La Redazione risponde a Massimo Bruno (DeAKids e DeAJunior)

Dopo aver letto un’intervista che ci ha lasciati più che perplessi, vogliamo rivolgere una lettera aperta a Massimo Bruno, direttore dei canali DeAKids e DeAJunior

Fresca di stampa è l’intervista a Massimo Bruno, Direttore dei canali DeAKids e DeAJunior, a firma della giornalista Maria Elena Barnabi per il Messaggero.

Non che io tenga in considerazione questo Signore più di tanto, compresa la sua offerta formativa e di intrattenimento dedicata ai ragazzi che, a ogni modo, è più che discreta.  Ritengo inoltre fuori luogo sprecar parole su quanto siano scadenti alcuni titoli contemporanei d’animazione, da qualunque angolo di mondo vengano prodotti o infognarmi su sterili commenti dallo scontato finale: i cartoni di una volta erano più belli. Ma. C’è un gigantesco Ma. La mia attenzione è stata catturata, grazie a Fumo di China che ha sgranato gli occhi prima di me, dall’ultima domanda posta a conclusione di una lunga intervista al Direttore Massimo Bruno: Nostalgia della tv dei ragazzi di tanti anni fa? ADR:

Molti cartoni sono ancora bellissimi ed educativi: dai Barbapapà, per esempio, io ho appreso lo spirito ecologico. Per il resto: Capitan Harlock a guardarlo con gli occhi di oggi è di una tristezza infinita. E Remì? Gli moriva un cane al giorno. Heidi? Una tragedia di famiglia. i robot giapponesi poi facevano una strage a ogni puntata. Meglio oggi.

Ed ecco il mio ma: caro, carissimo Sig. Massimo Bruno, non ci conosciamo e sicuramente il piacere di ignorarsi per tutto il resto della nostra vita è reciproco. Tuttavia mi rimane davvero difficile rimanere in silenzio dopo le sue esternazioni che forse, ma solo forse, potrei beatamente ignorare se fossero uscite da un impiegato di banca, un tassista, un tizio qualunque che vive una vita dove l’animazione dedicata all’infanzia e all’adolescenza ha la stessa rilevanza che ha, che ne so, Instagram per la mia bisnonna: un valore pari a meno zero. Risulta tuttavia che Lei ne ha fatto un lavoro, ci campa in buona sostanza, e pure da parecchio tempo ormai. Tollero poco e male chi toglie tempo al mio prezioso riposo ma sa come vanno queste cose, a caldo tutto è più spontaneo. è oltremodo legittimo condividere la propria opinione su un argomento e io la rispetto per questo, ma santo cielo, lei sentenzia. Per giunta puntandosi  da solo il dito per darsi dell’ignorante. Ripeto, se lei fosse un impiegato di banca, un tassista o un tizio qualunque, le verrei in soccorso; ma lei è il direttore di due benedetti canali dedicati ai ragazzi. E di chi dei ragazzi si occupa, ci si aspetta un minimo di formazione oltre che di passione che probabilmente lei ha, anche se io non riesco a vederla. Si perché, se con tanta facilità si riesce a minimizzare su opere fondamentali per l’infanzia come Heidi o Remì, senza timor di smentita, credo che la mia infanzia sia stata più bella della sua. Quelle che lei banalizza come tragedie sono storie di formazione al pari di Pinocchio e Cuore che appartengono alla nostra profonda tradizione prima ancora di esser trasposte con una sensibilità e una poetica unica da leggendari studi d’animazione. Generazioni hanno tratto insegnamenti fondamentali da quei bambini che non si sono arresi e che, con determinazione, hanno costruito il proprio futuro. Finalmente, a chi risolveva tutto con la magia o la scesa in campo di un principe, si contrappose l’umanità. Meglio oggi. Siamo sicuri?

Che Capitan Harlock le provochi tristezza mi dispiace davvero. Non posso negare che anche i miei occhi si riempiono di lacrime quando la sua solitudine si fa tangibile nella sala del comando. Eppure la mia tristezza sembra molto diversa dalla sua. Io mi riferisco a un uomo solo che rifiuta di piegarsi all’annichilimento imposto dal Governo centrale; di chi in silenzio parla con l’anima del suo migliore amico deceduto che ricolma la leggendaria Arcadia. Io parlo di lacrime restituite da Tori-San a un uomo che non ne ha più da versare mentre Meet strazia lo spazio profondo con la sua arpa. Lei di che tristezza parla?

Infine Caro Direttore, lei sbaglia proprio tutto sui robot giapponesi. Non la rimbrotto sui termini perché mi sento buona più del solito. Però sulla strage compiuta ogni puntata, se rimanessi in silenzio mi sentirei complice di un delitto. Se proprio di stragi vogliamo parlare, i super robot sono stati probabilmente l’ingrediente fondamentale dell’esorcismo messo in atto dal popolo giapponese che di bombe atomiche ne ha prese in faccia due. Una Nazione in cancrena che, tramite l’arte del fumetto e dell’animazione, ha mostrato tutta l’ambivalenza tragica della tecnologia : è nefasta poiché usata dagli aggressori per devastare le città e tentare di conquistare la Terra; ma è anche provvidenziale se votata a un principio etico di difesa, e se incarnata nel robot protagonista. Ne cito uno a caso, il maestro Nagai ha compiuto una sorta di miracolo liberando il suo Paese dalla paura dell’Atomica, trasformando ansie, paure e lutti in qualcosa di positivo ed eroico. E lo ha fatto più di una volta. Tutto il resto è storia se un giorno avrà voglia di approfondire.

Meglio oggi dunque. Chissà, non mi permetto di far paragoni e spero che in fondo lei scherzasse. Poi rileggo la sua intervista e mi convinco del contrario. Buon lavoro Direttore e, se ha tempo, rammenti che non si è mai troppo grandi per tornare a studiare.

Le consigliamo, quando troverà tempo, la lettura di questi nostri articoli. Siamo convinti che li troverà interessanti:

Zambot 3: l’orrore di una guerra, l’odio per il diverso che ci salverà

Focus – La rivincita delle donne sul mondo dei robottoni: Jeeg Robot d’acciaio

Speciale – La tecnologia al servizio dei buoni: Mazinger Z e l’inizio di un’era

 

Per completezza, vi proponiamo l’intervista al Sig. Massimo Bruno, apparsa su Il Messaggero del 4 febbraio 2018:

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