L’attesa è finalmente finita, Superman è qui.
Ne stiamo parlando da due anni, da quando James Gunn ha annunciato che l’inizio del nuovo DC Universe cinematografico sarebbe partito proprio dal primo supereroe della storia.
Non poteva essere altrimenti: tutto parte da lui, è l’archetipo su cui poi è stata costruita una mitologia che dura ancora oggi, declinata in ogni versione possibile e immaginabile.
Superman non è soltanto un personaggio dei fumetti. È un’icona culturale, una figura mitica radicata nel nostro immaginario collettivo. Incarna un ideale puro, quasi archetipico, fatto di coraggio, gentilezza e speranza incrollabile. È un simbolo di ciò che potremmo essere al nostro meglio, e ogni nuova versione che arriva sullo schermo porta con sé una grande responsabilità: quella di onorare l’eredità del passato, ma anche di renderla viva e rilevante per il presente. In questo senso, il Superman di James Gunn riesce là dove altri avevano fallito: restituisce all’Uomo d’Acciaio il suo cuore. Probabilmente perché il regista che ha portato al successo la trilogia dei Guardiani della Galassia il personaggio lo conosce bene.
Sa di cosa sta parlando e non tenta di snaturarlo, cercando il suo lato oscuro, tormentato. No.
Gunn vuole un personaggio ottimista, che non sia un dio tra gli uomini, ma un uomo fallibile, pieno di forza, ma anche di dubbi.
Non è una storia di origini, ma un percorso di crescita
Il film non perde tempo con l’ennesima riproposizione delle origini: non vediamo Krypton esplodere, non assistiamo all’arrivo della navicella su una Terra rurale, né al piccolo Clark scoprire i suoi poteri mentre cresce a Smallville. Il regista sceglie di raccontare tutto questo in modo letterale, riprendendo un po’ l’iconica introduzione dei film di Star Wars: poche righe per farci capire dove siamo e cosa sta succedendo.
È una mossa intelligente, che permette alla narrazione di concentrarsi su ciò che davvero conta: chi è Superman oggi, e cosa rappresenta in un universo sempre più complesso.
Anche questo, se vogliamo, viene dalla sua esperienza di lettore di fumetti: tutti noi abbiamo iniziato a leggere una serie in corsa, nessuno di noi ha avuto la fortuna di iniziare a leggere comics con lo storico Action Comics #1 del 1938 (l’albo in cui debutta Superman). Siamo tutti arrivati dopo e quelle origini ci sono state raccontate più volte. Possiamo saltarle e arrivare nel cuore dell’azione.
Fin dalle prime scene, si avverte un tono diverso. L’atmosfera non è cupa, ma nemmeno eccessivamente leggera (nonostante Krypto faccia di tutto per renderla tale). È un equilibrio sottile, in cui l’azione convive con l’introspezione, la meraviglia con l’umanità. Superman è già un eroe affermato (e discusso), ma è anche un uomo alla costante ricerca di equilibrio tra le sue due identità: Kal-El, ultimo figlio di Krypton, e Clark Kent, figlio adottivo di Jonathan e Martha. Gunn costruisce il film proprio attorno a questo dualismo, facendo emergere la dimensione profondamente umana del personaggio.
David Corenswet è un Superman convincente
David Corenswet offre una performance sorprendente nella sua naturalezza. Il suo Superman è forte, imponente, ma anche incredibilmente accessibile. Come accennato poco più in alto, non è un dio distante, ma un uomo che si sforza ogni giorno di vivere secondo i propri ideali. C’è dolcezza nei suoi sguardi, sincerità nei suoi gesti. Quando salva qualcuno, lo fa con gioia, non con arroganza. Dopo aver messo al sicuro qualcuno, chiede se sta bene. Quando combatte, lo fa con dolore, non con leggerezza. È un eroe che sente il peso del suo ruolo, che riflette sulle conseguenze delle sue azioni e che, proprio per questo, riesce a essere più vicino a noi che mai.
In un passaggio centrale del film – anticipato dal primo trailer esteso -, Superman interviene in una crisi internazionale e le sue azioni scatenano un acceso dibattito globale. Ha fatto troppo? Troppo poco? Dove finisce la responsabilità di un eroe, e dove inizia quella di un uomo? Questi interrogativi attraversano la narrazione, accendendo anche una discussione con Lois (l’amore della sua vita, che qui frequenta da soli tre mesi), la quale è abituata a mettere tutto e soprattutto tutti in discussione. Sì, anche Superman.
