Arriva finalmente nelle sale italiane Thunderbolts*, il film targato Marvel Studios che riporta in scena i reietti e i perdenti dell’universo cinematografico Marvel… che, almeno per una volta, riescono a prendersi la ribalta. Questa è la nostra recensione, ovviamente senza spoiler
Dopo mesi di attesa e speculazioni su quel maledetto asterisco, Thunderbolts* fa finalmente il suo debutto nelle sale italiane, portando con sé una ventata di novità nel Marvel Cinematic Universe. Diretto da Jake Schreier, il film riunisce un gruppo di personaggi già noti al pubblico – tra antieroi, ex villain e figure moralmente ambigue – chiamati a formare una squadra poco ortodossa per affrontare una missione tanto difficile quanto inaspettata. Con un tono più cupo e una dinamica di gruppo per forza di cose inedita rispetto agli Avengers, Thunderbolts* si presenta al pubblico cercando di muoversi all’interno delle zone grigie dell’eroismo, offrendo allo stesso tempo azione, tensione e momenti carichi di pathos.
Inutile girarci intorno: quest’anno, l’attenzione del popolo dei cinecomics è tutta rivolta verso luglio, mese in cui – a distanza di due settimane l’uno dall’altro – debutteranno le attesissime nuove versioni di Superman e dei Fantastici Quattro. In seconda battuta, c’era anche chi aspettava, con una certa curiosità, il quarto capitolo cinematografico di Captain America, il primo con Sam Wilson/Anthony Mackie nel ruolo del protagonista.
Vogliamo inoltre parlare delle serie TV? C’è un certo Daredevil che da qualche settimana imperversa su Disney+, pronto a restituire l’atmosfera delle prime stagioni apparse su Netflix.
E i Thunderbolts*? Beh, in pochi si ricordavano che ci sarebbe stato anche il loro film, quest’anno.
Tra tutti i cinecomics e show televisivi in uscita del 2025, questo era senz’altro il progetto con meno appeal, vuoi per la somiglianza – neanche troppo velata – con una certa Squadra Suicida della Distinta Concorrenza, vuoi per la composizione del team, distante anni luce dalla sua controparte a fumetti che negli anni 90 ha stupito i lettori di tutto il mondo.
In un momento storico in cui i cinecomics faticano (non poco) al botteghino, era il caso di lanciare l’ennesimo film, oltretutto dedicato a figure di secondo piano?
La risposta, sorprendentemente, è sì.
Sì, c’era davvero bisogno di questo film, in questa particolare fase dei Marvel Studios, c’era davvero bisogno di un gruppo come questo.
Fin dalle prime scene, Thunderbolts si distingue per un’estetica più ruvida e realistica, lontana dal consueto scintillio delle produzioni Marvel. La regia di Schreier adotta un approccio più intimista e meno spettacolare, puntando sull’alchimia – o sulla tensione – tra i membri del team, ognuno con il proprio bagaglio emotivo e le proprie motivazioni. Yelena Belova (Florence Pugh), Bucky Barnes/Il Soldato d’Inverno (interpretato nuovamente da Sebastian Stan) e il controverso USAgent/John Walker (che torna ad avere il volto di un Wyatt Russell più umano che mai) guidano un cast corale che riesce a restituire la complessità di personaggi tormentati, costretti a collaborare nonostante le ferite del passato e le divergenze morali.
Questo equilibrio tra introspezione e azione conferisce al film un tono adulto e riflessivo, pur senza rinunciare ai momenti di intrattenimento adrenalinico, in cui si inserisce alla grande il Red Guardian di David Harbour.
Thunderbolts* è un film necessario per il Marvel Cinematic Universe
Thunderbolts* non è certo un capolavoro, né tantomeno sarà un film imprescindibile per la vostre vite, questo è chiaro. Però serviva, per tanti motivi.
In primis perché al suo interno convergono diverse storyline che altrimenti sarebbero andate perse come lacrime nella pioggia (mi riferisco in particolare alla parabola di Yelena Belova, la nuova Vedova Nera, oppure al nuovo percorso politico intrapreso da Bucky, accennato in Captain America: Brave New World) e in secondo luogo, perché serviva una scossa.
Questo non è certo un film esente da difetti (che affronteremo tra poco), ma ha il grande merito essere un vero e proprio fulmine in un cielo sin troppo sereno, per non dire noioso. Le ultime produzioni dei Marvel Studios non hanno certo brillato e serviva disperatamente un qualcosa che riaccendesse la scintilla nel cuore dei fan, messi fin troppo alla prova da produzioni approssimative e senza un reale scopo.
I Thunderbolts riescono nell’impresa di riconciliarti con l’MCU, di rimettere una storia orizzontale al centro della scena e una trama tutto sommato solida, che tiene incollati alle poltrone del cinema dal primo all’ultimo minuto utile.
E questo, credetemi, serviva davvero.
