I Simpson – Una vita da protagonisti

Il 17 dicembre 1989 andava in onda il primissimo episodio de I Simpson. Da quel giorno, la serie di Matt Groening non ha fatto altro che macinare record su record, entrando non solo nella storia della TV americana, ma nell’immaginario collettivo di tutto il Pianeta. Signore e signori, benvenuti a Springfield, la casa della famiglia più amata del mondo

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Probabilmente nessuno, trent’anni fa, avrebbe scommesso sul successo de I Simpson.
Forse neanche il suo geniale creatore, Matt Groening, dato che quando si presentò negli uffici della Fox inizialmente voleva proporre la versione animata della sua fantastica striscia umoristica Life in Hell.

Preso dal panico e dalla paura che qualcuno potesse rubare quest’idea, sviluppò sul momento I Simpson, ispirandosi in tutto e per tutto alla sua famiglia: i genitori Homer e Marge, le sue sorelle minori, Lisa Maggie. L’unico nome inventato è quello di Bart, anagramma di brat, che in inglese vuol dire ragazzaccio/monello/discolo (e che immaginiamo sia un po’ il ruolo che Groening pensava di avere nella sua famiglia). Per dirla tutta, Matt ha anche un fratello e una sorella maggiori, Mark e Patty. Solo quest’ultima, insieme alla sorella immaginaria Selma, venne introdotta nella serie, anche se in un ruolo leggermente defilato (tecnicamente non fa parte del nucleo familiare principale).

Insomma, inizialmente nessuno avrebbe scommesso molto su questo cartone animato, inserito all’interno del Tracey Ullman Show. Eppure la sua irriverenza conquistò tutti, al punto che Fox decise di tentare la via della serie: il 17 dicembre 1989 con l’episodio “Un Natale da Cani” I Simpson debuttava finalmente come show autonomo e da lì in poi, nulla sarebbe stato più come prima.

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I Simpson – L’inizio del mito

Esattamente 30 anni fa debuttava dunque quello che era considerato lo show più irriverente d’America: le storie di questa bislacca famiglia non erano altro che una critica pungente e straordinariamente ironica alla società statunitense. La città di Springfield, in cui le storie sono ambientate è una sorta di microcosmo: la centrale nucleare in cui lavora Homer è usata per fare satira su questioni ambientali e raccontare la vita di un comune impiegato di una delle tante multinazionali americane; la scuola di Bart e Lisa mira a criticare il sistema scolastico; la polizia locale, con il commissario Winchester (che in originale si chiama Wiggun), serve a sottolineare i limiti di un sistema giudiziario non proprio perfetto. Pensate che Matt Selman, il principale sceneggiatore de I Simpson, in un’intervista rivelò che il tipico colore giallo predominante nella serie era una sorta d’inganno per trattenere i telespettatori il più possibile incollati al televisore:

«L’idea è stata di Matt Groening. Voleva che una volta accesi i televisori il pubblico pensasse che il colore giallo fosse legato a un problema tecnico. Si sarebbe domandato ‘oh, perché sono gialli?’ e avrebbe provato a sintonizzare il canale senza riuscirci, perché erano davvero gialli. Era un tentativo innovativo per trarre in inganno i telespettatori; è una cosa che facciamo spesso nel mondo dello spettacolo».

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Ma veniamo al primo episodio, “Un Natale da Cani”: si parte subito col botto, con Bart che si fa un tatuaggio nonostante i genitori glielo abbiano vietato e con Marge costretta a a spendere, per la rimozione, tutti i risparmi messi da parte per i regali di Natale, confidando nella tredicesima di Homer… che non intascherà mai, visto che il Signor Burns ha deciso di negarla a tutti i suoi dipendenti.

Il nostro eroe (perché di questo si tratta) si ritroverà a fare lavori degradanti e sottopagati, pur di garantire alla sua famiglia un Natale degno di questo nome. La sua principale preoccupazione è quella di non far stare in pensiero sua moglie, che conta su di lui. Si ride, certo, ma si pensa anche parecchio. Da subito, sin dal calcio d’inizio. Problemi con i figli, problemi con il lavoro, l’adozione di un cane considerato brutto e sfigato: i Simpson si presentano al mondo così. E il mondo non può che accoglierli a braccia aperte.

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Il successo e le critiche

Un successo così travolgente, non può che portare con sé diverse critiche: Homer inizialmente era visto sì come un personaggio divertente e buffo, ma rappresentava fondamentalmente un padre irresponsabile, quasi sempre ubriaco e sempre pronto a mollare un posto di lavoro sicuro per inseguire i proprio sogni. Bart nelle prime stagioni era rappresentato come un piccolo teppista, non proprio l’esempio ideale da fornire alle nuove generazioni, secondo i critici più feroci. Per non parlare del modo in cui la famiglia trattava Nonno Simpson, visto quasi come un peso e scaricato in una casa di cura alla prima occasione utile. Critiche giuste? Ovviamente no: la serie ha sempre rappresentato vizi e virtù dell’americano medio, con eccessi sottolineati proprio dagli autori per cercare di risvegliare un minimo le coscienze intorpidite dalla vita di tutti i giorni.

