Eyes of Wakanda – Il Wakanda e i suoi inconfessabili segreti

La quinta serie animata di Marvel Animation, prima sella fase 6 del Marvel Cinematic Universe, esplora i misteri del Wakanda attraverso quattro episodi ambientati in momenti diversi della storia. Noi l'abbiamo vista e queste sono le nostre impressioni rigorosamente no-spoiler

Mr. Rabbit
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In anticipo rispetto alla data di uscita iniziale del 27 agosto, i quattro episodi di “Eyes of Wakanda” sono già disponibili sulla piattaforma streaming Disney+. Si tratta della quinta produzione di Marvel Studios Animation. In precedenza la divisione dedicata alle serie d’animazione di Marvel Studios aveva realizzato “What If…?“, “I Am Groot, “X-Men ’97” e “Il vostro amichevole Spider-Man“. Ad ottobre arriverà “Marvel Zombies“, spin-off di “What If…?” tratta dall’omonima serie a fumetti di Marvel Comics.

La serie è prodotta, oltre che da Marvel Studios Animation, da Ryan Coogler e la sua compagnia di produzione “Proxity Media“. Creatore e showrunner di “Eyes of Wakanda” troviamo un artista che forse pochi conosceranno ma che è stato presente in moltissimi produzioni di Marvel Studios (e non solo). Parliamo di Todd Harris, un talentuoso storyboard artist che collabora con Marvel Studios dal 2017.

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Todd Harris, da storyboard artist a regista

Non stupisce che per una progetto simile Kevin Feige e Brad Winderbaum (con la benedizione di Ryan Coogler) abbiano scelto proprio Todd Harris. Le collaborazioni di Harris spaziano tra film, serie tv, serie a fumetti, videogiochi e pubblicità. L’impegno di di Harris con Marvel Studios copre diverse produzioni tra cui  “Thor: Ragnarok“, “Black Panther, “Avengers: Infinity War“, “Avengers: Endgame“, “Spider-Man: Far From Home“, “Black Widow, “Hawkeyee “Black Panther: Wakanda Forever. In “Eyes of Wakanda”, Harris ha diretto due dei quattro episodi (“Nella Tana del Leone” e l’episodio conclusivo “L’ultima Pantera”) e co-diretto insieme a John Fang l’episodio “Artefatti Smarriti”.

L’influenza di Todd Harris si estende ben oltre i confini dei Marvel Studios, pur restando saldamente ancorata al mondo dei supereroi. La sua esperienza come storyboard artist lo ha portato a collaborare anche con 20th Century Fox in produzioni di rilievo come “Wolverine, “Deadpool 2″ e “X-Men: Origins. È però in casa Marvel che la sua carriera raggiunge l’apice, valendogli per ben due volte il prestigioso Art Directors Guild Award for Excellence in Production Design, grazie al lavoro su “Black Panther e “Avengers: Endgame.

Eyes of Wakanda

Una serie antologica con un filo conduttore

La serie “Eyes of Wakanda” ci conduce alla scoperta dei misteri della terra natale di Black Panther. Composta da quattro episodi di circa 30 minuti ciascuno, l’opera si presenta come un’antologia: ogni capitolo è autonomo e può essere apprezzato senza dover ricordare cosa è accaduto negli episodi precedenti. Tuttavia, il colpo di scena presente nel quarto e conclusivo episodio, stabilisce un filo conduttore che lega i precedenti capitoli e restituisce un significato molto profondo agli eventi precedentemente narrati.

La brevità degli episodi non sacrifica la profondità dei personaggi, anzi, rende l’esperienza di visione più leggera e piacevole, evitando le maratone estenuanti tipiche delle produzioni seriali in streaming.

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La storia del Wakanda attraverso quattro periodi storici

La storia di “Eyes of Wakanda” si sviluppa lungo quattro momenti ben precisi della storia, dove l’influenza del Wakanda e dei suoi guerrieri ha lasciato un segno significativo. Dal 1260 a.C. nella Creta minoica, passando per il cuore della Guerra di Troia, fino alla Cina del XV secolo e, infine, all’Etiopia del 1896, ogni episodio ci immerge in epoche lontane per tempo e geografia. In questi scenari seguiamo le missioni degli Hatut Zeraze (Cani da Guerra), un’ élite militare wakandiana che agisce sotto copertura, incaricata di recuperare manufatti di vibranio, la cui diffusione indiscriminata minaccerebbe non solo la sicurezza del Wakanda ma dell’intero pianeta. Ma è davvero giusto sottrarre al mondo tali meraviglie tecnologiche?

