L’alba Mutante di Jonathan Hickman

A sei mesi esatti dall’arrivo della Dawn of X in Italia, facciamo il punto della situazione sulla via indicata da Jonathan Hickman per i Mutanti di casa Marvel, finalmente tornati sotto la luce dei riflettori

speciale hickman
Il mondo del fumetto è così: in un certo momento sembra che tutto dipenda da una certa notizia, fai passare un po’ di tempo e nessuno neanche se ne ricorda più. Sarà il consumo forsennato, sarà il ritmo sciocco e sinusale dei social che detta il tempo della fruizione culturale, ma è così: chi parla adesso di come stavano messi i mutanti solo un anno e mezzo fa? Di più: chi parla più dell’immenso affresco creato da Jonathan Hickman solo nel 2019? Dawn Of X ha in qualche modo riscritto la grammatica mutante e seriale, troppo velocemente ci si è dimenticati del lavoro immane che l’autore statunitense ha fatto per la Marvel, un world building che ha riguardato anche l’etica e la filosofia delle storie mutanti ma che ha ristrutturato e mostrato come si può, e forse si deve, costruire un albo a partire anche dal comparto grafico (opera qui di Tom Muller).

VECCHI NUOVI MUTANTI

La cosa straordinaria è che Hickman non solo ha salvato dall’oblio una serie, ma un intero brand narrativo di cultura popolare: non è un mistero che gli X-Men, da padroni assoluti della narrativa seriale in fatto di vendite e qualità per oltre trent’anni, erano diventati l’ombra di loro stessi all’affannosa e vana ricerca di riabbracciare un passato che non si riusciva né ad imitare né a superare.

Certo è che la storia editoriale dei mutanti creati da Stan Lee ma plasmati da Chris Claremont è costellata da successi: gli X-Men come intesi dallo scrittore britannico, con fortissimi echi scespiriani e agganci alla cultura e alla socialità contemporanea, sono stati per tantissimo tempo un baluardo del fumetto seriale di qualità, perdipiù dettando regole e toni da seguire, creando mode e regalando momenti epici e drammatici, intensi e di altissima latitudine emotiva. Saghe monumentali e labirintiche, trame complete stratificate, metafore più o meno velate: tutto in un fumetto che è stato il trait d’union tra pubblicazioni mainstream e underground, modello narrativo inarrivato per come ha saputo produrre pagine tra le più importanti del fumetto moderno e creare storie talmente seminali da essere prese a modello per alcuni tra i film di fantascienza più importanti della storia (ALIEN, ma anche TERMINATOR e STAR WARS). Si diceva, una metafora sociale e politica così potente da non sopportare e non reggere storie semplicemente superomistiche, necessitando di mantenere la linea editoriale di un sottotesto così forte e straripante da non poter e dover essere meno che eccellente. Dopo Claremont, a portare avanti la baracca sono stati alcuni tra i nomi più importanti e le penne più esplosive del fumetto americano, come Scott Lobdell, Fabian Nicieza, fino al geniale Grant Morrison che ha innervato nella storia tematiche e spunti post-punk abbracciando trame di grande sensibilità e fortissime suggestioni politiche.

Insomma ci voleva l’arrivo di un autore vasto e forte come Hickman per inserire nelle storie spunti altrettanto importanti, che straripassero dalla normale e comune concezione del fumetto di supereroi. Gli X-Men sono un vero e proprio serbatoio di personaggi e relazioni interpersonali tale da poter essere specchio di noi stessi: un sottobosco letterario vastissimo che, se usato malamente, porta – così com’è stato in effetti –  a storie con ambizioni più grandi di loro stesse o che sono solo la pallida ombra dell’essenza dei personaggi.

x-men

Hickman ha scritto e scrive di suo pugno la testata ammiraglia (X-MEN, senza quell’Uncanny che se da una parte suona ingombrante, dall’altra però riecheggia un passato glorioso) e parti alterne di NEW MUTANTS: mentre sul restante parco testate (X-FORCE, MARAUDERS, EXCALIBUR, WOLVERINE) appare solo come “Capo di X”. Vediamo come e perché.

