Perché fare una Legge ogni due anni non aiuta l’editoria italiana

Dopo soli due anni dalla precedente, il Ministro della Cultura Dario Franceschini  annuncia una nuova Legge per la promozione del Libro e della Lettura. Déjà vu?

Dario Franceschini
Il Ministro Dario Franceschini

Si è da poco conclusa la XXXIV edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, inaugurato lo scorso 19 maggio e terminato lunedì 23. È dunque il miglior momento dell’anno per parlare dello stato di salute dell’editoria italiana. Facciamo però un passo indietro. Vi ricordate la Legge sul Libro, la Promozione e il Sostegno alla lettura promossa illo tèmpore dal ministro Dario Franceschini?

Bene, dopo due anni buoni dall’entrata in vigore della Legge 151 del 13 febbraio 2020  credo che, ad oggi, gli unici effetti da essa generati siano quelli che si sono abbattuti inesorabilmente sulle già provate spalle dell’anello più debole della filiera, ovvero il lettore/consumatore.

Ricordo che la Legge ha imposto, tra tanti buoni propositi che – in tutto o in parte – tali sono rimasti anche perché privi di significativi stanziamenti (e con la situazione attuale, tra pandemia prima e guerra adesso, reputo difficile che le cose possano cambiare a breve, nonostante la nuova ennesima Legge di cui dirò tra poco), una riduzione forzata degli sconti applicati da chiunque venda libri e perfino albi a fumetti al consumatore finale: dal 15% a non più del 5%.

Ma andiamo con ordine e consentitemi una premessa. I meccanismi di protezionismo hanno sempre avuto corto respiro. Giovano all’attore della filiera che si vuol favorire solo per brevi periodi di tempo, perché solitamente non si tratta di soluzioni strutturali ma di artificiosi cerotti posti su una ferita da arma da fuoco.

Il mercato si evolve, cambiano le filiere, cambiano le abitudini dei consumatori: così come tra la fine dell’800 e i primi del 900 le compagnie che gestivano le diligenze lasciarono il passo alle linee ferrate e il telegrafo si arrendeva alla radio; così come, più di recente, il Videotel (alzi l’anziana mano nerd chi se lo ricorda) è defunto con l’arrivo di Internet e l’E-mail ha ucciso il Fax, l’E-commerce ha prodotto e sta ancora producendo sostanziali trasformazioni al modo in cui ogni giorno facciamo cose: studiamo e lavoriamo (oggi più che mai); prenotiamo e organizziamo una vacanza (con il conseguente diradamento delle agenzie di viaggio); ci spostiamo nelle e tra le città (con Uber e Flixbus – non a caso entrambe bersaglio di ambigue manovre politiche di boicottaggio); perfino fumiamo anzi svapiamo (con la sigaretta elettronica che fa tanto paura alle lobbies dei tabacchi). Per non parlare di Youporn e Netflix che hanno decretato la fine dei videoshop.

Ci pensate se la risposta dei Governi al progresso tecnologico fosse solo proteggere il mercato esistente e ostacolare i nuovi attori? In questo momento mi stareste leggendo su una newsletter arrivata via Fax, l’ultima vacanza l’avreste pagata il doppio o il triplo e…non dimenticate di andare a restituire il DVD o vi applicheranno la penale!

L’E-commerce è una rivoluzione che inevitabilmente causerà (e ha già causato) tante vittime. E la colpa non è certo solo di Amazon. Che, poi, non esiste solo Amazon. Ci sono tantissime aziende piccole e meno piccole che della vendita on-line hanno fatto il loro business, nei settori più disparati e dunque anche nella vendita su Internet di libri e fumetti. Che campano alla faccia di Amazon.

Molte filiere l’hanno capito e si stanno riorganizzando. Le catene di elettronica di consumo fanno quasi tutte vendita on-line a completamento delle attività in presenza, con la possibilità di usare il negozio come punto di consegna e per la consulenza prevendita e l’assistenza postvendita. Perfino l’automotive sta timidamente iniziando a proporre la vendita attraverso la Rete!

E le librerie? Le librerie sopravvivranno – legge o non legge – se diventeranno sul serio (e non a parole) centri locali di aggregazione culturale. Se a servire i clienti ci sarà personale competente ed entusiasta e non gente annoiata. Se gli eventi con gli autori, i firmacopie, le presentazioni, si moltiplicheranno e saranno fruibili non solo a Roma, Torino o Milano. La trasformazione, così come nell’industria esiste la riconversione, è un must: l’unico modo per sopravvivere, non c’è Legge che tenga.

Alcune librerie/fumetterie l’hanno capito. Quelle gestite da professionisti dall’occhio lungo sanno bene come va il mercato, si sono adattate e lavorano. Con difficoltà, ma lavorano. Mettendoci sempre lo stesso entusiasmo del primo giorno in cui hanno aperto la saracinesca. E queste perle rare (perché tali sono) sono premiate dai lettori, che preferiscono spendere qualcosina in più ma scambiare quattro chiacchiere con chi ci lavora o con altri avventori, perché sanno che troveranno un ambiente accogliente e confortevole. Alla faccia di Amazon, di nuovo.

