
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Un modo per filtrare, lasciando fuori vane discussioni, la lettura del mondo e delle sue contraddizioni, per raccontare belle storie, con bei personaggi, abbracciando tutti sotto la luce di una piccola e calda lampada da scrivania.
Perciò, se avete voglia di rilassarvi con un bel film, ma non spegnere il cervello e sopratutto il cuore, vi consiglio di non perdervi “Elemental“, perché merita davvero tanto.
Se può servire a convincervi (ok, un po’ da uomo sandwich voglio farlo), prima della pellicola, viene proiettato anche un corto, “L’Appuntamento di Carl“, che segna anche un saluto all’amatissimo vecchietto di “Up“, qui pronto per una nuova avventura della vita, come gli suggerì la sua Ellie in quella dedica, e che non mancherà di colpirvi.
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Perché non importa se siete di quelli che si scaldano per un nonnulla oppure invece affrontate la vita placidi come acque di sorgente, non importa se seguite il vento oppure amiate “cogliere le mele” dal ramo più alto, “Elemental” dimostra che ci sarà sempre qualcosa pronto a farvi “reagire” e a non lasciarvi indifferenti.

Tipo “Farfalla, Tergicristalli, Mezza Farfalla”.. e no, lascio che a spiegarvela ci pensi il film!

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Elemental

Elemental

Anno: 2023
Paese: USA
Durata: 103 minuti
Regia: Peter Sohn
Soggetto: Peter Sohn, John Hoberg, Kat Likkel, Brenda Hsueh
Sceneggiatura: John Hoberg, Kat Likkel, Brenda Hsueh
Casa di produzione: Pixar Animation Studios, Walt Disney Pictures
Distributore italiano: The Walt Disney Company Italia
Doppiatori italiani:
Valentina Romani: Ember Lumen
Anita Patriarca: Ember Lumen (bambina)
Stefano De Martino: Wade Ripple
Serra Yılmaz: Cinder Lumen
Hal Yamanouchi: Bernie Lumen
Francesco Bagnaia: Pecco
Francesco Raffaeli: Clod
Voto:

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