Superman ha salvato delle vite, ma ha pensato che a ogni azione corrisponde una reazione (politica)? I riferimenti allo scenario internazionale attuale sono evidenti e nonostante i nomi fittizi, è piuttosto chiaro il messaggio che Gunn vuole lanciare al mondo. Superman prova disperatamente a fare del bene, a salvare vite, a evitare guerre. Ma può farlo? Se lo fa, chi rappresenta?
Lois Lane, l’elemento punk rock del film
Abbiamo citato Lois, la storica compagna di Clark, che qui ha il volto e il carisma della talentuosa Rachel Brosnahan: l’attrice che ha conosciuto la notorietà grazie alla serie La fantastica signora Maisel dona a Lois Lane una presenza magnetica e sorprendentemente moderna. Già dalle prime scene è evidente che ci troviamo di fronte a una donna di carattere, che affronta il giornalismo con serietà e rigore.
Nel farlo non ha paura di tenere testa a Superman e – per questo – finire a discutere proprio con Clark in un dialogo brillante, fatto di battute rapide e frecciatine argute. Lois pone domande, continuamente. Ragiona, prova a guardare le cose da varie angolazioni e dimostra di essere già più matura dell’Uomo d’Acciaio, che in questa fase (soprattutto all’inizio del film) ragiona in modo più impulsivo che ponderato. Questa Lois ha l’animo punk rock ed è probabilmente l’unica donna al mondo in grado di guardare negli occhi Superman e dirgli “sei sicuro?”.
Lex Luthor: genio, follia e ossessione
Nicholas Hoult reinventa la storica nemesi di Superman con una performance intensa, disturbante e, al tempo stesso, affascinante. Il suo Luthor è un uomo brillante, ma fragile, incapace di accettare l’idea che possa esistere qualcuno superiore a lui. Non è un semplice megalomane: è un personaggio consumato dalla propria ossessione. Gunn costruisce con attenzione il suo arco narrativo, permettendo a Hoult di alternare momenti di gelo calcolatore ad altri di esplosiva instabilità.
Ciò che rende questo Luthor così efficace è la sua umanità distorta. Non è malvagio per natura, ma per scelta. Ogni sua azione nasce da un rifiuto profondo dell’idea che Superman possa essere migliore. In un certo senso, Luthor rappresenta la paura del cambiamento, dell’ignoto, del “diverso” che ci sfida a essere migliori. È l’ombra necessaria alla luce dell’Uomo d’Acciaio.
Probabilmente è la versione live action più spietata mai messa in scena del personaggio.
Il Daily Planet: grandi personaggi, poco spazio
Lo immaginavamo, era davvero impossibile dare a tutto il cast lo spazio che avrebbe meritato. Un esempio lampante è la redazione del Daily Planet, che ci viene presentata in modo rapido e che fondamentalmente serve a coprire il ruolo dei comprimari. All’interno troviamo Jimmy Olsen (Skyler Gisondo), il direttore del giornale Perry White (interpretato da Wendell Pierce), la mondana Cat Grant (Mikaela Hoover), l’attento Ron Troupe (Christopher McDonald) e quello sbruffone di Steve Lombard (Beck Bennett). Peccato non averli conosciuti meglio, ma la carne al fuoco era già molta.
Pronti per la Justice… Gang?
Se i colleghi del Planet hanno poco spazio, lo stesso non si può dire per i supereroi che affiancano Superman. Edi Gathegi è strepitoso come Mister Terrific: razionale, brillante, perfettamente calato nel ruolo. Nathan Fillion diverte nei panni del ruvido Guy Gardner/Lanterna Verde, mentre Isabela Merced regala eleganza e mistero a una Hawkgirl che lascia il segno. Gunn riesce a differenziarli, a renderli unici e vivi. Non sono semplici spalle: sembrano pronti per guidare una loro avventura, e arricchiscono in modo sostanziale la credibilità del nuovo DCU. Si fanno chiamare Justice Gang, ma come dice la supereroina alata…”è un nome ancora provvisorio”.
