Dylan Dog 666 – Roberto Recchioni, l’Uccisore

L’arco narrativo 666, che ha segnato una vera e propria rinascita di Dylan Dog, si avvia alla sua conclusione: aspettando l’ultimo, attesissimo numero di questa miniserie nella serie, facciamo il punto su questo sorprendente reboot

recensione dylan dog 405
Tanto tuonò che piovve.

È da SPAZIO PROFONDO, il numero 337 della collana Dylan Dog edita dalla Bonelli, che Roberto Recchioni parla e fa parlare di sé: e non solo, purtroppo, attraverso i suoi testi, ma anche sulle diverse pagine Facebook. È stato quindi forse il suo poco tatto verso alcuni lettori, per usare un eufemismo, che è diventato un personaggio che o si odia o si ama: con la conseguenza, nella stolida democrazia dei social, che il giudizio sulla persona si riversi stupidamente sulla sua opera.

L’ALBA DEL FUMETTO VIVENTE

Tutti sanno che Dylan Dog era un sopravvissuto a sé stesso: il personaggio creato nel lontanissimo 1987 da Tiziano Sclavi era diventato in poco tempo una vera e propria icona, perché il suo autore aveva saputo incanalare nelle sole 98 pagine mensili di un fumetto popolare da edicola, ancora considerato in quell’epoca roba per bambini o al massimo bambini cresciuti, le ansie e le paure dell’uomo alle soglie del nuovo secolo, scrivendo un personaggio che era un vero e proprio antieroe pieno di fobie e insicurezze, e che per di più sfruttava l’horror (genere che in edicola si era visto ben poco, anche quello spauracchio delle mamme e dei papà più apprensivi) e le nuove tendenze narrative, dalla citazione al metalinguaggio.

dylan dog 1

Ma si sa, niente dura per sempre. E man mano che la presenza di Sclavi sul mensile andava diradando, per problemi suoi personali e probabilmente per inaridimento dell’ispirazione, il personaggio invecchiava male. In questo modo, rimaneva imprigionato nei suoi clichè: che erano tanti e originali, ma sfruttati in maniera abnorme avevano trasformato l’indagatore dell’incubo in una macchietta, e le sue avventure una serie di coazione a ripetere.

CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NULLA

Era inevitabile il cambio. In tutta la Bonelli, dopo la scomparsa di Sergio, grandissimo imprenditore, geniale narratore e meraviglioso commerciante di nuvole, serpeggiava una malcelata necessità mista a voglia di rinnovamento: caddero quindi tanti tabù, dal colore relegato solo ai numeri anniversario al formato diventato ormai un classico (il formato “bonellide”), fino ai personaggi, alcuni dei quali si porta(va)no dietro decenni di storie. Ma non solo: Zagor, ad esempio, nato nel 1965, non poteva illudersi di continuare a raccontare le sue storie nella stessa maniera dei suoi esordi.

Con Dylan Dog il discorso si faceva però più complicato, perché il personaggio era strutturalmente già postmoderno, con il risultato che svecchiarlo era ancora veramente difficile. Si vede assegnato questo compito allora Recchioni, autore capace di creare atmosfera e di ottimi guizzi narrativi, che inizia la sua supervisione proprio con il citato 337. Ed è da allora che lo scrittore romano promette una continuity più serrata e uno stravolgimento totale del personaggio: cosa arrivata dopo quasi “soli” sei anni, con il ciclo 666 successivo al numero anniversario 400.

I NUMERI DELLA BESTIA

Un ciclo che (finalmente) azzera tutto quello che è venuto dopo il lontano n.1, riportando il personaggio sclaviano alle sue origini: si sa infatti che il buon Tiziano chiamò inizialmente la sua invenzione Francesco Dellamorte, faceva il custode in un cimitero dove i morti avevano l’abitudine di tornare in vita e aveva un assistente che si esprimeva in modo peculiare, solo con grugniti, e solo successivamente arrivarono Craven Road, Groucho, e la targa da indagatore dell’Incubo. Ecco che allora Roberto ha l’intuizione di compiere una sorta di back to the basics all’americana, riportare Dylan Dog in qualche modo al suo stadio originario, rimpastando la materia narrativa, rimodellando i comprimari già presenti assemblati però in maniera differente. Ma soprattutto, cambiando e aggiornando il carattere del protagonista: che torna ad essere, come nelle intenzioni di Sclavi, un antieroe, ma un antieroe del 2020. Perché se trent’anni e più fa era controcorrente non bere, non usare la tecnologia ed essere politically uncorrect, oggi lo è tutto il contrario: ed ecco che allora Dylan Dog beve ma vuole smettere, ha uno smartphone e sa usarlo, non ha peli sulla lingua ma sa scendere a compromessi quando serve.

