Simone Di Meo – Un ‘Ragazzo Meraviglia’ di Torino per Batman & Robin

Durante la X-Mas Comics & Games, edizione natalizia di Torino Comics, abbiamo avuto il piacere di parlare con uno degli astri nascenti di casa DC Comics: Simone Di Meo! Di cosa abbiamo parlato? Ovviamente di Batman & Robin ma non solo….

copertina intervista simone di meo

 

Ci ha trasportati dall’assolata California dei Power Rangers fino ai limiti dell’universo, alla ricerca di cadaveri di Dei spaziali. Da qualche mese sta disegnando le avventure del Dinamico Duo della DC Comics, sulla nuova collana regolare Batman & Robin. Stiamo parlando di un artista che è diventato rapidamente una solida certezza in fatto di qualità, dinamicità e spettacolarità delle proprie tavole. Ed è bello per me presentare in questo modo un disegnatore che non solo è italiano, ma anche (come il sottoscritto) un torinese doc: Simone Di Meo.

Durante l’edizione 2023 di X-Mas Comics & Games abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui, e non abbiamo parlato solo di Batman & Robin, ma di tante altre cose che riguardano il suo lavoro. Cosa, nello specifico? Scopritelo nell’intervista che segue, buona lettura!


Ciao Simone e benvenuto su MegaNerd! La tua partecipazione all’X-Mas Comics & Games 2023 di Torino, tua città natale, segna il tuo ritorno a una manifestazione casalinga sui comics e il mondo nerd dopo tanti anni. L’ultima volta che hai partecipato eri già un disegnatore professionista o un semplice visitatore?

Allora, la prima volta che ho fatto Torino Comics con un tavolino facevo il primo anno di Scuola Comics Torino. Non ero un autore, bensì un esordiente, ed era la prima volta seduto dietro un tavolino a provare a lavorare in fiera. Poi nel 2014 ho partecipato con il mio ex studio, Arancia Studio, ed è stata l’ultima volta. Quindi erano 9 anni che mancavo.

Sei tornato quest’anno da grandissimo autore visto che hai progetti importanti in corso. Ma all’inizio della tua carriera sei stato prima di tutto un inchiostratore e, solo successivamente, sei diventato un disegnatore. Cosa ricordi di quel periodo in cui hai cominciato i tuoi primi passi nel campo del fumetto?

Ho cominciato come inchiostratore e l’ho fatto per diversi anni. L’ho fatto perché facendo la scuola del fumetto mi ero accorto di non essere abbastanza bravo per disegnare, ma volevo riuscire a entrare nel settore il prima possibile ed ero molto preciso a inchiostrare. Mi sono detto “Ok…proviamo a fare l’inchiostratore e vediamo se a qualche disegnatore serve aiuto” e ho iniziato così, prima come assistente di un mio insegnante a scuola e poi per Panini Comics con Topolino. Sono stato assunto in Panini, il mio primo editore, e ho lavorato per diversi anni come inchiostratore di numerosi disegnatori della Disney. Da lì ho fatto un percorso che mi ha portato a fare anche altre cose negli Stati Uniti, sempre come inchiostratore, come successo alla Casagrande [Elena Casagrande, fumettista e artista principalmente nota per i suoi lavori in Marvel n.d.r.] e altri illustratori, però sentivo un po’ stretta quella figura, perché amavo disegnare e continuavo a farlo. Poi spesso l’inchiostratore non ha il giusto riconoscimento, perché la gente pensa che sia ‘il ricalcatore dei disegnatori’ mentre invece spesso il suo ruolo è quello di risistemare il disegno del disegnatore. È un lavoro un po’ frustrante per certi versi. Quindi ho ripreso in mano quello che doveva essere originariamente quello che volevo fare e pertanto quando finivo di inchiostrare la notte disegnavo. La cosa buona è che essendo già nell’ambito, avevo imparato le scadenze e molte dinamiche, quindi da un certo punto di vista ero facilitato a diventare disegnatore. Poi ho iniziato a pagarmi con i miei primi guadagni da inchiostratore i viaggi per gli Stati Uniti per portare il mio portfolio al New York Comic Con e dopo qualche anno sono riuscito a trovare il mio primo lavoro con Eric Powell, artista statunitense abbastanza famoso e autore di The Goon. Nel frattempo ho fatto ancora due volumi di Orfani, [serie di Sergio Bonelli Editore n.d.r.] per l’Italia. In seguito mi hanno chiamato contemporaneamente i BOOM! Studios per Power Rangers e la Marvel per l’annual di Old Man Logan, e così ho iniziato la mia carriera da disegnatore.