Lo show di Matt Groening venne persino citato dall’ex Presidente degli Stati Uniti George Bush senior, che durante un incontro pubblico dichiarò:

«Stiamo provando a rafforzare la famiglia americana, in modo da farla assomigliare di più ai Waltons e di meno ai Simpson»

I Simpson hanno sempre risposto alle critiche con intelligenza, arrivando a toccare temi sempre più delicati e spinosi (a volte anche fastidiosi) con la consueta ironia: dal sociale, all’ambiente, non esiste argomento che non sia stato dibattuto nella serie. Ricordiamo infatti le lotte ambientaliste e persino di fede della piccola Lisa (diventata buddista nel corso degli anni), la feroce critica degli autori nel mostrare una centrale nucleare senza scrupoli, l’inserimento di personaggi dichiaratamente gay come Smithers o Patty, la sorella di Marge.
Nel corso degli anni si è parlato persino di adozione, di lavoro minorile, di scambi culturali, di razzismo, di politica.
Sempre col sorriso, mai con rabbia o senso di rivalsa: è così che gli autori sono riusciti a conquistare non una, ma tre generazioni di appassionati. L’impatto che I Simpson hanno avuto sul mondo esterno è stato straordinario, tanto che nel 1998 il Time proclamò Bart la 46esima persona più influente del 20esimo secolo. Dev’essere un cartone animato a dirci le cose come stanno? Se lo fa in modo intelligente, perché no?

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Ospiti d’onore

Sono centinaia le guest star apparse in questi primi trent’anni de I Simpson, come doppiatori d’eccezione, personaggi fittizzi o intepretando loro stessi (sempre sotto forma di cartone animato). Tra i più celebri ricordiamo Meryl StreepElton JohnRichard GereBritney SpearsPaul e Linda McCartney. Imposisbile non citare Glenn Cloose, che appare quattro volte nel ruolo di Mona Simpson – la mamma di Homer – mentre per tre volte sono apparsi Danny DeVito e Anne Hathaway. Tra i doppiatori d’eccezione ingaggiati nel corso delle 28 stagioni vanno ricordati Michael Jackson (anche se ora sia gli autori che la Disney vorrebbero rinnegare quell’episodio, non inserendolo nella raccolta di tutte le stagioni nel servizio streaming Disney+), Liz Taylor, gli AerosmithDustin Hoffman e persino l’ex premier inglese Tony Blair. Inoltre abbiamo visto gli Who, gli Aerosmith, gli ex Presidenti Bill Clinton e George Bush (con cui Homer fa persino a pugni), l’ex First Lady Michelle Obama, Ronaldo e tanti, tanti altri. Davvero impossibile citarli tutti.

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Gli elementi caratteristici

Ci sono alcune cose che rendono I Simpson unici, anche a trent’anni di distanza: la sigla, con la celebre scena della rincorsa verso il divano, ormai diventata mitica proprio per il fatto che cambia di volta in volta. Addirittura alcuni fan ormai aspettano più la gag del divano che l’episodio stesso, pensate a che punto siamo arrivati. Molti neologismi dei Simpson sono inoltre diventati parte del linguaggio popolare: l’esclamazione di Homer “D’oh!” è stata inserita addirittura nell’Oxford English Dictionary. Come non citare poi il “Ciucciati il calzino” di Bart, la celebre risata di Krusty il clown (resa ancor più divertente nel doppiaggio italiano grazie all’inconfondibile voce di Fabrizio Mazzotta), per non parlare dell'”Eccellente” esclamato dal perfido Signor Burns.

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Le voci

Altro elemento fondamentale della serie, è sicuramente il doppiaggio: gli spettatori italiani hanno potuto apprezzare per ben 23 stagioni il grande Tonino Accolla, che è riuscito a dare a Homer una caratterizzazione assolutamente perfetta, superiore persino alla versione originale. Probabilmente, senza la sua voce, le parole inventate e le particolarissime inflessioni, I Simpson non avrebbero avuto la stessa presa sul pubblico italiano. Detto di un altro grande del doppiaggio italiano (Fabrizio Mazzotta nel ruolo di Krusty), ricordiamo anche Liù Bosisio, che ha prestato la voce a Marge per 22 stagioni e che negli ultimi anni ha lasciato il posto a Sonia Scotti.
Bart, nonostante sia un maschietto, è sempre stato doppiato da donne: nelle prime 22 stagioni da Ilaria Stagni, mentre dalla 23esima da Gaia Bolognesi. Lisa invece ha sempre mantenuto la voce di Monica Ward, che ha saputo dare una caratterizzazione davvero speciale del personaggio.

Sono passati trent’anni da quel 17 dicembre 1989. Incredibile.
La serie gode ancora di ottima salute (è ancora lo show più visto della domenica, negli USA) e ora con il passaggio alla corte Disney si aprono nuove e interessanti possibilità per la famiglia più amata del piccolo schermo. Chissà, magari un nuovo lungometraggio, dopo quello uscito al cinema nel 2007. L’importante, per quanto mi riguarda, è che il nuovo editore non tocchi l’anima dello show: che sì, forse negli ultimi anni avrà perso un po’ di smalto, ma rimane ancora oggi la più spietata e onesta critica alle nostre coscienze.
Non soffochiamo questa voce, anzi, cerchialo di alimentarla.

Altrimenti, ciucciatevi il calzino.

 

 


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Mr. Kent

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Appassionato di fumetti, curioso per natura, attratto irrimediabilmente da cose che il resto del mondo considera inutili o senza senso. Sono il direttore di MegaNerd e me ne vanto.

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