QUESTA FORZA SCATENATA

I Nuovi Mutanti hanno una storia lunga e complicata, alle spalle. Creati da Chris Claremont nel lontanissimo 1982, furono una delle primissime serie spin-off a gemmare da un’altra di enorme successo: all’epoca, la Uncanny dello stesso X-Chris era un best seller assoluto, e la Marvel chiese allo scrittore di varare una nuova testata con protagonisti i mutanti. Nacque così New Mutants, inizialmente disegnata da Bob McLeod ma poi esplosa con le eccellenti matite di un Bill Sienkiewicz all’apice della sua maturità artistica. La serie continuò con alterne fortune finchè con il n.100, uscito in un periodo nel quale sui fumetti Marvel spopolavano i personaggi con grosse spalline, pistole ancora più grosse che sfidavano la legge di gravità e pose iperplastiche, le redini della testata furono affidate in toto a Rob Liefeld (che delle spalline & pistole era uno dei principali artefici) il quale cambiò il nome della testata trasformandola in X-Force. Il cambiamento non era solo formale, ma anche sostanziale: se i New Mutants portavano avanti la filosofia del Prof. Xavier del palmo aperto e della convivenza pacifica tra specie differenti, X-Force era invece una sorta di forza d’assalto che predicava bene e razzolava male, con il loro pugno chiuso.

new mutants

I New Mutants scomparvero quindi come gruppo ma non come testata, riapparendo sporadicamente in miniserie e serie più o meno longeve ma di scarso successo: la revamp di Hickman è quindi forse la prima che rimette al centro dell’attenzione gli (ex) giovani mutanti, riprendendo quasi gli stessi protagonisti (Mirage, Karma, Wolfsbane, Magik, Cannonball, Sunspot) e aggiungendo altri mutanti che in passato avevano militato in diverse formazioni “giovanili” (Mondo, Cypher, Chamber, Corazza). In più, il Capo di X decide di strutturare la sua New Mutants in maniera originale quanto semplice: archi narrativi alternati tra la storyline riguardante proprio i Nuovi Mutanti storici, scritta da lui stesso e nella quale i ragazzi si trovano dispersi nello spazio; e un’altra con protagonisti i giovani mutanti che abitano sull’isola di Krakoa e fino ad oggi apparsi solo come coprotagonisti qua e là in diversi titoli (come Becco e Angel), scritta però da quell’Ed Brisson che aveva dato ultimamente buona prova di sé proprio su una passata testata di X-Force.

new mutants 1

Il risultato è un mix sorprendentemente fresco e affascinante: ovviamente, la parte scritta da Hickman è la migliore, per impostazione narrativa e per un apparato grafico curato da un Rod Reis che ricorda sempre più il Sienkiewicz anni ’80. Personaggi perfettamente definiti, dinamiche da scoprire, un tono da sit-com surreale che sorprende, ma che rende la lettura incredibilmente scorrevole e agile nonostante l’autore non rinunci a colpi spiazzanti e inquietanti – come la sottotrama riguardante Cypher. D’altro canto, la parte scritta da Brisson sceglie una strada più teen e forse più ingenua: le matite di Marco Failla si adeguano, ma ovviamente viene voglia di avere più spazio per i real New Mutants.

NON UNA DI MENO

E X-Force? Anche lei presente all’appello, testata che nel corso degli anni, a partire dalla genesi che abbiamo visto opera di Liefeld, ha sempre ospitato le gesta di una task force mutante che non disdegna di usare la violenza. Il gruppo al centro della pubblicazione ha vissuto varie trasformazioni che hanno tenuto banco su diverse successive incarnazioni della testata: da quella originaria di Liefeld, capeggiata da Cable e che fiorì da lì  a poco con le trame di Nicieza, alla seconda nella quale si unì Wolverine (parliamo degli anni 2000, del crossover Messiah Complex, di Craig Kyle e Christopher Yost come autori); dalla formazione ideata per intrecciare la serie con quella dedicata a Cable, scritta da Simon Spurrier e Rock-He Kim fino al capolavoro firmato Rick Remender e Jerome Opena. Arrivando così alla mutazione più recente, quella dell’Alba di Hickman, che vede in consolle di comando Benjamin Percy ai testi e Joshua Cassara ai disegni.

Va detto che storicamente X-Force è la testata che non conosce mezze misure: o capolavori (come con Remender) o fallimenti (gestione sbiadita quella di Kyle, illeggibile di Spurrier), ed è per questo che l’ennesima variazione sul tema lasciava perplessi e dubbiosi sulla sua riuscita. E invece Hickman ha vinto: la sua squadra d’assalto è raccontata in storie legate a filo doppio con l’attuale continuità mutante, raccontando a volte gli stessi avvenimenti visti altrove ma da punti di vista differenti. Si allarga allora l’orizzonte su Krakoa, se ne approfondisce la geografia, si conoscono meglio gli abitanti con le grotte, gli anfratti, i misteri: la X-Force di Percy è classicamente mutante fin quando si tratta d’intessere enigmi e disseminare tracce su un’immanente che sovrasta tutto, ma riesce ad essere una serie all-action quando sceglie i membri della squadra (con una formazione fluida, ma che vede fissi l’immancabile Logan, Domino, Kid Omega e Sage) e l’inserisce in trame di ampissimo respiro, recuperando appieno quel gusto anni ’90 tipicamente claremontiano, dove la trama si dipanava attraverso i personaggi e i personaggi evolvevano e vivevano attraverso gli accadimenti, in una struttura narrativa circolare ma efficacissima.