Degli eroi improbabili, ma pur sempre degli eroi
In Thunderbolts*, il trentaseiesimo capitolo del Marvel Cinematic Universe, non ci troviamo davanti agli eroi scintillanti a cui siamo abituati. Questa volta, i riflettori si accendono su un manipolo di anime tormentate: i già citati Yelena Belova e Bucky Barnes (i leader carismatici di questo gruppo), Red Guardian, Ghost, Taskmaster e John Walker.
Non sono antieroi nel senso classico del termine: sono relitti di un sistema che li ha usati e poi lasciati ai margini, figure spezzate, disilluse, incapaci di trovare un posto nel disegno più grande. Reclutati da Valentina Allegra de Fontaine per una missione che ha il sapore del ricatto più che dell’onore, questi disadattati sono costretti a confrontarsi con le ferite che li hanno resi ciò che sono.
E proprio qui nasce la vera sfida: non contro un nemico esterno – per quanto minaccioso come lo straordinario Sentry di Lewis Pullman – ma contro se stessi, contro la loro diffidenza, il dolore, l’orgoglio. Il cuore pulsante di Thunderbolts è il tentativo disperato e necessario di fare i conti con il proprio passato, con le ferite della propria anima, con i tormenti della mente. Con scelte sbagliate, con vite imperfette, con la disperazione di una quotidianità che non può andare avanti.
E se nel fare questo si riuscisse a creare qualcosa di nuovo, magari proprio un gruppo… perché no? Forse la somma di tanta amarezza può dare un risultato positivo. Forse per guardare negli occhi un nemico spaventoso bisogna prima essere pronti a fare i conti con il proprio abisso interiore. Che spesso può fare anche più paura.
No, questi Thunderbolts non sembrano affatto strutturati per fare tutto questo, soprattutto perché ognuno di loro ha uno scopo diverso, che non coincide esattamente con le dinamiche di un team. E soprattutto, nessuno è veramente pronto a fare i conti con sé stesso.
La squadra funziona
Sì, questa scombinata combriccola funziona molto bene, sul grande schermo. Non solo per l’evidente chimica tra i personaggi, ma per merito di un cast che finalmente può brillare senza l’ombra ingombrante dei soliti titani dell’MCU. Florence Pugh conferma il suo carisma con una Yelena Belova intensa e magnetica, vero fulcro emotivo del film, capace di tenere insieme anime spezzate e generare un senso di appartenenza laddove prima c’erano solo fratture.
Al suo fianco, un David Harbour irresistibile nel ruolo del Red Guardian (se dev’esserci una linea comica, tanto vale che sia affidata a uno come lui), e un Sebastian Stan che restituisce a Bucky Barnes tutta la profondità che il personaggio ha sempre meritato, offrendoci una performance che alterna durezza e vulnerabilità.
Buone notizie sul fronte CGI: dopo le non brillanti performance delle ultime produzioni Marvel Studios, stavolta si fonde bene con le immagini. Void è reso in modo tanto semplice, quanto efficace.
Anche se alcuni membri del gruppo – come Ghost, Taskmaster e John Walker – godono di minore spazio sia narrativo che emotivo, il film riesce comunque a valorizzare la coralità, compensando con antagonisti finalmente all’altezza. Julia Louis-Dreyfus veste i panni di Valentina Allegra de Fontaine con una glaciale autorità che inquieta e affascina, mentre Lewis Pullman, vera sorpresa del film, dona al suo personaggio – la minaccia incarnata di Sentry – una gamma di sfumature che spaziano dalla fragilità disarmante alla furia inarrestabile.
È questa l’anima di Thunderbolts*, l’aspetto che più ho apprezzato del film: è un’opera che restituisce dignità ai dimenticati, che gli dà una seconda opportunità proprio quando avevano perso ogni speranza.
Considerazioni finali
Come scrivevo in apertura, questa era la scossa che aspettavo da fin troppo tempo. Un segnale di vitalità necessario, da parte dei Marvel Studios (Deadpool & Wolverine fa storia a sé), che spalanca le porte al futuro. Il film non è esente da critiche (possibile che nel mezzo di una crisi di “livello Avengers” a Bucky non venga proprio in mente di chiamare Sam/Cap?) o imperfezioni, ma poco importa. La cosa essenziale è uscire dal cinema soddisfatti e pronti a vedere dove ci porterà questa nuova fase, consapevoli del fatto che – almeno per una volta – la ribalta l’hanno presa quelli che proprio non ti aspettavi.
I Thunderbolts.

Thunderbolts*
Florence Pugh: Yelena Belova / Vedova Nera
Sebastian Stan: James "Bucky" Barnes / Soldato d'Inverno
David Harbour: Alexei Shostakov / Red Guardian
Wyatt Russell: John Walker / U.S. Agent
Olga Kurylenko: Antonia Dreykov / Taskmaster
Hannah John-Kamen: Ava Starr / Ghost
Lewis Pullman: Robert "Bob" Reynolds / Sentry
Geraldine Viswanathan: Mel
Julia Louis-Dreyfus: Contessa Valentina Allegra de Fontaine
Laurence Fishburne: Bill Foster
Rachel Weisz: Melina Vostokoff