[Focus] Orange is the new Black: prigione e psiche

 

È il 2004 quando Piper Kerman inizia a scontare la sua pena nell’istituto penitenziario FCI di Danbury, prigione di minima sicurezza in Connecticut. La condanna a 15 mesi di reclusione riguarda il riciclaggio di denaro proveniente da un traffico di eroina, a seguito della sua relazione con la spacciatrice Catherine Cleary Wolters.

L’esperienza in carcere segna la vita e la carriera della donna che, una volta tornata in libertà, inizia a scrivere le sue memorie. Il suo lavoro viene pubblicato nel 2010 dalla Spiegel & Grau con il titolo Orange Is The New Black: My Year in a Women’s Prison, diventando in breve tempo un best seller e ispirando l’adattamento televisivo di Jenji Kohan Orange Is The New Black.

 

La serie, trasmessa negli Stati Uniti nel 2013 e arrivata in Italia l’anno seguente, ricalca le vicende descritte nel romanzo, apportando però (come spesso accade) delle modifiche ai personaggi: la stessa protagonista si chiamerà infatti Piper Chapman e la sua vita prima del carcere sarà leggermente diversa rispetto all’originale.

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La privazione delle libertà, la droga, la diversità, i legami di amicizia e parentela, la sessualità e la religione rimangono comunque temi ampiamente esplorati sia nel libro che nella serie tv, temi che vanno irrimediabilmente ad intaccare la personalità di ogni detenuta in tutte le sue sfumature.

Un caso particolare è rappresentato da Suzanne “Crazy Eyes” Warren, una detenuta con presumibili disturbi mentali e reazioni emotive molto estreme. Suzanne infatti sviluppa un attaccamento eccessivo alle persone, diventa facilmente frustrata e arrabbiata nei confronti di sé stessa, e reagisce spesso picchiandosi sulla testa e chiamandosi “stupida”.

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Il suo personaggio è interpretato dalla bravissima Uzo Aduba, vincitrice di due Emmy Awards e due Screen Actors Guild Awards per questo ruolo e racchiude in sé, oltre agli altri temi, la critica nei confronti di un’assistenza medica e psicologica inadeguata all’interno del carcere.

I  problemi di attaccamento e i comportamenti borderline che Suzanne manifesta sono perfettamente in linea con la sua mentalità infantile, che la rende spesso dipendente da altre detenute, oltre che facilmente manipolabile.

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Nonostante le conseguenze più eclatanti però, come il momento in “People Persons” (4×11) in cui Suzanne, istigata alla rissa da due guardie, perde il controllo e picchia quasi a morte un’altra detenuta, non viene mai mostrato un adeguato supporto psicologico.  L’intervento psicologico piuttosto, è descritto dalle detenute come una punizione e Suzanne stessa dichiara che “once you go to psych, you get lost in psych”.

Il principale aiuto infatti consiste nel trasferimento al reparto psichiatrico, che però risulta molto simile all’isolamento e il più delle volte porta a un aggravamento delle condizioni mentali dal quale è difficile tornare indietro.

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La condizione di  Suzanne fa inoltre luce sulla difficile convivenza tra chi ha difficoltà psicologiche e le altre detenute.  Le viene affibbiato il soprannome “crazy eyes”, che non comprende appieno e nei momenti in cui nessuno si occupa di lei viene facilmente isolata o trattata come un fastidio.

I problemi legati ad un’insufficiente assistenza medica nei confronti di detenute psicologicamente instabili fanno in realtà da specchio a una più diffusa critica riguardante la sanità negli Stati Uniti. Le malattie mentali vengono mostrate come la causa principale dei crimini commessi da alcune detenute, e sono proprio la mancanza di attenzione e la scarsa importanza data ai loro disturbi che le porteranno alla detenzione.

Il caso di Suzanne è emblematico anche in questo senso, attraverso dei flashback veniamo infatti a conoscenza del motivo del suo arresto: totalmente inconsapevole delle implicazioni delle sue azioni, Suzanne, a quel tempo ventottenne, incontra in un parco un bambino con cui ha fatto amicizia al lavoro e lo invita a giocare in casa sua.

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Verso sera basterà la volontà del bambino di tornare a casa a scatenare i disturbi di Suzanne e a rivelare il suo eccessivo attaccamento nei confronti degli sconosciuti, prendendo la richiesta come un rifiuto, cerca infatti in tutti i modi di trattenere il bambino, che durante la fuga cade e muore accidentalmente. Alla luce dei fatti e data la grande differenza di età, l’accusa nei suoi confronti sarà quella di sequestro di persona e omicidio.

Torneremo presto a parlare di Orange is the new Black, cercando di analizzare, di volta in volta, altri aspetti di questa fantastica serie.

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Claudia Amici

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Il mio nome rispecchia la mia solare personalità. Sono appassionata di letteratura, drogata di serie tv e spacciatrice d'immagini per MegaNerd su Instagram.

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