x-force

Il tutto, servito da Joshua Cassara che potrebbe essere la vera sorpresa della DAWN OF X: il suo tratto è ora nervoso ora preciso, perfettamente esaltato dai colori di Dean White, ed è la propaggine perfetta per le trame labirintiche e complesse dello scrittore, restituendo personaggi classicissimi (come Forge, lo stesso Wolverine, il recuperato Gateway) che sembrano respirare di nuovo.

QUALCOSA DI VECCHIO, QUALCOSA DI NUOVO

Se con New Mutants e X-Force Hickman si è limitato a riprendere e dare nuova linfa a squadre e testate già esistenti, è con Marauders (di Gerry Duggan e Matteo Lolli) che si è spinto un passo più in là: la serie infatti presenta un team nuovo di zecca con un concept ben delineato che sembra nascere in maniera molto naturale dalla trama portante, ovvero la nazione mutante di Krakoa.

marauders

I Marauders sono in pratica una ciurma piratesca composta da Tempesta, Pyro, Colosso e Alfiere, finanziati dalla Regina Bianca Emma Frost e guidati da una rinata Katherine Pryde. E attenti a non chiamarla (più) Kitty: la Shadowcat scritta da Duggan è una donna cresciuta e maturata, che è passata incredibilmente (quasi) indenne attraverso morti e dolori e adesso reclama il suo posto fra i grandi. Graficamente, il bravissimo Matteo Lolli fa un lavoro di fino: rielabora i personaggi e li fa suoi mentre sa allo stesso tempo lasciarne i tratti distintivi fondamentali. Il suo segno pulitissimo e chiaro delinea alla perfezione le trame solari di Duggan, ma sa farsi nervoso quando la trama vira sul mistery.

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Marauders è infatti il vero asso nella manica del pacchetto: a metà strada tra l’avventura picaresca, la commedia romantica e il noir, il titolo pesca a mani basse dal ricchissimo passato mutante di storie e misteri, ripescando temi, tematiche e personaggi e creando ex novo situazioni appassionanti e affascinanti. Senza disdegnare neanche felici outing caratteriali e colpi di scena mai banali (anche qui, basti dire del mistero su Kitty e la vera natura dei suoi poteri…). Insomma, Marauders è la testata che più si fa notare per la sapienza e l’intelligenza con cui miscela passato e futuro in un mix avvincente e solare.

LA NUOVA ALBIONE

Ricordate una delle serie più innovative e attraenti e ben disegnate del parco testate mutanti anni ’80? Si, proprio l’Excalibur di Chris Claremont (sempre lui…) e disegnata in parte da Alan Davis – più avanti anche scrittore con buona prova -, che prese il via dal Massacro Mutante. Una serie che da eccellente divenne sufficiente e poi mediocre per poi sparire per tanto tempo, finché Jonathan non ha deciso di riprenderla e inserirla nel suo X-orizzonte: ma questa volta la crew è pressocchè totalmente nuova, a partire proprio dal leader Capitan Bretagna. Via Brian Braddock, allora, e dentro la sorella Elisabeth, prima Psylocke, poi scissa in due (mente nel corpo di Kwannon, affascinante ninja asiatica, e corpo occupato dalla mente di Kwannon… sì, storia complicata, ma un’altra storia. O no?) e ora in formissima e nuovamente con il look originario per prendere su di sé l’investitura di cavaliere d’Albione.

Oltre a lei, la coppia Rogue e Gambit, Jubilee con figlio – sorpresa – Shogo, Rictor e nientepopodimeno che Apocalisse. Il serial è scritto da Marcus To e disegnata da Tini Howard, e si stacca completamente come tematiche dalla sua illustre predecessora, inserendo magia e fantasy e sviluppando in maniera non proprio lineare lo sviluppo dei personaggi del cast.