Proprio in questo sta l’intuizione vincente di Recchioni: aggiornare il personaggio senza stravolgerne i concetti base ma solo lo sviluppo narrativo attuativo.

dyd 404 anna per sempre

Ed il ciclo 666, oggi arrivato al suo quinto appuntamento su sei in totale, lo rende chiarissimo.

L’Uccisore, numero 405 della collana, è la congiunzione tra i primi numeri del ciclo e il traguardo: un numero interlocutorio, che viene dopo lo splendido ANNA PER SEMPRE e fa da ponte all’attesissimo L’ULTIMA RISATA, incastonato perfettamente nel lungo percorso previsto, coraggioso nel suo citare fin dalla copertina il Dellamorte d’origine (in un fotogramma del film capolavoro diretto da Michele Soavi nel 1994, DELLAMORE DELLAMORTE, con protagonista quel Rupert Everett che aveva dato i lineamenti all’invenzione sclaviana) e nel suo proseguire quell’opera di aggiornamento delle prime avventure del detective in giacca nera.

Infatti dal primo dittico post 400, composto da L’ALBA NERA e IL TRAMONTO ROSSO, Recchioni sta attuando un revisionismo artistico e narrativo su Dylan Dog, tenendosi su due binari paralleli, quello della storia editoriale del personaggio e quello più astratto delle sue caratteristiche teoriche e teoretiche. Sta infatti rileggendo, in maniera rispettosa ma allo stesso tempo iconoclasta, le primissime avventure (da L’ALBA DEI MORTI VIVENTI a JACK LO SQUARTATORE, da LE NOTTI DI LUNA PIENA a IL FANTASMA DI ANNA NEVER fino a GLI UCCISORI), riprendendone la trama per usarla come spunto per introdursi nel nuovo mondo del suo protagonista. Ed è curioso vedere come di volta in volta, Recchioni sappia bene quali tasti usare, quali pezzi di trama usare e come introdurla nel nuovo millennio – a volte come semplice pretesto, a volte come introduzione – riuscendo benissimo a restituirne l’aspetto ormai leggendario ma contemporaneamente a rileggerli eliminandone le ovvie ingenuità. Per di più, seguito da un parterre de roi di illustratori: dall’immaginifico, straordinario Corrado Roi (nn. 401-402-406) ad un oscuro, inquieto e inquietante Nicola Mari (n. 403), dal dinamico Sergio Gerasi (n. 404) all’essenziale Giorgio Pontrelli (n.405), per finire con i lavori veramente incredibili di Gigi Cavenago alle copertine, vere e proprie illustrazioni che uniscono l’astrattismo del segno ad una potenza della composizione unica ed inimitabile, partendo dal segno nervoso di Stano per arrivare ad una sintesi personalissima che sfrutta oltretutto al meglio la colorazione.

Tornando a L’UCCISORE, è encomiabile il coraggio con cui Recchioni continua a dissacrare il personaggio di Groucho: complici le matite di Pontrelli, dal segno pulito ma inquieto, la trama ripresa dal n. 5, GLI UCCISORI, esaurisce la spinta narrativa nelle prime 10 pagine, per poi passare con disinvoltura alla trama orizzontale che sta attraversando tutti gli episodi di questa miniserie nella serie, 666. Trama orizzontale che si rivela essere la detection sugli omicidi del misterioso Uomo Che Ride: ormai è chiaro che il killer sia Groucho, ma è interessante sottolineare come il barzellettiere più famoso del fumetto italiano sia un trait d’union tra la narrazione classica e la struttura teorica del ciclo di Recchioni. Infatti, il personaggio viene usato per ricordare costantemente l’altro universo dylandoghiano, quello dell’Old Boy, quello con il personaggio sviluppatosi nei primi 399 numeri: se per gettare le basi di un nuovo multiverso o per qualche altro motivo metaletterario non è ancora stato rivelato.  È per questo che quindi il n. 406, quell’ULTIMA RISATA che chiude il primo ciclo del rigenerato Dylan Dog, è così atteso: per vedere se la fine sarà altissima come l’inizio, e per sapere se abbiamo vissuto un breve ma intensissimo sogno o se il futuro riserva ancora orizzonti sconosciuti per il bell’indagatore.

Fate il vostro gioco.

 

 

Abbiamo parlato di:

Dylan Dog n. 405 - L'Uccisore

Dylan Dog n. 405 - L'Uccisore

Storia: Roberto Recchioni
Disegni: Giorgio Pontrelli, Corrado Roi
Copertina: Gigi Cavenago
Formato: 16x21; brossurato
Pagine: 96, in bianco e nero
Editore: Sergio Bonelli Editore
Prezzo: € 3,90
Voto:

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *