Alice in Borderland: finalmente il cerchio si è chiuso

Da poche settimiane è online la terza ed ultima stagione di Alice in Borderland, la serie Netflix ispirata all'opera di Haro Asō. Ripercorriamo insieme tutto il progetto, dalla prima stagione fino agli ultimi episodi grazie ai quali abbiamo chiuso il cerchio.

Carmela Massa
speciale alice in borderland 3

Ci sono serie che si guardano, e altre che si vivono, Alice in Borderland appartiene alla seconda categoria. Fin dai primi minuti del debutto su Netflix, avvenuto ormai il 2020, con quella Tokyo improvvisamente deserta e l’aria sospesa tra sogno e incubo, capiamo che non stiamo per assistere a un semplice survival game. Stiamo entrando in un limbo dove la vita si misura in battiti, e ogni gioco è un riflesso distorto dell’animo umano.

Dal deserto di Shibuya all’ultima carta girata, la serie Netflix trattta dal manga di Haro Aso è un viaggio nella paura, nella solitudine e nel disperato desiderio di vivere. Già con l’opera originale Haro Aso aveva scelto l’idea originale di reinterpretare il classico di Lewis Carroll trasformando il Paese delle Meraviglie in un incubo distopico.

Come l’Alice originale, anche Arisu cade in un mondo parallelo dove le regole non hanno più senso, ma qui la meraviglia lascia spazio all’angoscia: ogni gioco è una porta che si apre sull’assurdo, e ogni personaggio è un riflesso oscuro di ciò che siamo disposti a fare per sopravvivere.

Netflix ha capito sicuramente il potenziale dell’opera di Aso e così ha scommesso in questo nuovo viaggio durato 5 anni e 3 discutibili stagioni. Le definiamo discutibili perché fino alla seconda stagione tutto sembrava andare nel verso giusto. Anzi, la seconda stagione era stata un’incredibile scoperta perché nessuno credeva che Netflix sarebbe riuscito a proporre un prodotto migliore della prima stagione.

Recentemente è uscita la tanto attesa 3 stagione di Alice in Borderland, quella che serviva a chiudere un cerchio già chiuso. Parliamo di cerchio già concluso perché la seconda stagione si chiudeva con lo stesso finale dell’opera originale. Proprio per questo all’annuncio della terza stagione, il pubblico era abbastanza titubante.

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Alice in Borderland: un viaggio iniziato nel 2020

Nel 2020 Netflix lanciò quella che secondo noi è la migliore serie survival game in circolazione. Altri progetti come per esempio Squid Game, nonstante l’incredibile successo, non avevano quella marcia in più che invece ha avuto “Alice in Borderland”.

Arisu, il protagonista, è un gamer disilluso e geniale, rappresenta l’anti-eroe per eccellenza in un mondo che ha perso ogni regola. Insieme ai suoi due amici, finisce in una dimensione parallela in cui per sopravvivere bisogna partecipare a giochi mortali. Ogni game rappresenta una carta da gioco ma allo stesso tempo anche un’ulteriore proroga in Borderland. Ma dietro l’adrenalina, Alice in Borderland nasconde molto di più: una riflessione feroce sulla nostra generazione, sull’apatia e sul vuoto che si nasconde dietro gli schermi.

La prima stagione di Alice in Borderland colpisce come un pugno nello stomaco. Il ritmo è serrato, i giochi geniali ma allo stesso tempo crudeli. Alla fine della prima stagione però ciò che resta davvero non è la scia di sangue e morte che i game hanno lasciato, è il silenzio gettato come un tappeto, su quei legami che sono riusciti a nascere in una situazione così surreale.

Arisu esce dalla prima stagione vincitore di molti game, ma ciò che lo segna è la consapevolezza che nessuna vittoria riempirà mai quel vuoto incolmabile fatto di tanti dubbi e pochissime certezze. Ogni morte pesa, ogni sopravvissuto si porta dietro un pezzo di colpa. Si, perché in molti game, soprattutto quelli segnati come game di cuori, i protagonisti sono spesso costretti a scegliere tra la propria vita e quella di un compagno di squadra.