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Il Wakanda ha i suoi segreti

«Il Wakanda ha i suoi segreti», afferma uno dei personaggi all’inizio dello show. Questo stato-nazione ci viene presentato non solo come una terra dalla natura rigogliosa, ma anche come un centro di straordinario sviluppo tecnologico reso possibile dai suoi preziosi giacimenti di vibranio, il metallo più raro e ambito al mondo. Allo stesso tempo, il Wakanda appare come una madre protettiva che stabilisce un legame con i propri figli attraverso un cordone ombelicale fin troppo stretto.

L’identità e la lealtà verso la patria emergono come temi centrali: i wakandiani si trovano spesso divisi tra il dovere di servire la propria nazione e il desiderio di varcarne i confini per affrontare il mondo esterno, una scelta quest’ultima che, agli occhi della leadership dello Stato, equivale ad una sorta di tradimento. Il profilo che emerge del Wakanda è tutt’altro che luminoso. È l’immagine di un paese autarchico, uno Stato che limita i contatti e le interazioni con l’esterno, scoraggiando l’emigrazione e privilegiando esclusivamente i propri interessi interni, ignorando le necessità o le problematiche del resto del mondo.

Uno degli aspetti più interessanti di “Eyes of Wakanda”è il voler mettere in scena – con uno sviluppo della storia a tratti superficiale, dobbiamo ammetterlo –  una feroce critica alle politiche isolazioniste che nel mondo reale alcuni paesi mettono al centro della loro agenda politica.

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Una commistione di stili pittorici autoctoni

Dal punto di vista artistico, “Eyes of Wakanda” ha una sua identità visiva ben precisa. La commistione di stili pittorici autoctoni si ispira ad artisti afroamericani contemporanei come il pittore Ernie Barnes, dall’illustratore di inizio Novecento Dean Cornwell e dalla colorata energia di Charles Bibbs. La volontà di Harris, per sua stessa ammissione, è stata quella di trasmette la sensazione che la serie fosse stata realizzata a mano. La resa visiva finale, dal nostro punto di vista, è di grande impatto. Le suggestive composizioni enfatizzano colori vivi, i fondali volutamente stilizzati trasmettono fascino e personalità, le scene di combattimento sono coreografate con eleganza. Il contrasto tra hi-tech e tradizione emerge forte, rappresentando la cifra estetica distintiva della serie.

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Uno show dallo stile unico che ci ha convinto

Non nutrivamo grandi aspettative nei confronti di “Eyes of Wakanda. Eravamo infatti scettici all’idea di una serie animata che racconta una storia epica sul Wakanda senza coinvolgere (o citare) la Black Panther del Marvel Cinematic Universe. Temevamo mancasse quel fascino e l’appeal di cui hanno beneficiato le precedenti produzioni di Marvel Animation Studios, come “X-Men ’97 e “Il vostro amichevole Spider-Man.

Siamo felici di essere stati smentiti: “Eyes of Wakanda” ci ha sorpreso. Sebbene la sceneggiatura pecchi per qualche compromesso e risenta inevitabilmente della brevità degli episodi, la serie diretta da Todd Harris si rivela piacevole e interessante, non solo perché arricchisce la mitologia e il background di Black Panther, ma anche e soprattutto per il sottile ma efficace messaggio politico che sottintende tutta la narrazione.

A colpirci maggiormente è stato l’impatto visivo: l’estetica curata e raffinata conferisce allo show una forte personalità, confermando ancora una volta come Marvel Animation Studios rappresenti un laboratorio creativo d’eccellenza, capace di sperimentare e innovare con stili e generi diversi.

“Eyes of Wakanda” è su Disney+ a partire dal 1 agosto.

Eyes of Wakanda

Eyes of Wakanda

Paese: USA
Autore e regia: Todd Harris
Studio: Marvel Animation
Stagioni: 1
Episodi: 4 (completa)
Dove vederla: Disney+
Voto:
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Stanco dal 1973. Ma cos'è un Nerd se non un'infanzia perseverante? Amante dei supereroi sin dall'Editoriale Corno, accumula da anni comics in lingua originale e ne è lettore avido. Quando non gioca la Roma
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