Ma non basta. Se si vuol intervenire sulla filiera (e BISOGNA farlo), lo si faccia con competenza e non con sostegni estemporanei che lasciano il tempo che trovano. Si agisca sulle case editrici, sulla distribuzione. Si cerchi di equilibrare il peso degli attori nella filiera Iniziando con l’affrontare, ad esempio, l’annoso problema del conto vendita, la gestione dei resi e tutte quelle anomalie che creano aberrazioni sconcertanti.

Perché – mi sembra quasi stupido doverlo scrivere – se manca il lettore/consumatore, quindi la domanda, inevitabilmente l’offerta ne soffrirà. Lo Stato deve farsi portatore di nuove istanze che mirino a far leggere di più gli italiani, si dice. Ma servono soluzioni solide, strutturali, di ampio respiro, che tocchino altri settori (ad iniziare dalla scuola), che siano di vero stimolo alla lettura.

Le misure a sostegno dell’editoria introdotte (o reiterate) dalla Legge di bilancio 2022 assegnano fondi ai musei, al cinema, alle biblioteche, alle librerie (tax credit), ai lavoratori dello spettacolo, alle fondazioni liriche, agli archivi, all’editoria. Tutto sacrosanto (più o meno). Ma sono sufficienti? Probabilmente, se chiederete agli assegnatari, risponderanno di no, che non basta, che è sempre troppo poco. Forse è così o forse no. Non sono in grado di giudicare perché bisogna essere dentro ai settori interessati per poterne comprendere bene le dinamiche. Ma distribuire denaro a pioggia non è mai LA soluzione ai problemi. Perchè poi i soldi finiscono e i problemi rimangono.

Il mio giudizio da consumatore/lettore/spettatore è che se non si fa qualcosa ANCHE per ridurre il mero impatto economico dell’acquisto di un bene, quest’ultimo, con il potere d’acquisto che viene eroso sempre più e con l’inflazione che cresce mentre i salari stagnano, verrà acquistato sempre meno. Perché quando la coperta è troppo corta, PRIMA vengono i beni di prima necessità, POI tutto il resto.

E noi che facciamo? Facciamo la Legge 151/2020. Ma non basta: Franceschini, 29 marzo 2022:

«90 giorni nelle sale cinematografiche prima di andare sulle piattaforme».

Come se questo risolvesse il problema del calo degli spettatori nei cinema. Io, se non sono particolarmente attratto da un film, non lo andrò a vedere neanche se in sala ci resta sei mesi. Aspetterò con pazienza che arrivi su una piattaforma di streaming e poi, forse, lo vedrò lì. Ma se il mio hype è alto, lo andrò a vedere il più presto possibile. Poi, casomai, lo rivedrò anche in streaming.

Eh ma così al cinema finiscono solo i blockbuster! Può darsi, non credo. Ma davvero pensiamo che l’appiattimento culturale lo risolviamo con queste soluzioni da quattro soldi? Questo è un problema molto più complesso, non riguarda solo cinema libri e TV. Un Popolo che vuole bene a sé stesso lo dovrebbe affrontare seriamente, organicamente, a 360 gradi, a partire dalla scuola (repetita juvant). Ma qui tocchiamo questioni complesse, che richiedono pianificazioni di lungo periodo, che un politico che ragiona per orizzonti elettorali di pochi anni non sempre desidera affrontare come dovrebbe.

E così arriviamo, finalmente, all’ultima edizione del Salone del Libro, dove ha partecipato anche il Ministro Franceschini, il quale ha dichiarato:

«Stiamo completando il percorso di approvazione della Legge per la promozione del Libro e della Lettura, che sosterrà tutta la filiera. Abbiamo predisposto un testo che aiuta tutta la filiera del libro ed è stato completato e inviato dal mio Ministero al Ministero dell’Economia per la copertura e alla presidenza Consiglio dei Ministri. Vorrei che questa legislatura si chiudesse con l’approvazione di questa legge – e ancora – I dati che riguardano il settore dell’editoria sono confortanti. Il lockdown ha riavvicinato le persone ai libri, alla lettura e ai consumi culturali, mi aspetto una grande crescita».

Quando ho letto le dichiarazioni del Ministro sulla nuova Legge ho pensato di aver sbagliato. Che forse stavo leggendo una dichiarazione vecchia di un paio di anni. Invece no. È proprio un’altra Legge sulla promozione del Libro e della Lettura. Dopo due anni dalla precedente! Un po’ come le pubblicità dei detersivi: Nuova formula!, Colori più brillanti!. Evidentemente quelli venduti prima non erano poi tanto buoni.Vale lo stesso per le Leggi?

A questo punto, mi auguro che la nuova norma contempli interventi di lungo respiro. Con obiettivi a medio-lungo termine che davvero, una volta per tutte, annullino i disequilibri che hanno pesanti ricadute anche sul lettore, che vede aumentare il prezzo di libri e fumetti quasi di mese in mese (complice l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime).

Perché è vero che il lockdown ha riavvicinato le persone alla lettura. Ma, grazie al Cielo, la piaga  del Covid forse ce la stiamo lasciando alle spalle. E le buone abitudini si rischia di metterle da parte,  quando si è distratti da un pieno di benzina che costa un terzo in più di tre mesi fa e una bolletta del gas con cifre a tre zeri.

Ah, per la cronaca, la Legge Franceschini (quella vecchia, non la nuova che sbianca di più) prevedeva, a compensazione della riduzione degli sconti, una card da cento euro per i lettori in difficoltà economiche. Qualcuno l’ha vista?


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