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Come funzionano i game di Borderland

In “Alice in Borderland” ogni gioco è legato a una carta da gioco, e non è solo un simbolo estetico: rappresenta una vera e propria categoria psicologica e fisica delle prove che i giocatori devono affrontare. È una trovata brillante, perché trasforma un mazzo di carte in un linguaggio di sopravvivenza, dove ogni seme rivela l’anima del gioco e quella dei suoi partecipanti.

I giochi di Picche sono quelli più brutali: prove di forza, resistenza fisica e istinto primordiale. Qui non bastano cervello o parole, serve il corpo. Sono le sfide in cui si corre, si fugge, si combatte, e spesso si muore nel modo più crudo. Le picche rappresentano la forza bruta e la capacità di reagire all’adrenalina pura.

I giochi di Fiori, invece, mettono alla prova la cooperazione. Si vincono solo con la fiducia e il gioco di squadra, ma è proprio qui che la serie si diverte a scomporre le dinamiche umane: alleanze, tradimenti, manipolazioni. Nei fiori la sopravvivenza non è mai individuale ma non è detto che chi ti sorride sia dalla tua parte.

I giochi di Quadri si basano sulla logica, l’intelletto e la capacità di pensare sotto pressione. Sono i puzzle della morte: chi non osserva, chi non ragiona, chi si lascia prendere dal panico, viene eliminato. In queste partite l’arma più affilata è la mente, non il corpo.

Infine, i giochi di Cuori, o meglio, quelli più temuti da tutti. Qui l’obiettivo non è solo vincere: è sopravvivere alla psicologia. I giochi di cuori spezzano i legami, costringono i partecipanti a scegliere tra la propria vita e quella degli altri. Sono prove emotive, crudeli, che scavano nelle paure più profonde dell’essere umano.

E poi c’è il numero della carta: più alto è il valore, maggiore è la difficoltà. Il Re, la Regina e il Fante sono i game master, ovvero coloro che hanno già vinto e ora governano i rispettivi mondi. È un sistema narrativo perfetto: matematico come un videogioco, ma simbolico come un racconto mitologico. In Alice in Borderland, anche una semplice carta può decidere il destino di un’anima.

Alice in borderland 2

Focus sulla seconda stagione di Alice in Borderland

Se la prima stagione era una corsa contro il tempo, la seconda è una discesa dentro l’anima. Usagi e Arisu si ritrovano, si perdono, si cercano come due sopravvissuti a un sogno che non vogliono smettere di capire. I giochi diventano più ingegnosi, più cruenti e anche l’ingresso di nuovi personaggi finemente caratterizzati, rende la seconda stagione la più speciale (a nostro avviso).

Si iniziano a intrecciare storie di vite passate con quel presente ovattato che a tratti sembra un’incubo ma anche un sogno. Uno dei giochi che ci hanno maggiormente colpito è stato sicuramente quello ambientato nella prigione. Si tratta di un gioco di quadri e quindi di logica.

Il Fante di Quadri ha ideato un’incredibile sfida in cui i giocatori vengono rinchiusi in un edificio labirintico e ognuno indossa un collare elettronico che mostra un simbolo diverso. Nessuno può vedere il proprio, solo quelli degli altri. Tra i presenti si nasconde il Fante e l’obiettivo del game è proprio quello di scoprire la sua identità prima che il tempo scada. Questo gioco mette a dura prova tutti i presenti perché inizialmente sembra abbastanza semplice.

Alice in Borderland 2

Si formano i primi gruppi di persone che intendono sostenersi a vicenda, ma mano a mano che il game avanza i sospetti degli uni verso gli altri iniziano a influenzare il loro atteggiamento. In questo game il protagonista assoluto è Chishiya (personaggio che dovrebbe rappresentare metaforicamente lo stregatto di Alice in Wonderland). La sua arguzia lo porterà fino alla fine del game, facendolo uscire come vincitore nonostante gli sviluppi avvenuti durante il gioco.

Con il finale della seconda stagione che ripropone lo stesso epilogo del manga a cura di Haro Aso il pubblico si era un attimo tranquillizzato. Poteva non piacere ma era un degno finale dell’opera. Solo che quella carta del Joker fungeva già da presagio… Per molto tempo ci siamo interrogati su una terza stagione, in un certo periodo avevamo anche perso le speranze credendo che quell’immagine finale fosse solo un dettaglio insignificante.