C’è da dire che l’esperimento è particolarmente coraggioso, considerando quanto i fan abbiano amato e tuttora amino il ricordo dell’Excalibur di Claremont e che l’innesto di nuove tematiche ha reso la serie molto più “britannica” di quanto non fosse in passato, con una identità ben precisa. Poco conta quindi quanto sia ben delineata la fisionomia classica del gruppo, perché la nuova Excalibur non stona e anzi mostra con fierezza una propria originalità. Il tratto di Howard è poi pulito e rimanda direttamente alle linee classiche di Davis, con le splendide copertine dell’ottimo Mahmud Asrar: sulle trame però è bene mantenersi qualche riserva.

excalibur

Perchè se è vero che il plot di To e il concept di Hickman funzionano sulla carta, nello sviluppo i primi numeri risultano macchinosi e forse eccessivamente farraginosi: l’originalità insomma va ad intaccare la freschezza e l’immediatezza della lettura, coprendo anche le caratterizzazioni che spesso sono sfocate. Tranne forse Apocalisse: En Sabah Nur emerge con forza nella sua magnificenza, risultando alla fine uno dei personaggi migliori di tutta questa Alba Mutante, pieno di abissi interiori, sfaccettature ed enigmi.

Insomma, serial rimandato con speranza.

IL MIGLIORE IN QUELLO CHE FA?

Dulcis in fundo, il mutante più famoso e ubiquo di tutti, il Wolverine della porta accanto. Che con il piano editoriale perfettamente congegnato da Hickman riacquista la sua testata (il Logan originale non era titolare di una serie dalla sua morte, avvenuta ben sei anni fa, nel 2014, su Death Of WOLVERINE). Il suo ritorno è stato allora affidato alle matite di un illustratore che non solo è un vero e proprio outsider del disegno, ma anche colui che ha meglio delineato l’aspetto grafico di Logan nel tempo, ovvero Adam Kubert.

wolverine

Sui testi torna invece il Percy di X-Force, e qua iniziano le dolenti note: paradossalmente, la testata che doveva affiancare l’ammiraglia X-Men in popolarità e qualità, ovviamente Wolverine, resta invece ad oggi – però con soli 3 episodi pubblicati causa Covid – il fanalino di coda. Il Logan disegnato da Kubert è potente, inarrestabile, iconico; le tavole colorate da Frank Martin, per quanto leggermente piatte nel risultato, sono affreschi bellissimi; ma è proprio sui testi che la serie non ha ancora trovato la sua marcia, o almeno così sembra. Wolverine è un personaggio che ne ha passate di cotte e di crude: sventrato, disossato, ridotto ad un animale, usato, manovrato, ucciso e tanto altro ancora. Quello che gli accade nei primi 3 episodi della sua nuova testata è, senza fare spoiler, talmente povero e sbiadito e ha un sapore così forte di deja-vu da non uscire da una appannata mediocrità. Quel che è peggio è che proprio l’artigliato mutante canadese, probabilmente dopo Spider-Man e Captain America il personaggio più famoso della Marvel, non è protagonista di avventure di qualità da parecchio: la sua testata era una delle migliori alla nascita (ad opera sempre di Chris Claremont, negli anni ’80 del boom mutante), ha continuato ad esserlo per il decennio circa nel quale è stata scritta da un Larry Hama scatenato che ha inventato buona parte della mitologia di James Howlett, per poi avere uno stop improvviso a livello creativo più o meno dopo l’uscita di Origins, la saga orchestrata da Paul Jenkins che rivelò dopo tre decenni il passato di Logan. E che fu la pietra tombale per quanto riguarda avventure memorabili del buon vecchio – è il caso di dirlo – Wolverine.

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La speranza è che Percy, autore fino e intelligente, abbia bene in mente dove andare; ma il giudizio per ora non può che rimanere anche qua sospeso. Con parecchi dubbi, però.

A conti fatti, insomma, andando oltre il singolo eroe o la singola testata, il rilancio fatto da Hickman per il mondo mutante è più di una vittoria, come si diceva sopra: è un ottimo esempio di come anche nel mercato a grossa distribuzione si possano fare ottimi fumetti, con diversi livelli di lettura e con diversi approcci più o meno autoriali.

x of swords

Nell’estate del 2020 la sfida si farà ancora più ardua, poi: perchè arriva il primo crossover dell’era Hickman, SWORD OF X che è contemporaneamente il primo crossover di lunghezza extra sulle serie mutanti, ricordando che negli anni ’80/’90 erano proprio le testate X a proporre questo tipo di storie ad ampissimo respiro (ricordiamo, giusto a memoria, INFERNO, o MASSACRO MUTANTE). Lo vediamo insomma come una sfida finale, un suggello che sicuramente inserirà definitivamente i mutanti di Hickman nel novero delle migliori X-storie.

Perché sono già Storia.


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