Quando gli anime hanno provato a parlare di giochi: tra dadi e scommesse

Dal mahjong alle scommesse: gli anime giapponesi come Kakegurui e Kaiji raccontano il gioco come metafora di vita e rivalità

Redazione MegaNerd
quando gli anime hanno provato a parlare di giochi

All’interno del mondo dell’animazione giapponese, il gioco nella sua accezione più generica, sportivo, intellettuale, tradizionale, ha sempre avuto un ruolo centrale per delineare abilità, carattere o anche rivalità tra i vari personaggi, fungendo da perfetto strumento narrativo.

Questo si è riflesso anche nel genere dello “spokon”, ovvero un genere in cui qualsiasi disciplina viene messa all’interno dell’esperienza narrativa diventando una metafora: alle volte di crescita personale, alle volte di competizione, altre volte ancora di qualcosa di più importante. In Italia durante il corso degli anni ottanta abbiamo avuto prodotti come Mila e Shiro, Holly & Benji o ancora, in tempi più recenti, Let’s & Go: sulle ali di un turbo, giusto per parlare di prodotti universalmente conosciuti.

Ci sono tanti anime che hanno provato a fare la stessa cosa con il mondo de casinò e del gioco: Kakegurui, Akagi e Gyakkyo Burai Kaiji ne sono tre fulgidi esempi, adattando parte dei topoi propri dello spokon a questo tipo di narrazione.

mila e shiro anime

Divertimento made in japan

Per cominciare bisogna ricordarsi di un dettaglio: all’interno della cultura giapponese, il gioco d’azzardo ha sempre oscillato tra proibizione e fascinazione popolare, tanto che l’ambiente culturale locale ha permesso la nascita di giochi completamente autoctoni come i pachinko (di cui esistono anche anime). Titoli come Kakegurui, Akagi e Gyakkyo Burai Kaiji raccontano però dell’umanità attraverso il gioco, trasformando quest’ultimo ancor di più in un rito tanto sociale quanto psicologico, specchio di ciò che alberga dentro le anime di ognuno.

Non soltanto quindi sfide di carte o tessere, bensì dinamiche complesse della mente quando si vuole giocare, il tutto filtrato attraverso gli stereotipi tipici dell’animazione giapponese0 Ad esempio Kakegurui parla proprio dell’universo delle scommesse ma lo fa all’interno dell’accademia Hyakkou, un’istituzione fittizia il cui intero ordinamento sociale dipende in maniera completa dal mondo delle scommesse. All’interno di quest’opera studenti ultra-ricchi si sfidano a qualsiasi cosa pur di contendersi privilegi, scandali e reputazione, il tutto utilizzando giochi di vario genere, anche i più complessi del Backgammon regole che è bene ripassare. In questo contesto la figura di Yumeko Jabami, protagonista e “nuova arrivata”, è quasi perfetta in quanto lei gioca per il puro brivido del rischio, rivoltando le dinamiche studentesche.

casinò anime

Il gioco come racconto di tutto: vita, gioia e dolore

All’interno di Akagi a farla da padrone è il gioco del Mahjong, dove il giovane protagonista Shigeru emerge da un passato oscuro con l’obbiettivo di dominare i tavoli di Tokyo una mossa dopo l’altra, sempre imponendo la sua anima come premio in paio in scontri all’ultimo conteggio. L’opera parla del gioco del mahjong in maniera approfondita, spiegandone l’importazione dalla Cina ma anche il come sia diventato uno dei passatempi più popolari tra studenti e lavoratori. L’anime è stato talmente popolare da contribuire a rinvigorire l’interesse per il mahjong tra i giovani appassionati di giochi di ruolo e di strategia poco dopo la sau uscita, esattamente come ha fatto Gyakkyo Burai Kaiji.

Quest’ultimo è un anime completamente sopra le righe che segue le disattiventure di Kaiji Ito, un personaggio assimilabile al gruppo degli anti-eroi privo di prospettive, che sceglie di iniziare a giocare affrontando sfide sempre più incredibili e assurde: dai giochi di carte ai dadi giganti, arrivando addirittura a puzzle finanziari degni di un crittografo; nel fare questo, l’anime parlava di uno specifico periodo del mondo giapponese, tra bolla immobilarie ed economia stantia, diventando presto un grande (e inaspettato) successo di pubblico.

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