The Walt Disney Company ha stretto un accordo da 1 miliardo di dollari con OpenAI per la concessione in licenza dei propri personaggi più iconici, che potranno essere utilizzati dall’IA per produrre video.
Il mercato, comprensibilmente, non l’ha presa benissimo, soprattutto per le scarse informazioni relativamente alla protezione del diritto d’autore; ma cosa prevede realmente l’accordo?
La collaborazione OpenAI / Disney spiegata in breve
L’accordo triennale tra le due aziende – che attualmente costituisce il più grande investimento in capitale fatto da uno degli Studios in IA – permetterà a Sora di OpenAI di attingere a una libreria di oltre 200 personaggi Disney per generare video AI in risposta ai prompt degli utenti.
Al tempo stesso, Disney diventerà un importante cliente di OpenAI: potrà infatti utilizzare i suoi strumenti per costruire nuovi prodotti ed esperienze, tra cui la selezione e la cura di una raccolta di video Sora sulla piattaforma di streaming Disney+.
Inoltre, avrà la possibilità, in futuro, di acquistare ulteriori quote di capitale in OpenAI.
Un passo importante per l’intero settore, che Bob Iger, CEO di The Walt Disney Company, ha così giustificato nel comunicato ufficiale:
«Il rapido avanzamento dell’intelligenza artificiale segna un momento importante per il nostro settore e, attraverso questa collaborazione con OpenAI, estenderemo in modo ponderato e responsabile la portata del nostro storytelling grazie all’IA generativa, rispettando e proteggendo allo stesso tempo i creatori e le loro opere.»
Tuttavia, è proprio l’aspetto di protezione dei diritti degli autori quello che crea maggiori timori.
Duncan Crabtree-Ireland, direttore esecutivo del SAG-AFTRA (il sindacato americano di attori e artisti del cinema, della radio e della TV) ha dichiarato a BBC News che
«Tutti nel settore dell’intrattenimento, in particolare i creativi, sono estremamente preoccupati dalle implicazioni di questo accordo. C’è del timore vero e proprio, perché nessuno vuol vedere la creatività umana gettata in pasto ai modelli di IA.»
Crabtree-Ireland ha anche aggiunto che le due compagnie hanno contattato il sindacato – che attualmente rappresenta 170.000 professionisti dei media nel mondo – per chiarire che l’accordo tiene volontariamente fuori l’uso delle immagini, sembianze o voci dei performer umani.
E la creatività di tutti gli altri artisti, che fine fa?
«Il materiale registrato che verrà ceduto nell’ambito di questo accordo da capogiro è il risultato del lavoro professionale dei creativi, e i loro diritti devono essere tutelati» ha dichiarato Cathy Sweet, head of TV and Film di Equity, il sindacato britannico degli artisti .
L’Intelligenza Artificiale di per sé è uno strumento dall’enorme potenziale – e dal nome infelice e anche un po’ fuorviante -, che sicuramente farà sempre più parte delle nostre vite; tuttavia, proprio in virtù della sua natura – da qui la mia questione sul chiamarla “intelligenza” – necessita di essere codificata nel modo appropriato anche a livello normativo.
Il focus non dovrebbe essere sulla sua natura positiva o negativa: l’IA è uno strumento di cui va normato l’uso, per evitare che accada ciò che tutti temono. Prima ancora, occorre educare all’IA, anziché fuggirne e andare a rintanarsi nell’età del bronzo.
A ottobre, OpenAI ha dovuto sospendere la generazione di immagini di Martin Luther King Jr. dopo che alcuni avevano prodotto delle rappresentazioni «irrispettose», in cui pronunciava frasi offensive.
Sono stati prodotti – dagli utenti – e fatti circolare video simili del presidente John F. Kennedy, della regina Elisabetta II e del fisico e cosmologo Stephen Hawking; Zelda Williams, figlia del compianto attore Robin Williams, ha dovuto addirittura chiedere esplicitamente alle persone di smetterla di creare e inviarle video del padre generati con l’intelligenza artificiale.
Questi utilizzi eticamente scellerati (e non solo in termini di violazione del copyright), si possono e si devono prevenire con una corretta educazione allo strumento e con norme adatte.
Che questo accordo possa spingere tutti a lavorare in direzione comune?
Fonte: Bloomberg

