La foresta millenaria: l’addio di Jiro Taniguchi

Una condensazione mistica di profumi, di suoni di un bosco incantato, del respiro del vento tra i rami degli alberi e di passi felpati di animali misteriosi. Quest’opera incompiuta del grande maestro Taniguchi lascia davvero un vuoto nel cuore.

Chi conosce Jiro Taniguchi e ha letto le sue opere più famose, sa che uno dei temi a cui si è maggiormente dedicato è senza dubbio il fascino della natura, basti pensare a Blanca o a L’uomo che cammina per capire come perdersi nei luoghi che ci circondano.

Questa volta ci mette davanti la natura selvaggia e incontaminata di Tottori, un ambiente a dir poco avvolgente e misterioso, potremmo definirlo poco rassicurante ma davvero travolgente. La foresta ci lascia disarmati, tutto vive tramite un equilibrio perfetto e sembra poter continuare con questa atmosfera – quasi fiabesca – fino alla fine del tempo. Questa breve storia, o meglio questo inizio di storia, ci fa vivere delle vere e proprie “emozioni visive” tramite gli occhi del protagonista; purtroppo è rimasta incompiuta ma è da considerarsi uno degli incipit più promettenti e preziosi mai realizzati. Gli occhi in questione sono quelli di Wataru, un bambino di 10 anni, che dalla città arriva alla periferia selvaggia del suo Paese e si ritrova a vivere anche l’aspetto inquietante della solitudine generata dalla natura.

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La tradizione giapponese d’altronde ha un rapporto molto profondo e radicato con questa, basta pensare all’arte dei giardini, alla tradizione dei bonsai, all’ikebana, al cinema e alla pittura, non di meno ai manga. Taniguchi aveva davvero uno stile tutto suo, teneva conto di tutto il suo bagaglio personale di esperienza, ricordi e cultura, ma non ha mai creato dei “manga”. No, davvero non potremmo mai definire in maniera così riduttiva e categorica le sue storie! Probabilmente i suoi disegni sono più vicini allo stile americano ed è per questo che va riconosciuto come uno dei più grandi artisti del mondo, non solo del Giappone.

Il racconto che aveva in mente era davvero qualcosa di speciale, Wataru ha la stessa curiostà e il medesimo impatto sociale dei protagonisti delle storie del maestro Hayao Miyazaki, probabilmente se fosse stato una bambina il regista non ci avrebbe pensato due volte a farne un lungometraggio memorabile (chissà, magari c’è ancora tempo!).

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L’ambientazione è quella della fine degli anni ’50, la narrazione si sarebbe dovuta aprire dopo un forte terremoto che ha sconvolto la regione più a nord e selvaggia del Giappone, provocando la comparsa di una nuova foresta più antica. Un geologo inviato a studiare il misterioso fenomeno, scopre una sorta di minerale simile all’uranio e qui comincia la sua indecisione se cominciare un progetto di grosso sfruttamento o lasciare tutto a tacere. In parallelo a questo, il lettore avrebbe dovuto seguire le vicende di Wataru e della sua separazione dai genitori, secondo Taniguchi e il suo editore sarebbe dovuta essere una storia di almeno 5 tomi ma l’autore stesso temeva per la sua salute e cercò di contenerne i limiti e puntare su tre volumi. Purtroppo quando il primo tomo era pronto e la casa editrice ne stava allestendo la pubblicazione, giunse la notizia della morte di Taniguchi (11 febbraio 2017). È stata proprio questa la tragedia della foresta millenaria.

Non voglio parlarvi di tutte le idee iniziali e la fantasia che il maestro aveva messo dietro a questa sua opera, l’edizione della Oblomov merita di essere letta e sfogliata come se aveste tra le mani una reliquia. Lasciatevi incantare e abbandonatevi ai colori di quelle poche pagine, ascoltate il respiro di Wataru, lasciatevi suggestionare da tutte quelle ombre e quelle tonalità di verde che  rapiscono e incantano occhi e mente. L’intento di Taniguchi era proprio quello di far prendere coscienza al lettore dell’armonia tra uomo e natura tramite varie suggestioni, senza imporre una forma di messaggio insistente e ripetitiva.

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Ciò che potete vedere da queste preziose tavole sono esattamente le immagini che aveva in mente il maestro nella sua primissima sceneggiatura, la loro versione definitiva corrisponde a quello che aveva in mente fin dall’inizio, ha riportato su carta la più pura e istantanea ispirazione e questo trapela in ogni dettaglio.

L’edizione del volume è davvero ben studiata, ideata proprio come il suo autore l’aveva voluta, è un vero e proprio omaggio al grande maestro. Vi sentirete di avere tra le mani una sorta di testamento spirituale, le tavole dai colori pastello, stavolta tutte finemente dettagliate e ricche di ogni sorta di sfumatura, vi faranno entrate in un’atmosfera quasi eterea. Nelle ultime pagine troverete i primissimi schizzi di Taniguchi, quali sarebbero dovuti essere gli altri protagonisti e da che idea grezza era nato il tutto. Potrete sfogliare lo storyboard di quello che sarebbe dovuto diventare il secondo volume, notare tra i disegni l’evoluzione o la ricomparsa di animali misteriosi che solo Wataru vede: queste sono probabilmente le creature che riescono a comunicare con lui, facendogli percepire di appartenere a quel mondo. Purtroppo si può parlare solo di ipotesi, di idee e di percezioni, il loro “creatore” se n’è andato prima di raccontarci la loro storia.

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Taniguchi nacque il 14 agosto del 1947, proprio a Tottori, dov’è ambientata questa sua ultima opera, sono convinta che non sia una coincidenza, dove c’è un inizio c’è anche una fine e dopo una fine non può che ricominciare qualcosa di nuovo. Il ritorno ad una spiritualità legata alle origini e alla terra è palpabile e, seppur senza alcuna spiegazione o descrizione, siamo rimasti di nuovo incantati. Grazie maestro.

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Abbiamo parlato di:

Saki

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Cuore giapponese in un corpo italiano, leggo manga dalla più tenera età e sogno ancora di cavalcare Falcor! Curiosa fino allo sfinimento, sono pronta a parlarvi delle mie scoperte!

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