Yoshitaka Amano prima di essere “Yoshitaka Amano”

Fino al 12 ottobre 2025 sarà possibile recarsi a Palazzo Braschi (Roma) e visitare l'incredibile mostra Amano Corpus Animae. Yoshitaka Amano prima di diventare il "pittore dei sogni" è stato artista immerso nell’industria dell’animazione seriale. Approfondiamo il lavoro del Maestro all'interno della Tatsunoko Production

Sig.ra Moroboshi
speciale yoshitaka amano prima di amano 2025

C’è un Yoshitaka Amano che tutti conoscono: quello delle copertine di Final Fantasy, delle figure sospese tra sogno e mitologia, dell’estetica d’oro e nebbia. Ma c’è anche un Amano prima di diventare se stesso. Un Amano giovanissimo, chiuso in uno studio di animazione, che disegna per vivere e, senza saperlo, comincia a disegnare il suo mondo: l’Amano della Tatsunoko Production.

Non il mito, ma la radice. Non la gloria dei musei, ma l’inchiostro veloce delle produzioni televisive. È lì che Amano comincia a raccontare, con i suoi tratti sottili e pieni di malinconia, l’ossessione per l’eroe tragico, la donna teatrale, l’infanzia ferita. È lì che Casshern, Time Bokan e persino l’Ape Magà portano sullo schermo il dolore della trasformazione.

Scrivere di questo Amano è come cercare la voce di un poeta in mezzo al rumore di una fabbrica. Ma se si ascolta bene, si sente: una linea curva, un volto troppo fragile, un colore fuori luogo. Sono questi piccoli gesti — dentro serie fatte per correre, vendere, intrattenere — che raccontano un artista che già allora non stava più dentro i confini dell’animazione.

Dal 28 marzo al 12 ottobre 2025, nella bellissima cornice romana di Piazza Navona, è stata allestita all’interno del Museo di Roma a Palazzo Braschi la mostra Amano Corpus Animae. Ideata e sviluppata da Lucca Comics & Games e curata da Fabio Viola, la mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, e celebra i 50 anni di carriera del Maestro raccogliendo in un unico percorso espositivo più di 200 tra opere originali, cel d’animazione e oggetti di culto. Cinque sono le sezioni in cui si divide il percorso espositivo e il primo è quello dedicato alla Tatsunoko Production.

Yoshitaka Amano Corpus Animae_ph. Monkeys Video Lab

Yoshitaka Amano – Il suo incredibile contributo all’industria dell’animazione

Nel mondo dell’illustrazione giapponese, il nome Yoshitaka Amano è ormai sinonimo di mondi onirici, figure eteree e una sensibilità che fonde il Rinascimento europeo con l’immaginario visivo orientale. Ma prima di diventare il “pittore dei sogni” di Final Fantasy, prima delle collaborazioni con Neil Gaiman o delle mostre internazionali, Amano fu un giovane artista immerso nell’industria dell’animazione seriale, dove imparò — e forzò — i limiti di un linguaggio visivo in piena mutazione.

Fondata nel 1962 da Tatsuo Yoshida, Tatsunoko Production nasce nel cuore della corsa all’animazione televisiva giapponese. In un’epoca dominata dalle influenze di Astro Boy e della scuola Tezuka, Tatsunoko si distingue per un approccio più visivo e dinamico, spesso intriso di estetica pop, psichedelia, e tematiche eroiche.

Nel 1967, un giovanissimo Yoshitaka Amano, appena quindicenne, entra a far parte dello studio. È un autodidatta, timido, quasi invisibile nei primi anni. Ma la sua mano è già inconfondibile: linee morbide, personaggi dagli occhi pieni di malinconia, e un senso di equilibrio tra il sublime e il meccanico. In breve tempo, diventa uno dei character designer di punta della casa. Nel pieno del boom tecnologico postbellico, la fantascienza televisiva giapponese si popola di robot, cyborg e guerre spaziali. Amano, tuttavia, porta in queste narrazioni qualcosa di più sottile: la fragilità della forma umana, la sensualità del sacrificio, il senso del destino.

Nei suoi personaggi — da Gatchaman a Casshern — convivono due tensioni opposte: la tensione meccanica, fatta di armature, tute, trasformazioni, corpi artificiali; la tensione emotiva, fatta di volti malinconici, sguardi persi, posture eleganti e vulnerabili. I suoi design raccontano, prima ancora che la trama lo faccia, la condizione tragica dell’eroe: un individuo segnato, spesso irrimediabilmente, da un conflitto tra umanità e potere.

Nel contesto Tatsunoko, Yoshitaka Amano contribuisce alla creazione di un nuovo tipo di supereroe giapponese: non più solo combattente muscolare o pilota di robot, ma figura cristologica, pronta al sacrificio, bella e sofferente, quasi aliena nella sua grazia. Le sue figure maschili sono spesso androgine, snelle, slanciate, simili più a danzatori che a soldati. Quelle femminili, al contrario, pur essendo idealizzate, evitano gli eccessi sessualizzati di altre produzioni coeve: sono sacerdotesse, madri, vittime, eroine tragiche, riflessi dell’ossessione di Amano per la bellezza perduta.

