L’incredibile storia di Battlezone e del Bradley Trainer

C’è stato un tempo in cui una tecnologia sviluppata per essere utilizzata in sala giochi finì per essere sfruttata… dall’esercito degli Stati Uniti! In questo nuovo episodio di Passione Arcade ripercorreremo la nascita del Bradley Trainer e del primo videogioco FPS 3D della storia, chiamato Battlezone

copertina passione arcade battlezone

Con buone probabilità a molti di voi sarà giunta all’orecchio la notizia che diversi oggetti di uso quotidiano derivino da tecnologie sviluppate dalla NASA per le missioni spaziali. Basti pensare alle lenti antigraffio o alle fotocamere dei cellulari; ma c’è stato un tempo in cui una tecnologia sviluppata per essere utilizzata in sala giochi finì per essere sfruttata dall’esercito degli Stati Uniti.

Quella che state per leggere è la storia della nascita del Bradley Trainer, ovvero il modulo di l’addestramento dei piloti di carro armati, e indovinate un po’ a quale società venne commissionato? Alla nostra cara Atari.

Tutto ebbe inizio ne 1980, quando ad un giovane programmatore di nome Ed Rotberg venne proposto di lavorare ad un nuovo progetto, un videogioco in 3D.
Avendo lui ricevuto le sue prime nozioni di 3D all’università del Michigan dall’allora studente Jim Blinn (importante informatico americano) non poté che accettare; ci vollero ben 15 mesi di lavoro prima che il progetto potesse vedere la luce, ma quello che ne uscì fu il primo videogioco FPS 3D della storia, chiamato Battlezone.

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In questo videogioco, con visuale in soggettiva, siete al comando di un carro armato futuristico, la cui missione è quella di distruggere tutti i mezzi che gli si parano davanti.
Oltre alla vostra arma principale, avrete a disposizione una radar che aiuterà ad individuare i nemici corazzati.

Una delle cose che resero unico e innovativo per l’epoca questo videogioco, fu certamente la grafica wire-frame vettoriale (tranquilli, non fatevi spaventare da questi termini, possono sembrare parole troppo tecniche ma cercherò di spiegarvele in maniera semplice).

L’utilizzo della grafica Wire-Frame vettoriale permetteva di realizzare immagini in 3D rappresentandone solo i contorni con una altissima definizione.
Infatti a schermo non erano visibili i pixel come nei tradizionali videogiochi a grafica raster o bitmap, ma linee ben definite, caratteristica peculiare della tecnologia vettoriale.

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Per comprendere meglio questa importante differenza, immaginatevi un semplice triangolo, con la tecnologia bitmap questo verrebbe rappresentato a schermo come un triangolo composto da tanti piccoli
gradini (tipo le piramidi Maya), ma nella grafica vettoriale questo triangolo verrebbe rappresentato con linee nette.
Sono sicuro che con queste immagini comprenderete ancora meglio di cosa sto parlando.

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Tecnologia bitmap

Grafica vettoriale

 

Ad ogni modo il videogioco di Battlezone non suscitò interesse solo grazie alla sua grafica, ma anche per il suo incredibile cabinato arcade.
Un mobile dotato di un periscopio in cui guardare dentro per poter giocare, e un control panel che presentava due joystick posti uno di fianco all’altro, che avevano il compito di controllare singolarmente i due cingoli del carro armato.

Anche in questo caso, come in molti arcade dell’epoca, nonostante il gioco fosse in bianco e nero, si vollero utilizzare delle pellicole di acetato colorate (verde e rossa) per “ingannare” l’occhio e rendere l’esperienza di gioco più accattivante.

Insomma stiamo parlando di un gioco che ebbe un incredibile successo, pensate che ne vennero prodotte circa 15000 unità ed è forse per la sua grande diffusione che qualcuno si interessò a questo videogioco vedendone del potenziale per altri scopi.

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Una delegazione dell’esercito degli Stati Uniti andò in Atari per proporre la produzione di una applicazione molto simile a Battlezone.

Il loro obbiettivo era quello di trovare metodi alternativi per poter addestrare i nuovi piloti dei carri M2 Bradley. Dopotutto poter ridurre le esercitazioni sul campo voleva dire risparmiare parecchie migliaia di dollari dei contribuenti (avete idea quanto costino le munizioni di quei bestioni?).

Se il progetto fosse andato a buon fine, Atari avrebbe riempito le sue casse ed è per questo che, dopo essere riusciti a convincere un team di sviluppo a lavorare a questo progetto, accettarono la proposta dell’esercito.

Tuttavia per un brand come Atari, che si rivolgeva soprattutto alle famiglie, lavorare nel settore militare poteva voler dire sia un ritorno negativo di immagine, sia uno stravolgimento degli equilibri interni,  quindi decisero che commercialmente si sarebbero occupati della sola fornitura dei mobili, mentre tutto il resto sarebbe stato realizzato da una società esterna (ma sempre di proprietà di Atari).

Facciamo un piccolo passo indietro: nel paragrafo precedente ho scritto “dopo essere riusciti a convincere un team di sviluppo…”, perché nel momento in cui decisero di affidare il progetto al team di sviluppo, Ed Rotberg che ne faceva parte, mostrò diverse riserve.

Essendo lui pacifista, non voleva partecipare ad un progetto che contribuisse all’addestrare persone ad uccidere, ma il fatto che ci fossero diverse pressioni dall’alto e le rassicurazioni che lui non avrebbe avuto nessun tipo di coinvolgimento una volta ultimato il lavoro, gli fecero mandare giù la pillola.

È curioso come altri colleghi di Rotberg considerarono questo incarico, ovvero, un modo per fare sì che i soldati non perdessero la vita difendendo il loro paese.

Durante lo sviluppo le modifiche apportate su Battlezone furono diverse, venne aumentata notevolmente la difficolta (dopo tutto in battaglia chi sbaglia muore, non ci sono seconde possibilità), il design dei mezzi venne reso più simile a quelli presenti nella realtà, il comparto bellico venne adeguatamente adattato alle dotazioni del M2 e infine i joystick sul control panel vennero sostituiti da una cloche che aveva il compito di muovere il cannone nelle quattro direzioni (il movimento del mezzo venne messo da parte).

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A questo punto della storia molti di voi si chiederanno quante unità del Bradley Trainer vennero prodotte…

Beh in realtà non ci sono informazioni certe a riguardo, c’è chi pensa che ne siano state prodotte diverse unità in segreto (dopo tutto parliamo dell’esercito degli Stati Uniti) ma è più probabile che, come sostiene Ed, siano stati costruiti solo un paio di prototipi, uno dei quali rinvenuto nel 2003 vicino ad un cassonetto della spazzatura, e che alla fine non se ne sia fatto più nulla.
Una cosa però è certa, Ed Rotberg, nonostante non ne vada fiero, era realmente coinvolto in questo progetto e in diverse interviste ha dichiarato che i mesi passati a svilupparlo sono stati i peggiori della sua carriera in Atari.

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Era il 1981 e tutto questo accadeva durante la golden age degli arcade.

Voi avete mai giocato a Battlezone? avevate mai sentito storie di questo tipo? Fatemi sapere la vostra nei commenti.
Io, sono Mike e vi do appuntamento alla prossima settimana con un nuovo articolo di PASSIONE ARCADE.

 

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Arcade Mike

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Io? sono Mike! cresciuto a pane e videogiochi non perdo occasione per infilare qualche monetina in un vecchio cabinato arcade facendomi rapire dalla storia che queste macchine sono ancora in grado di raccontare.

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