Focus – Musashi Miyamoto: un mito che ha ispirato il mondo

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Quanti di voi hanno sentito parlare di Musashi Miyamoto? È ormai una figura leggendaria, che non si può non nominare nell’ambito della storia del Giappone e dei suoi samurai.

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Musashi è un  personaggio esistito davvero, nato a Miyamoto (da cui ha preso il nome) nel 1584 e morto a Higo nel 1645. È stato uno scrittore, un maestro, un ronin e il più grande spadaccino nella storia del Sol levante. Iniziato alle prime armi dal padre Munisai, a 13 anni ebbe il suo primo scontro mortale e a 16 sopravvisse a una delle più celebri battaglie che hanno cambiato il corso della storia giapponese: la battaglia di Sekigahara (nel 1600), in cui lo shogun Tokugawa affermò il proprio dominio iniziando l’epoca della sua stirpe.

Sopravvissuto al massacro, Musashi divenne per qualche anno un eremita, rinunciando alla sua vita sociale, fatta di tentazioni e debolezze, studiando con vari maestri (tra cui il monaco Takuan) molte tecniche di arti marziali, con cui affinò sempre più la sua tecnica. Iniziò così a scontrarsi con i più grandi capi delle principali scuole di combattimento. Vagò per 29 anni, battendosi per 60 volte e ottenendo sempre la vittoria, si è trovato ad affrontare avversari davvero formidabili – a volte scontrandosi contemporaneamente con più samurai – come avvenne per la scuola Yoshioka, famosa in tutta Kyoto per i suoi maestri di spada. Il suo nemico più famoso è stato Kojiro Sasaki, detto Ganryu: il loro duello è divenuto storico tanto da dare il nome all’isola concordata per lo scontro, Ganryujima, con tanto di statue in memoria dell’evento.

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Per una questione di periodo storico molti dati anagrafici sono incerti, ma si ritiene che non sia mai stato sconfitto: alternando una katana e un bokken (spada di legno), il caro Musashi ha lasciato una vera scia di sangue dietro tutti suoi scontri. Considerate anche che per le regole del Bushido, un samurai sconfitto in duello doveva suicidarsi per conservare il suo onore.

A 50 anni si ritirò dagli scontri per dedicarsi a tecniche di scrittura, pittura e allo studio della letteratura (scrisse il famoso trattato filosofico sulla guerra “Il libro dei cinque anelli”), morì in età avanzata per quei tempi e una leggenda vuole che nel giorno del suo funerale, un potente tuono scosse tutti i  presenti facendo capire che lo spirito del samurai aveva lasciato il suo corpo.

Tanti sono stati gli scrittori e disegnatori che hanno provato a narrare le sue gesta, sicuramente quelli che meritano di essere chiamati in causa sono Eiji Yoshikawa e Takehiko Inuoe con la sua opera (ahimè) ancora incompiuta, Vagabond.

 

Yoshikawa è autore del romanzo Musashi, un mattone storico di circa 900 pagine, considerato come il “Via col vento giapponese”, un’opera scritta nei  primi del ’900 che narra le gesta di Miyamoto in maniera un po’ romanzata (senza soffermarsi sul bushido e sulle tecniche di guerra in sé per sé) e con una traduzione abbastanza letterale della lingua. Quest’opera è considerata la più veritiera e completa per quanto riguarda la storia del nostro ronin, ed è stata serializzata tra il 1935 e il 1939 sul quotidiano Asahi Shimbun, per poi essere raccolta in volumi unici almeno una dozzina di volte. Una storia talmente piena di fascino da far intraprendere una lunga e infinita (ancora non c’è l’ombra di una conclusione, né di un regolare seguito!) serie di manga ad opera dell’artista Takehiko Inoue, celebre per Slum Dunk.

musashi 3Inoue prende ispirazione proprio dal romanzo di Yoshikawa, regalandoci delle tavole memorabili. Mentre si sfoglia un numero qualsiasi di Vagabond, sembra di sentire l’odore della terra umida delle regioni boscose, del sangue proveniente da ferite appena inferte, si percepiscono i muscoli tesi dei samurai e la loro completa alienazione dal resto del mondo durante gli scontri.

Takezo Shimmen è il nome originale di Musashi Miyamoto, un ragazzo più alto e più robusto per gli standard del suo tempo. Ha lunghi capelli neri e folte sopracciglia ben definite (così lo descrive Yoshikawa) decide di ribattezzarsi per condurre una nuova vita e dedicarsi anima e corpo a diventare il ronin più forte nella storia del Giappone.