È importante sottolineare che Amano lavorava all’interno di una macchina produttiva estremamente rigida. Le serie TV Tatsunoko erano destinate a un pubblico giovane, soggette a ritmi di produzione serratissimi e limiti tecnici stringenti. Eppure, proprio in questa gabbia, Amano riesce a introdurre un’estetica personale e riconoscibile. Lo fa nei key visuals, nei model sheets, nelle illustrazioni promozionali, ma anche nella qualità intrinseca dei character design: esseri stilizzati ma vivi, capaci di parlare allo spettatore anche con un solo sguardo.

A questo punto, per comprendere appieno l’impatto di Amano nella Tatsunoko degli anni ’70, è necessario entrare dentro tre opere simbolo (non in ordine cronologico). Serie in cui la sua visione ha lasciato un’impronta indelebile — sia a livello estetico che concettuale.

Casshern – La bellezza del martirio meccanico

Yoshitaka Amano prima di essere “Yoshitaka Amano”

Casshern — o Shinzō Ningen Kyashān — è probabilmente l’apice del tragico eroismo di Amano in Tatsunoko. Protagonista è Tetsuya, giovane scienziato che si trasforma in un cyborg per combattere l’esercito dei robot ribelli. Un plot classico della fantascienza post-atomica, ma reso unico dal trattamento estetico. Cosa rende “Amano” questo Casshern? Il corpo cyborg è fragile, non invincibile. La linea di design è sottile, quasi scheletrica, più simile a un’armatura templare che a un super robot.

La maschera del dolore. Gli occhi del personaggio — espressivi anche nella loro ridotta mobilità — sono sempre in tensione. Non c’è trionfo, solo missione. Il bianco e il blu della tuta di Casshern non evocano potenza, ma purezza, quasi un abito rituale. Il suo costume è il suo sudario. In Casshern, Amano impone l’estetica del sacrificio all’animazione per ragazzi. Ogni fotogramma sembra dire: l’eroe vince, ma sempre a caro prezzo.

Time Bokan – L’eccesso come poetica visuale

Yoshitaka Amano prima di essere “Yoshitaka Amano”

A uno sguardo superficiale, Time Bokan è l’esatto opposto di Casshern. Serie comica, farsesca, piena di colori sgargianti, gag slapstick e dinamiche ripetitive. Eppure, anche qui, la mano di Amano è inconfondibile — e forse più libera. Miss Dronio (Doronjo 様) — vera icona.

Il suo character design (e quello del Trio Drombo) è un esempio di come Amano sappia fondere erotismo, parodia e teatralità. Dronio è una dominatrice grottesca, ma anche incredibilmente elegante: una villain che ama il proprio ruolo scenico. I suoi costumi sono un mix tra fetish e kabuki, e sono già in nuce le “streghe glam” che Amano svilupperà in altri contesti. Il contrasto tra le forme flessuose di Dronio e le linee geometriche delle macchine è parte del gioco visivo. Nel caos cromatico e narrativo di Time Bokan, Amano gioca con la sovversione visiva: disegna il brutto per farlo diventare bello, disegna il ridicolo con raffinatezza. È la sua satira visiva.

Hutch the Honeybee (L’ape Magà) – L’infanzia perduta illustrata con tenerezza brutale

Yoshitaka Amano prima di essere “Yoshitaka Amano”

Uscito in Italia con il nome di L’Ape Magà, Hutch the Honeybee è uno dei primi lavori di Yoshitaka Amano in Tatsunoko — e tra i più sottovalutati. È una serie sull’infanzia, certo, ma anche sulla perdita, la solitudine, la morte, filtrate attraverso gli occhi di un’ape in cerca della madre. Sotto l’apparente semplicità da anime educativo si cela un melodramma crudele.Amano, qui ancora giovanissimo, illustra: Insetti antropomorfi con volti incredibilmente espressivi, capaci di trasmettere dolore, amore, paura.

Un mondo naturale dai toni cupi, spesso opprimenti: foreste notturne, cieli plumbei, predatori implacabili. Una costante alternanza tra dolcezza e tragedia, dove ogni episodio sembra una favola illustrata che finisce male. In Hutch, la poetica Amano prende forma per la prima volta: l’innocenza come qualcosa di destinato a spezzarsi. E proprio per questo, infinitamente bello da rappresentare.

Nel cuore pulsante di una fabbrica di immagini in corsa, Yoshitaka Amano ha disegnato non solo personaggi, ma anime sospese tra luce e ombra. Quegli eroi fragili, quelle donne teatrali, quell’ape smarrita non sono semplici figure su uno schermo: sono il respiro di un’epoca che cercava se stessa, e la voce di un artista che già guardava oltre. In quelle linee sottili si nasconde una verità antica: la bellezza nasce dal confronto tra forza e vulnerabilità, da ciò che siamo e da ciò che sogniamo di essere. Amano, in quegli anni senza grande clamore, ha tracciato un percorso invisibile verso un futuro dove realtà e sogno si mescolano.

E oggi, guardando indietro, siamo chiamati a vedere in quei tratti delicati non solo una storia di animazione, ma il battito profondo di un’anima che non smette mai di cercare la luce.

Come dice lui stesso:

“Disegnare non è solo riprodurre ciò che vedo, ma cercare di catturare ciò che sento — un’emozione, un sogno, una fragilità invisibile agli occhi.”

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Contro il logorio della vita moderna, si difende leggendo una quantità esagerata di fumetti. Non adora altro Dio all'infuori di Tezuka. Cerca disperatamente da anni di rianimare il suo tamagotchi senza successo. Crede ancora che prima o poi, leggerà la fine di Berserk.
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