Un giorno però.. fu annunciata la terza stagione e noi lo abbiamo annunciato con questo articolo.

Alice in Borderland 3 - key visual

Finalmente è arrivata la terza stagione di Alice in Borderland

La terza stagione di Alice in Borderland era un punto interrogativo fin dall’inizio ma vista la lunga attesa le aspettative ormai erano alle stelle. Pubblicata su Netflix in tempi recentissimi questa stagione ha creato un po’ di confusione nella mente degli spettatori.

Se da un lato Alice in Borderland raggiunge vette altissime, basti pensare alla fotografia, capace di trasformare ogni scena in un quadro sospeso tra realtà e allucinazione, dall’altro lascia un retrogusto di delusione in alcuni momenti chiave.

Il capolavoro di Haro Aso era un’opera difficile da proseguire. L’idea originale era talmente brillante da rendere quasi impossibile concepire un seguito all’altezza. Solo una mente altrettanto visionaria avrebbe potuto raccogliere quella sfida fino in fondo.

Purtroppo Netflix non ci è riuscito, ha proposto un prodotto tecnicamente molto raffinato ma abbastanza carente di trama. La fotografia per esempio, è fredda e tagliente, come se fosse un’estensione emotiva dei protagonisti stessi. I colori saturi delle carte si contrappongono perfettamente con il grigio di una Tokyo ormai caduta nella distopia. Ogni inquadratura è costruita per creare disagio e bellezza allo stesso tempo.

E i nuovi personaggi?

Ma la trama purtroppo presenta molte pecche. A partire dai nuovi personaggi introdotti, che proprio non riescono ad eclissare i loro predecessori. Solo qualcuno è riuscito a distinguersi e parliamo per esempio di Rei Morikage.

Il suo personaggio inizialmente enigmatico si rivela poi uno di quelli da proteggere a tutti i costi. Secondo alcuni fan, il personaggio di Rei è un cameo a Rei Ayanami di Neon Genesis Evangelion. 

E non solo per il caschetto di capelli blu, ma anche per il suo silenzio spesso necessario. Rei Morikage è rappresentata come una giovane studentessa che sogna di diventare un’illustratrice di anime e manga e forse il miglior personaggio costruito di questa terza stagione. Mentre i restanti protagonisti risultano un po’ anonimi.

Rei Alice in Borderland

In generale la serie non ha avuto paura di prendersi i suoi tempi, episodi che superano spesso l’ora, a volte persino l’ora e mezza, lo dimostrano chiaramente. Ma forse è proprio questo ritmo dilatato ad aver pesato sul coinvolgimento dello spettatore.

I giochi, rispetto alle stagioni precedenti, risultano più statici e meno adrenalinici, perdendo quell’imprevedibilità che ci teneva incollati allo schermo. Solo il game degli zombie riesce, per un attimo, a riaccendere la curiosità e a restituire un po’ di quella tensione che avevamo amato all’inizio.

La delusione però non avviene solo per la trama ma anche per il fatto che il cast sembrava veramente adatto ad una degna conclusione. Ancora una volta Kento Yamazaki dimostra di essere un eccellente attore oltre che essere perfetto per il ruolo di Arisu. Anche l’inserimento di alcuni grandi nomi come Ken Watanabe sembrava destinato ad alzare la serie su un livello superiore.

E invece no. Così non è stato. Forse sarebbe stato meglio lasciare Alice in Borderland al termine della seconda stagione, con quella carta del Joker a fluttuare come un mistero irrisolto. Un finale aperto, sì, ma perfettamente coerente con l’anima enigmatica dell’opera. Avremmo conservato un ricordo più limpido, un epilogo giusto per un viaggio che aveva già detto tutto, senza bisogno di forzare la magia oltre il dovuto.

E tu invece cosa ne pensi? Faccello sapere nei commenti.

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Appassionata di musica, anime, manga e serie tv, vivo la vita come se fossi la protagonista di un teen drama. Anche adesso che ho passato la 30ina. Amo scrivere di tutto ciò che mi emoziona ed è da piccola che sogno di sposare Goku e salvare il mondo insieme a lui!
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