Esistono autori la cui sola presenza rappresenta una garanzia di qualità. Si tratta di quei nomi che finiscono per oscurare persino il titolo dell’opera, sia essa un film o un libro. Nel panorama della narrativa di genere, Stephen King è senza dubbio uno di questi: bastano due sue parole a sostegno di un romanzo per avere più peso dell’opera stessa o del suo autore.
Nel panorama del cinema horror, un ruolo di spicco lo ha conquistato Jordan Peele, un regista e autore che ha conquistato sul campo una rilevanza che è concessa solo a pochi. Peele, in pochi anni, ha saputo definire uno stile inconfondibile, rendendosi una delle voci più autorevoli e riconoscibili del genere.
Jordan Peele, il marchio di qualità
La sua regia e la sua scrittura fondono paura, humour nero e una forte critica all’America contemporanea, dando vita a opere capaci di inquietare e al tempo stesso stimolare profonde riflessioni. Peele è stato il primo a ricevere un Premio Oscar per la miglior sceneggiatura per un film horror (per “Scappa – Get Out” nel 2018), certificazione tangibile della sua ampia visione.
In “Him“ il nome di Jordan Peele campeggia in bella evidenza sulla locandina, sebbene “solo” in veste di produttore. Questo è stato un dettaglio sufficiente a catturare la nostra attenzione, complice anche la promessa di assistere ad un film che ha l’ambizione di portare in scena una commistione di horror psicologico e dramma sportivo che appare, nelle intenzioni, fin da subito intrigante.
Poco importa, quindi, che alla regia sieda il quasi debuttante Justin Tipping, un regista statunitense che prima di “Him” aveva lavorato quasi dieci anni fa a “Kicks“, una pellicola indie con la quale ha esordito come regista e che gli ha fatto guadagnare un bel po di soldi e dote utili per poter alzare l’asticella. Alla scrittura di “Him” oltre Tipping troviamo Skip Bronkie e Zack Akers. Alla produzione, oltre a Jordan Peele e la sua Monkeypaw Productions ci sono Win Rosenfeld, Ian Cooper, Jamal Watson.
Uccidi i tuoi idoli
La trama di “Him” è incentrata sul personaggio di Cameron “Cam” Cade (interpretato da Tyriq Withers), giovane promessa del football americano la cui carriera è messa in pericolo da un trauma cranico dovuto ad una misteriosa aggressione di cui rimane vittima. Quando il suo idolo, il leggendario quarterback Isaiah White (Marlon Wayans), gli offre una settimana di training in un isolato complesso nel deserto, Cam accetta con entusiasmo spinto dalla prospettiva di raccogliere l’eredità sportiva del suo idolo: diventare il “GOAT” del football americano, ossia il più grande di tutti i tempi.
Il giovane viene portato in un centro sportivo collocato in una località sperduta, una sorta di cattedrale nel deserto, ritrovandosi imprigionato tra due parentesi quadre di cemento, senza la possibilità di comunicare con il mondo esterno. Gli allenamenti massacranti a cui viene sottoposto mal celano una spirale di abusi, soprusi e manipolazione psicologica che sublimano la retorica del sacrificio che sfocia nel parossismo, trasformandosi in una sorta di rituale dell’annientamento.
Football, Famiglia e Dio
Ancor prima della visione del film, appare evidente che in “Him” ci sono numerosi riferimenti religiosi. Già la locandina – che mostra Cameron Cade sporco di sangue, con ferite al costato, e le braccia aperte come se fosse crocifisso – è un “manifesto” alle intenzione di Tipping e della sua squadra di autori.
La pellicola conferma questa visione: mettendo da parte il nome della squadra che ingaggia Cam (“The Saviors”, ossia “I Salvatori”), il dolore e il sacrificio a cui è sottoposto il protagonista della storia diventa metafora religiosa, fino ad esplicitare in maniera fin troppo didascalica i suoi simboli: addirittura è presente una sequenza che riproduce (quasi) fedelmente l’ultima cena di Cristo. Nel film questi riferimenti sono tanti e vengono ricercati con forza, quasi in modo pacchiano, nel tentativo ostinato di avere un impatto visivo molto forte. Lo sport viene visto come una fede laica che viene alimentata dal fanatismo molto simile, appunto, al fervore religioso.
Il culto del corpo e standard inarrivabili
In “Him” non troviamo un vero e proprio culto del corpo: al contrario, esso viene rappresentato come uno strumento da spingere oltre i propri limiti, fino a inseguire performance impossibili. Questo approccio richiama da vicino “The Substance“, il body horror di Coralie Fargeat che ha conquistato l’Oscar per il trucco e l’acconciatura e il Golden Globe grazie alla straordinaria interpretazione di Demi Moore.
Nel film della Fargeat, il tema centrale è la caducità della bellezza, l’inesorabile passare del tempo e il cinismo dello star system capace di imporre standard estetici irraggiungibili. Allo stesso modo, “Him“ affronta un discorso analogo: non esalta la bellezza come un bene da preservare e ammirare, ma mostra il corpo nella sua dimensione più dolorosa, con sequenze ai raggi X che rivelano dall’interno gli effetti devastanti dei traumi subiti . Un approccio che, senza dubbio, saprà catturare l’attenzione degli amanti del body horror, così come ha saputo fare “The Substance”.
Un film ostinatamente fuori dagli schemi
Justin Tipping gioca tutte le sue carte sull’impatto visivo, costruendo immagini disturbanti attraverso un montaggio frenetico, colori esasperati e luci stroboscopiche che – grazie anche alla colonna sonora firmata da Bobby Krlic, un beat trap fatto di suoni non convenzionali, che presentano addirittura la campionatura dei rumori emessi da una risonanza magnetica – richiamano lo stile e l’estetica dei videoclip.
“Him“ è un film che non cerca compromessi né mezze misure: tutto è esplicito, diretto, e la narrazione procede in una costante escalation fino a trasformarsi in un vero e proprio teatro dell’assurdo, a sublimazione del circo Barnum che il regista mette in scena. Per questo motivo, è inevitabile che “Him” divida pubblico e critica: ci sarà chi lo disprezzerà, evidenziando una struttura narrativa che man mano si indebolisce sull’altare dell’estetica e da una simbologia fin troppo evidente, e chi invece lo apprezzerà proprio per questi aspetti.
Noi apparteniamo a quest’ultima categoria: “Him“ ci ha conquistato e divertito per la sua sfrontatezza, la sua arroganza e la sua volontà di spingersi ostinatamente fuori dagli schemi, pur preservando un messaggio di fondo che, per molti versi, può risultare derivativo.
“Him” è al cinema a partire dal 2 ottobre, distribuito da Universal Pictures.

Him
Marlon Wayans
Tyriq Withers
Julia Fox
Tim Heidecker