Sia dal libro che dal manga, Takezo è un ragazzo particolarmente intelligente e solitario, ha un’abilità innata per la guerra e si differenzia per acutezza e perspicacia. Non combatte con tecniche raffinate e artistiche ma viene paragonato a un vero e proprio diavolo che si difende per sopravvivere. Quando si trova in difficoltà e in una posizione nettamente inferiore, si anima come se fosse posseduto da una forza dannata, riuscendo a capovolgere l’esito del duello anche se ridotto in fin di vita ed è sempre pronto a tutto pur di sopravvivere e raggiungere il suo sogno di diventare il più forte.

musashi 4Combatte con ogni mezzo e in ogni luogo, pensate che nel suo duello più celebre contro Kojiro Sasaki è riuscito a battere l’avversario con un singolo colpo mortale, sferrato con il bokken ricavato dal remo della barca su cui viaggiava. Miyamoto non brillava solo per particolare predisposizione allo scontro, ma anche per arguzia e fermezza. Il bokken che aveva personalmente tagliato era poco più lungo di quelli usati normalmente dai samurai e volutamente questo dettaglio era stato nascosto all’avversario, che non ebbe tempo di calibrare la portata del colpo.

Oltre il celebre Vagabond, il mito di Musashi ha raggiunto anche le sponde americane, dove venne creato un suo alter ego in versione animale: Usagi Miyamoto, un coniglio bianco che veste i panni di un samurai.

Usagi è il protagonista della collana Usagi Yojimbo, creata da Stan Sakai – un disegnatore giappo/americano – a partire dal 1984 e ancora in corso. Con la sua opera ha cavalcato gli anni dei personaggi animali antropomorfizzati a seguito del boom delle Tartarughe Ninja.

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Una  memorabile dedica alla memoria di Musashi la troviamo nella serie Dott. Slump e Arale, del mitico Akira Toriyama: due capitoli dal titolo “E Kojiro aspettava” (parte 1 e parte 2).

Chi come me ha a che fare nella vita con persone ritardatarie, sa che aspettare perennemente qualcuno è alquanto stressante e il leggendario Miyamoto fece proprio delle sue attese una carta vincente! Il nostro ronin era infatti famoso per i suoi infiniti ritardi, parliamo di ore e ore, tanto che Sasaki Kojiro dovette aspettare tre giorni nel luogo designato per il loro scontro e quando Musashi lo trovò adirato e fortemente toccato per la lunga attesa (giustamente, aggiungerei!) gli disse chiaramente che aveva già perso.

musashi 5Nel capitolo “gag” di Toriyama, Arale fa un viaggio nel tempo insieme a Gajira e Taro, arrivando nel Giappone ai tempi del nostro samurai, proprio durante l’attesa di Kojiro per il loro duello mortale. Musashi stavolta è disegnato tozzo e goffo, orgoglioso ormai della sua fama cerca di dimostrare in tutti i modi la sua forza ad Arale, che però lo sfida a una “banale” morra cinese o (suo passatempo preferito!) a prendere cacche con un bastone! Qualsiasi sfida propone, Arale vince sempre, tanto che Musashi le chiede di portarlo nel suo mondo per imparare tutte le sue tecniche segrete;  il capitolo si chiude con l’immagine del rozzo e tarchiato ronin a scuola, tra i compagni della robottina e il povero Kojiro ormai vecchio decrepito che ancora lo aspetta…

L’epoca dei samurai è ancora sentita e viva nell’animo dei giapponesi moderni, rifiutando l’immagine stereotipata dell’uomo attuale visto come “animale economico” e “uomo-massa”. Molti figli del Sol levante preferiscono vedere se stessi come altrettanti Musashi del Duemila, individualistici e di elevati principi, autodisciplinati ed esteticamente sensibili. Entrambi i ritratti hanno una validità anche per noi, ci mostrano la complessità dell’animo giapponese dietro un’esteriorità blanda e uniforme.
Chi non resterebbe affascinato davanti questa leggenda?

Saki

 

Saki

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Cuore giapponese in un corpo italiano, leggo manga dalla più tenera età e sogno ancora di cavalcare Falcor! Curiosa fino allo sfinimento, sono pronta a parlarvi delle mie scoperte!

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