Inventore dell’estetica superflat, scultore, pittore, mangaka: Murakami Takashi, tra gli ospiti internazionali dell’edizione 2025 di Lucca Comics & Games, è tutte queste cose e molte altre.
Nato a Osaka nel 1965, esordisce con la sua prima mostra personale nel 1989 e, subito dopo la laurea, vince una borsa di studio per collaborare con il MoMA PS1 di New York, dove entra in contatto con Andy Warhol e la Pop Art.
Tra il 2008 e il 2009, l’editore Futabasha pubblica il manga che lo rende noto al grande pubblico: il commovente Il cane che guarda le stelle (Hoshi Mamoru Inu in originale), edito in Italia da J-POP Manga.
A quel volume (che nel 2011 diventa anche un live action) fanno seguito Il cane che guarda le stelle – Racconti e Kota, il cane che vive con noi, tutte storie in parte autobiografiche che indagano, a più livelli, il forte amore tra uomo e cane.
Murakami Takashi al Lucca Comics & Games 2025
A Lucca Comics & Games 2025, il Sensei ha incontrato per la prima volta il pubblico italiano, a cui ha presentato la sua nuova opera, un racconto che parte dalla domanda “e se l’AI avesse un cuore?”.
La risposta è il robottino PINO, che dà il nome al volume ed è un parente alla lontana del Pinocchio collodiano. Attraverso le sue avventure, Murakami Takashi declina uno dei futuri possibili in cui AI e umani convivono, scegliendo di non nasconderne i lati oscuri.
Del resto, il Sensei non ha mai lesinato critiche alla società, nelle sue opere, focalizzandosi in particolare sulla sfrenata cultura del consumo giapponese e sulla sottile gerarchia sociale appiattita dall’omologazione.

Quando Pinocchio diventerà PINO
La sinossi ufficiale di PINO ce lo presenta così:
Un’originale rilettura di Pinocchio in chiave sci-fi dove non ci sono burattini, ma robot di ultima generazione. Questa volta il sogno del protagonista non è quello di diventare un bambino in carne ossa, ma di acquisire qualcosa di molto più importante come la sensibilità e l’empatia.
Una storia toccante che apre a tante domande… Cosa ci rende davvero umani? Può una I.A. avere un “cuore” ed essere simile a noi o addirittura superarci in quella che abbiamo sempre pensato essere una nostra unica prerogativa?
Questo il nucleo di partenza del racconto, a cui Murakami Takashi ha aggiunto:
«Pinocchio è un personaggio molto amato nel mondo, anche in Giappone, conosciuto soprattutto per il cartone Disney; ma la sua storia è quella di qualcuno che, da uno stato di povertà e ignoranza, riesce a imparare delle cose.
Attraverso l’apprendimento, in pratica, riesce a diventare un essere umano. E questo vale anche per PINO, sebbene lui faccia un percorso opposto a quello di Pinocchio, per diventare umano.»
Il robottino è, infatti, un’Intelligenza Artificiale: come si può immaginare, questo ha fornito lo spunto per chiedere al Sensei cosa pensasse dell’utilizzo crescente delle IA nelle arti, argomento estremamente controverso e polarizzante. La risposta, simpatica eppure netta, ha mostrato la curiosità dell’artista, che ha sperimentato prima di prendere una decisione:
«Una volta ho provato a utilizzare chatGPT per inventare una storia» ha rivelato Murakami «ho scritto le parole chiave in modo che facesse delle proposte, e ne è venuta fuori una storia molto interessante.
Mi ha molto emozionato leggere quello che mi proponeva, ma non c’entrava nulla con quello che avrei scritto io.
Sicuramente chatGPT potrebbe essere utile per alcune persone, ma personalmente non ne vedo l’utilità. E se anche un giorno provassi ad addestrarla col mio modo di pensare, sono certo che entreremmo in conflitto.»
L’IA non è però l’unico spunto interessante di quest’opera che, in modo involontario ma estremamente contemporaneo, sostituisce babbo Geppetto con una scienziata di 36 anni, single in carriera, che sceglie di fare da mamma a PINO. In un mondo ancora profondamente patriarcale – il Giappone non fa eccezione – stupisce vedere una maternità scelta, alternativa, solitaria e molto attendibile.
«Me ne sono reso conto grazie alle tante domande che sto ricevendo in questi giorni,» ha risposto Murakami quando glielo abbiamo chiesto «non ci avevo pensato prima. Ho avuto un’infanzia abbastanza complicata; forse è per questo che le mie storie raccontano sempre il contrasto tra la perdita e l’ottenimento di qualcosa.
E penso di aver messo quella figura perché forse, dentro di me, avrei desiderato avere qualcuno così che si prendesse cura di me.»
La cura, quest’elemento che emerge con forza dai manga di Murakami, soprattutto quelli in cui inserisce i suoi amati cani:
«Ho letto che l’evoluzione umana è stata influenzata profondamente dal cane, che ha sempre accompagnato la vita dell’uomo: è una teoria a cui voglio credere, perché per me i cani sono essenziali. Ne ho sempre avuti, ora ne ho due, e tornare a casa sapendo che mi aspettano è una sensazione meravigliosa. Il loro amore è puro.»


