Per la collana Dystopia, Mirage Comics pubblica un nuovo, disturbante volume sulle miserie umane. Elegy of a bleeding soul si avvale della penna di Lorenzo Malafarina e dell’arte di Fratini, Rincione e Bisley per raccontare quanto un’anima possa cadere in basso anche nel suo tentativo, ultimo, di riscattarsi
La Treccani definisce l’elegia come un componimento poetico – tipico delle letterature greca e latina – di argomento improntato a un tono, meditativo e malinconico, di compianto per una condizione d’infelicità di varia origine (morte o lontananza di persone care, amore non corrisposto, ecc.).
Una poesia della tristezza e della mancanza, per così dire, e una definizione che racchiude l’essenza di Elegy of a Bleeding Soul, senza però riuscire a catturarne tutte le sfumature.
L’opera, graphic novel a più mani, scava infatti nelle profondità dell’oscurità e della miseria che un corpo umano possa contenere, arrivando a raccontare come anche nel desiderio di rivalsa di chi vive al bordo della società possano celarsi una dipendenza e una spinta autodistruttiva.
Elegy of a Bleeding Soul – Dietro le quinte
La sinossi ufficiale condivisa da Mirage Comics presenta Elegy of a bleeding soul in questi termini:
Un gruppo di persone con un passato drammatico e un futuro privo di prospettive si ritrova, per una serie di circostanze, a diventare vigilantes. La violenza scorre a fiumi, generando in loro una nuova forma di dipendenza e rendendoli totalmente fuori controllo.
Mentre sono alla disperata ricerca di un equilibrio, si rendono conto che qualcosa li segue nell’ombra… Un’intensa storia di perdizione e riscatto sociale, con i contributi aggiunti di Giulio Rincione e Simon Bisley.
Anime sanguinanti, dannate e in cerca di riscatto, che Massimo Fratini, e i già citati Giulio Rincione e Simon Bisley interpretano senza pietà alcuna nel tratto e nei colori, seguendo la sceneggiatura estremamente cinematografica di Lorenzo Malafarina.
La vicenda si apre con una vita aggrappata alla Morte, quella di un uomo che l’ha inseguita fin da bambino come unico sollievo per i propri mali. E da lì passa con un abile taglio su un gruppo di sostegno per anime perdute. Che si ritrovano, sì, e insieme decidono di suicidarsi lanciandosi in un palazzo in fiamme, per porre fine al loro supplizio.
Ma com’è per il personaggio nella scena iniziale, vale anche per gli altri: la Morte si rifiuta di liberarli; li risputa fuori – quasi tutti – e anzi li maledice rendendoli eroi, così che abbiano una nuova droga da cui dipendere: l’adrenalina.
Ecco come cinque disgraziati senza futuro e con un passato a brandelli diventano vigilantes, con maschere e simboli che rimandano agli eroi dei fumetti, gli eroi veri, quelli che picchiano i cattivi senza far saltare loro le cervella né strappargli le labbra in un bacio mortale.
C’è violenza in Elegy of a Bleeding Soul, ci sono dita che si spezzano e sangue che scorre a fiumi, corpi squarciati – in cui qualcuno ha rovistato, forse cercando la redenzione – e gole tagliate. Non è per stomaci leggeri. Eppure.
Eppure, se riuscite a superare per un attimo il disgusto di chi, come me, non ama lo splatter, potrete vedere un’umanità molto più reale e realistica di quella che trovereste altrove, colorata con sapienza ed espressività da Giacomo Galligani, che sembra scegliere quanto di più cupo e a un tempo limpido ci sia.
Una scena, in particolare, lascia in bocca un amaro sapore di verità: si vedono, nel fu salone di un palazzo cadente, corpi stremati e distrutti dalla droga, forse vivi, forse morti, forse zombie. Mi ha ricordato i fentanyl-dipendenti visti di sfuggita in brandelli di documentari che non ho avuto il coraggio di guardare.
Elegy of a Bleeding Soul – Una storia, due spin-off
Quando la trama principale di Elegy of a bleeding soul arriva a conclusione, e viene svelata la natura dell’ombra che perseguitava i vigilantes, si aprono due meravigliosi spin-off (quelli che portano la firma di Rincione e Bisley). Più che spin-off, un po’ sottotrame, un po’ origin stories.
La prima, dedicata all’unica donna del gruppo, si apre con la stessa meravigliosa immagine scelta per la copertina variant: una creatura dal ghigno malefico emerge dalle fiamme che la consumano e la creano. È sangue, è dolore, è ferita, è piacere; è forse proprio quell’anima tumefatta che urla vendetta.
Col suo tratto spigoloso e sbavato, e quell’uso suggestivo dei colori che pochi sanno fare come lui, Giulio Rincione ci racconta la freddezza della vita di una puttana – non userò mezzi termini, come non lo fa la sua matita – che insegue briciole di calore (e colore) in uno dei suoi clienti.
Ma non ci può essere colore nella vita di una come lei, se non il seppia della mediocrità e il rosso della violenza. Prima subita; poi, finalmente, inflitta, quando qualcosa le si illumina dentro.
Una storia evocativa ai massimi termini, che da quelle fiamme iniziali arriva a compimento in uno sfondo nero, in cui s’intravede la crudele figura del pappone, sovrastato da una rosa di sangue che finalmente è sbocciata.
Per il secondo spin-off, invece, Simon Bisley sceglie un bianco e nero totale, che si concede appena un velo di seppia nelle prime due tavole, per poi diventare secco, buio, accennato appena. Il suo tratto riempie lo spazio di oggetti inutili, laddove non è l’oscurità a inghiottire tutto.
Nulla di casuale, neppure in questo caso: la creatura che da quelle tenebre emerge, in quelle tenebre è stata cresciuta, come punizione per ogni suo torto. “Altri dieci giorni al buio ti chiariranno le idee” si sente urlare da una madre col viso deformato dalla crudeltà.
Ne è venuto fuori un supereroe che cerca solo un cattivo da uccidere, mentre il sangue sgorga nero, indistinguibile dalla pagina. Lui, come i suoi compagni, non vuole essere paladino dei giusti, solamente il supplizio dei malvagi.
Concludono il volume un Diario della mia mente, che aggiunge qualche dettaglio in più per permettere una più facile associazione dei personaggi (ma dopotutto, è fondamentale?), e una sketch zone che riporta alcune tavole in delle diverse versioni o colorazioni.
Elegy of a Bleeding Soul pone le basi per raccontare altre storie, o per continuare la principale, ma funziona perfettamente anche così. Racconta ciò che voleva, la dannazione di anime che non hanno conosciuto altro che tormento. E che non conoscono
la differenza tra l’appagamento nell’alleviare il dolore ai seviziati ed il sollievo nell’infliggere tale dolore ai seviziatori.
Non è una storia di eroismo: è solo una storia di anime lacere che cercano sollievo dal proprio dolore.