Lois & Clark: una coppia normale, che sta imparando a conoscersi
Al centro del film, però, c’è anche il cuore. Lois e Clark sono all’inizio della loro relazione: si stanno ancora conoscendo, misurando, cercando di capire cosa significhi stare insieme. Le scene tra loro sono alcune delle più riuscite della carriera di Gunn. Non c’è melodramma, solo intimità, ironia e tenerezza. Questa dinamica rende Superman ancora più umano, e dà profondità al racconto, rendendolo più coinvolgente. La chimica che c’è tra David Corenswet e Rachel Brosnahan è palpabile e aiuta a rendere straordinariamente credibile il rapporto tra i due.
In parallelo, anche i genitori terrestri di Clark, interpretati da Pruitt Taylor Vince e Neva Howell, lasciano un’impronta forte nonostante la brevità delle loro scene. Jonathan Kent è fiero e malinconico, Martha è pratica e affettuosa. Il loro rapporto è autentico, fatto di piccoli gesti e battute taglienti che nascondono amore profondo.
Rispecchiano fedelmente le loro controparti fumettistiche.
Krypto: un disastro ambulante a cui è impossibile non volere bene
E poi c’è Krypto, il Super Cane, personaggio che sin dalla sua prima apparizione nei trailer ha diviso l’opinione pubblica. Le scene più simpatiche ovviamente sono quelle che lo coinvolgono ed è in qualche modo l’elemento che alleggerisce la storia quando serve. Ma non solo: per Superman è un amico, qualcuno con cui ha un rapporto leale. I due si vogliono bene, a modo loro.
È un omaggio affettuoso alla tradizione fumettistica più “colorata” della DC, che spesso viene snobbata nei film moderni. Qui, invece, viene celebrata con onestà e intelligenza.
Azione e stile: la firma inconfondibile di Gunn
L’azione non è mai fine a sé stessa. Gunn costruisce sequenze spettacolari che servono a far evolvere la storia e i personaggi. Funziona quando è incentrata su Superman, Mister Terrific o l’incredibile Metamorpho (interpretato da Anthony Carrigan). Meno riuscita è The Engineer, una villain secondaria il cui scopo (e relativo sacrificio per ottenere i poteri) è poco chiaro.
Le sequenze in cui Luthor “pilota” Ultraman a distanza – suggerendogli mosse in tempo reale – sono sorprendenti. Avrebbero potuto risultare ripetitive o grottesche, ma grazie al montaggio serrato di Gunn diventano un elemento stilistico interessante.
Il vero superpotere? L’amore per i fumetti
Ciò che rende speciale Superman di James Gunn è il rispetto assoluto per le radici fumettistiche del personaggio. Gunn non ha paura di esagerare, di abbracciare l’assurdo, il colorato, l’epico. Non cerca giustificazioni “realistiche” a ogni cosa: si fida dei personaggi, del mondo che racconta, e dello spettatore. Ed è proprio questa fiducia a fare la differenza.
Sì, è davvero un nuovo inizio
In un periodo in cui i cinecomic sembrano arrancare, Superman arriva come una ventata d’aria fresca. Non reinventa il genere, ma lo riporta al cuore pulsante: la speranza, la meraviglia, l’umanità dietro il mantello. James Gunn dimostra di essere uno dei pochi registi capaci di trasformare un film di supereroi in qualcosa di vivo, personale e universale.
Ovviamente il film non è esente da difetti: in alcune occasioni la linea comica straborda, in determinati momenti ci si poteva prendere più tempo per approfondire di più alcune cose.
Però va bene così. Serviva una scossa, ed è arrivata. Forte, potente, che illumina un percorso che speriamo davvero possa portarci lontano.
Con questo primo passo, il nuovo DC Universe sembra avere finalmente una direzione chiara. Superman non è solo un buon film: è una promessa.
Una promessa che ci dice che c’è ancora spazio per sognare al cinema, per tornare a credere che un nuovo possa davvero volare.
Che NOI possiamo davvero volare.
Bentornato, Clark.

Superman
David Corenswet: Clark Kent / Superman
Rachel Brosnahan: Lois Lane
Nicholas Hoult: Lex Luthor
Edi Gathegi: Michael Holt / Mister Terrific
Anthony Carrigan: Rex Mason / Metamorpho
Nathan Fillion: Guy Gardner / Lanterna Verde
Isabela Merced: Kendra Saunders / Hawkgirl