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Il tuo approdo ai BOOM! Studios ti ha permesso di occuparti di un franchise molto importante negli anni ‘90; i Power Rangers. Sulla testata Mighty Morphin Power Rangers sei stato uno dei disegnatori di punta. Riguardo tutto il tuo lavoro sui Power Rangers, ti sei ispirato anche alle famose serie TV degli anni ‘90 nello studio e nella realizzazione dei personaggi?

Assolutamente sì. Sono sempre stato un fan e quindi è stato semplice lavorarci sopra. Abbiamo fatto una run particolare al di fuori del mondo classico dei Power Rangers, e ho dovuto inventare un nuovo personaggio e un nuovo team che si chiamava Solar Rangers. Per inventarlo ho guardato molto Super Sentai e la mia idea era più vicina proprio a questo format piuttosto che la versione ‘americanizzata’ dei Power Rangers. Quindi sì, tante serie televisive ma più quelle giapponesi che quelle americane per creare il design.

Mighty Morphin Power Rangers/Teenage Mutant Ninja Turtles - Il crossover per tutti

Il lavoro che ti ha consacrato al grande pubblico e dove riteniamo tu abbia creato il tuo ‘tratto definitivo’ è stato We Only Find Them When They’re Dead (Li troviamo solo quando sono morti), sempre per BOOM! Studios, al fianco dello scrittore Al Ewing che, immaginiamo, tu abbia conosciuto durante i tuoi lavori su Hulk per la Marvel.

Esatto. Marvel ci ha accostati per lavorare su un albo speciale di Hulk [Immortal Hulk: The Best Defense del 2018 disponibile in italiano all’interno del volume Marvel Collection, L’immortale Hulk 11 n.d.r.] e poi Al [Ewing] mi ha scritto per propormi di lavorare a questa storia che io ho trovato subito interessante. Siamo andati insieme alla BOOM! Studios e l’abbiamo iniziata a sviluppare.

We Only Find Them When They're Dead #6 Simone Di Meo Unlockable Variant Boom – Ultimate Comics

In We Only Find Them When They’re Dead hai dato prova da grande artista realizzando tavole costruite in maniera peculiare, colori tridimensionali. È il fumetto dove ti sei riuscito a esprimere meglio con il tuo stile e che ti ha portato, permettici di scriverlo, a una maturazione artistica. Hai avuto una maggiore libertà di esprimerti in questo caso, rispetto a una major come Marvel o DC Comics e sei riuscito a fare effettivamente quello che tu volevi?

Sì, e questo capita quando ti danno totale carta bianca e non c’è alcun background. Ora, ad esempio, lavoro sulla serie Batman & Robin, personaggi che hanno 80 anni di storia in cui mi devo inserire, e c’è un binario entro cui devo rimanere perché i personaggi hanno delle regole e dei canoni. Quando invece devi creare qualcosa da zero, come nel caso di We Only Find Them When They’re Dead, puoi completamente aprire la tua creatività che è positivo, ma è anche la cosa più complessa. Questo perché devi anche riuscire, poi, tra le migliaia di idee che hai da buttare su carta per uno sci-fi, quelle giuste e diventare coerente; perché quando crei un universo narrativo tutto deve essere coerente: dal design alle ambientazioni. Quindi mi sono messo insieme ad Al e ci siamo detti “abbiamo un milione di possibilità; quali possono essere quelle giuste per me?“. Poi ho fatto ricerche, mi sono informato e alla fine ho catalizzato tutto. Ed è la più grande fonte di creatività che un artista può avere.

Li troviamo solo quando sono morti: La Ladra, la guerra per il dio Malik [Recensione] - Tom's Hardware

Possiamo dire che quest’opera ha identificato il tuo stile rendendo il tuo un tratto distintivo, unico e personale?

Ti ringrazio, ma credo che la forza stia nel fatto che a differenza di molti altri autori americani io coloro il mio lavoro. Quindi riesci a dare un po’ di personalità in più rispetto a un colore classico del comic book americano, e quello aiuta a far sì che il lavoro finale sia più riconoscibile. Fa proprio parte del processo ed è il motivo per il quale dopo aver fatto We Only Find Them When They’re Dead la DC Comics mi ha chiesto di fare la stessa cosa su Batman & Robin, dove anche qui coloro le mie tavole per dargli un po’ di personalità in più.

Ecco, parliamo di Batman & Robin: è la tua prima serie regolare per DC Comics. Quali sono state le tue sensazioni quando l’editore ti ha detto “sarai il prossimo disegnatore di Batman” , il più importante supereroe dei fumetti insieme a Spider-Man della Marvel?

È stato strano, perché avevo già realizzato delle cover per Batman, ma per lo più erano delle variant. Quando poi l’editor mi ha detto che stavano pensando al mio nome per il rilancio di Batman & Robin, un pelo sotto pressione mi sono sentito. In realtà continuo a sentirmi sotto pressione, non è una cosa che passa. Quando arrivi a un grande pubblico come quello che legge Batman & Robin hai anche tante critiche perché il tuo lavoro viene messo proprio a nudo davanti a tantissime persone. La pressione continua a rimanere alta, però, è anche un fattore positivo per continuare a dare il massimo e far sì che la tua visione delle cose venga riconosciuta dai fan e dalla critica.

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Oltre ai personaggi della serie c’è anche, ovviamente, Gotham City. Hai trovato complicato rappresentare graficamente la città e creare la tua versione di Gotham? Obiettivamente non è una semplice città, ma piuttosto un’entità che fa parte del mondo di Batman. 

È veramente un’ottima affermazione, perché quando disegni Batman & Robin, non è solo Batman & Robin… ma Batman & Robin & Gotham. La città ha veramente una vita sua e soprattutto, esattamente come i personaggi, devi capire come decidi di interpretarla. Questo perché ci sono interpretazioni di Gotham molto gotiche, alcune futuristiche e altre semplicemente ‘newyorkesi’. E quindi  tu hai mille modi di vederla; basti pensare ai film di Christopher Nolan, ai film di Tim Burton, alle serie animate. Tu hai mille modi in cui puoi vedere una diversa interpretazione di Gotham e quindi anche qui, come i personaggi, mi sono dovuto porre la domanda “quale versione di Gotham preferisco? Perché proprio quella? Quali colori vedo in Gotham?“. Come per Batman & Robin, anche per la città è un divenire. Più la disegni e più trovi la tua interpretazione. È esattamente così; Gotham City è come se fosse un personaggio.

Ma Simone Di Meo non è solo un disegnatore, ma anche un docente della Scuola di Comics di Torino. Quanto è importante per te questa parte della tua vita e come la bilanci con la carriera di artista internazionale?

La Scuola Comics di Torino è parte integrante della mia professione. Ho studiato lì. Ho insegnato lì e oggi sono supervisore dei corsi. Per me è un qualcosa che mi ha accompagnato in questi 10 anni di carriera ed è sempre stata presente. Amo il fatto che mi abbia formato e amo aiutare le persone a raggiungere degli obiettivi. È proprio parte integrante della mia giornata. Effettivamente, però, seguire entrambe le cose, scuola e lavoro, all’inizio è stato difficile ma ora ho uno studio dentro la scuola. In questo modo riesco a fare in contemporanea tutte e due le cose. Questo è il mio segreto.

Negli ultimi anni abbiamo visto moltissimi artisti italiani affermarsi in campo internazionale, soprattutto nel mercato del comic book americano, e continuano a crescere e diffondersi nuovi talenti. Possiamo dire che abbiamo qui in Italia un’ottima ‘cantera’. Quale marcia in più hanno i disegnatori italiani in questo momento? Si tratta di formazione, preparazione o semplicemente talento puro?

Allora ci sono diversi fattori secondo me. Il primo è che da tanti anni abbiamo una scuola del fumetto americano in Italia. Quando facevo la scuola ed ero uno studente, vedevo molti disegnatori italiani lavorare per l’estero ed era uno stimolo in più a provare a farlo. Abbiamo una scuola molto grande e tante persone che lavorano nel settore che ti aiutano a incontrare molti autori, anche italiani, anche a questo tipo di manifestazioni come la fiera di oggi [X-Mas Comics di Torino n.d.r.]. È un po’ più semplice capire come funziona, farti aiutare a guardare le reference giuste e, soprattutto, capire come procacciarti il lavoro. Più siamo e più continueremo ad essere. Io disegno il fumetto americano e se, ad esempio, vedo qualcuno a scuola interessato lo aiuterò a trovare informazioni, a dare delle indicazioni su come muoversi e, come me, anche tantissimi altri che lavorano nel fumetto USA.

Simone Di Meo, da Topolino a Batman - Fumettologica

Il secondo fattore è la spinta economica, perché in Italia, purtroppo, il fumetto non è all’apice in questo momento e quindi è difficile vivere di questo mestiere. In America avendo loro uno stile di vita e prezzi molto differenti, puoi percepire un guadagno molto più alto rispetto al nostro paese. Forse è poco artistico da dire ma tutti dobbiamo vivere del nostro lavoro, e pertanto sei portato a percorrere delle strade per cui sai di avere un po’ più di possibilità non solo artistiche, ma anche economiche. E quando le due cose vanno di pari passo è veramente un’ottima cosa.

Hai detto in avvio di intervista di aver partecipato all’inizio della tua carriera parecchie volte al New York Comic Con per proporre i tuoi disegni agli editori. Quest’anno sei tornato da autore. Inoltre hai partecipato anche al Comic Con a Tokyo. Che esperienze sono state per te?

Allora è stato il primo anno che ho preso un tavolo da artista a New York e per la prima volta ero dall’altra parte e ho pensato “ok quest’anno non mi serve il portfolio, benissimo. Non sono qua per cercare lavoro ma sono qua per far vedere che ho fatto del lavoro“. È una cosa molto differente ed è stato super, ma lo è tutt’ora quando i lettori vengono a chiederti una firma o a parlare di quello che fai. Anche perché io lavoro per gli Stati Uniti da Torino e quindi non ho tutti i giorni una possibilità di un confronto con le persone che leggono il mio lavoro. Quindi ogni volta che torno finalmente incontro le persone per il quale poi realizzo il mio lavoro. Lì escono tutti i mesi ed è molto differente il rapporto che c’è con l’editore. È stato eccezionale ed è, come ogni volta, un’emozione.

A Tokyo è stato ancora diverso. Tokyo te la immagini come la metropoli, che è, nonché la culla del manga, ed in effetti è così. Ma in Giappone ho scoperto una realtà di fan sul fumetto americano incredibile, pazzesca e super appassionata. Sono super coinvolti, amano profondamente determinati personaggi come Damian, che è il Robin su cui lavoro io, e Batman. È stato strano, perché non te l’aspetti, e invece c’era tanta gente gentilissima e appassionata esattamente come negli USA. È bello capire che lavori su personaggi che sono letteralmente mondiali.

Nonostante tu sia occupato su Batman, uno dei personaggi più importanti del fumetto supereroistico, c’è un personaggio che vorresti disegnare e/o un autore con cui speri di collaborare prima o poi?

A livello supereroistico, Batman era il mio desiderio perché sono cresciuto con Batman: The Animated Series negli anni ’90 ed è il personaggio supereroistico che più mi piaceva. Mi piacerebbe disegnare prima o poi Miles Morales/ Spider-Man, che ho già disegnato per Champions ma mi è rimasto un po’ il desiderio di lavorarci ancora. A parte questi due personaggi, per altri supereroi, ti direi di no.

Spero che il mio futuro mi porti a occuparmi anche di serie mie scritte e disegnate da me, ma mi piacerebbe anche collaborare con grandi scrittori come Joe Hill, James Tynion IV, autori che amo e di cui ammiro il lavoro e creare qualcosa di nuovo e nostro. Amo lavorare su progetti indipendenti come We Only Find Them When They’re Dead.

Hai già qualche progetto personale in cantiere o qualcosa in mente che intendi sviluppare?

Ho scritto delle storie per DC Comics che ho proposto all’editore, ma si vedrà in futuro. Ho scritto una storia breve di Batman, anche disegnata e colorata da me che dovrebbe uscire a breve. Sto iniziando ad amare anche scrivere e spero che sia parte del mio futuro, non occuparmi, però, esclusivamente di questo perché mi piace collaborare con gli scrittori e disegnare. Ma spero che la scrittura sia veramente parte della mia carriera un domani.

Grazie mille per la tua disponibilità Simone. In bocca al lupo per tutto e a presto!!


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Nato a Torino nel 1992, Simone Di Meo è stato inchiostratore per Topolino, cominciando poi a lavorare successivamente anche come fumettista per diverse case editrici tra cui anche Sergio Bonelli Editore e Disney Italia. Ma il disegno era nel suo destino.

Da qualche anno è un autore molto conosciuto e apprezzato anche oltre oceano, soprattutto grazie alle collaborazioni con Marvel (Immortal Hulk, Old Man Logan, Champions, ecc.), BOOM! Studios ( Mighty Morphin Power Rangers, Mighty Morphin Power Rangers /Teenage Mutant Ninja Turtles, We Only Find Them When They’re Dead) e DC Comics (Batman: White Knight Presents: Red Hood, DC Vs. Vampire). Il suo più recente lavoro è, per l’appunto, Batman & Robin, nuova serie regolare che sta disegnando sui testi di Joshua Williamson, che vedremo presto anche in Italia.

Oltre ai fumetti Simone Di Meo è anche docente alla Scuola Internazionale di Comics di Torino.


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Doc. G

Il mio nome e' Doc. G , torinese di 36 anni lettore compulsivo di fumetti di quasi ogni genere (manga, italiano, comics) ma che ha una passione irrefrenabile per Spider-Man! Chi è il miglior Spider-Man per me? Chiunque ne indossi il costume.

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