Il giorno di Santo Stefano non è mai stato così bello. Il 26 dicembre, tipicamente, è quello dedicato come da tradizione ai ricicli. In primis, si riciclano gli avanzi del pranzo di Natale, perché si sa che “ripassato in padella è ancora più buono”. Spesso si riciclano i regali ricevuti mentre ci si arrovella per capire come dar via l’ennesimo pigiama ricevuto, quello che non metteresti nemmeno se ti dessero superpoteri per sopravvivere alle domande scomode della vecchia zia invadente.
Quest’anno, però, abbiamo un motivo in più uscire dal clima natalizio e dal coma alimentare. Un’occasione unica per dimenticare la cartella della tombola (quella che non vince mai) e l’ennesima fetta di panettone. Uno stimolo troppo forte per deporre l’ascia dello spirito di sopravvivenza e abbandonarsi sul divano. Quest’anno ci vengono in soccorso i fratelli Duffer, dandoci rifugio in un luogo ben più accogliente e sicuro delle nostre case addobbate a festa e piene di parenti indesiderati: il Sottosopra di Hawkins.
Alle prime ore del 26 dicembre, Netflix ha rilasciato il Volume 2 della quinta e ultima stagione di “Stranger Things“. Tre attesissime puntate della durata di circa 1 ora che irrompono sui nostri schermi come un demogorgone in salotto (che incute decisamente e meno terrore della nonna che vi chiede, a ripetizione, quando discuterai la tesi di laurea). Tre episodi che fanno seguito al volume 1 pubblicato il 27 novembre scorso e che precedono il gran finale previsto nel giorno di capodanno.
Una macchina dell’hype perfetta

Va riconosciuto ai fratelli Matt e Ross Duffer il merito di aver costruito una macchina dell’hype dagli ingranaggi quasi impeccabili: una strategia attenta e calibrata studiata per alimentare l’attesa attorno all’ultima stagione di “Stranger Things“, che sembra orchestrata direttamente dalla mente mefistofelica di Vecna in persona. Il primo volume di questo gran finale è approdato sugli schermi lo scorso 27 novembre, portando con sé quattro episodi che, però, non ci avevano pienamente convinti.
Ben consapevoli del fatto che recensire metà di una stagione composta da otto episodi di una serie TV possa risultare un esercizio parziale, e quindi facilmente confutabile, avevamo comunque tentato di tirare le somme del Volume 1, chiudendo la nostra analisi (che potete recuperare in questo articolo) con un giudizio che avevamo riassunto con un : «Bene, ma non benissimo».
A lasciarci perplessi è stato soprattutto una partenza eccessivamente lenta, con le prime tre puntate in cui accadeva ben poco sul piano narrativo. Avevamo inoltre sottolineato un ricorso fin troppo didascalico allo sviluppo della trama, pur apprezzando l’intento, evidente, di concentrare l’attenzione sulla caratterizzazione dei personaggi. In particolare, avevamo accolto con entusiasmo il cliffhanger piazzato in chiusura del quarto episodio, capace di riaccendere prepotentemente la nostra curiosità e il desiderio di scoprire come sarebbe proseguita la storia.
Ora, finalmente, quel momento è arrivato. Nelle righe che seguono proveremo a condividere le nostre impressioni sul prosieguo della stagione, ben consapevoli che manca ancora un tassello fondamentale per chiudere il cerchio. Il gran finale è infatti programmato per il giorno di capodanno con un’unica, imperdibile, puntata dalla durata extra large di oltre due ore. Infine, vogliamo tranquillizzarvi sul fatto che faremo possibile per evitare spoiler: dopotutto, non siamo certo qui per rovinarvi le feste.
Lo sviluppo dei personaggi giunge al culmine

Il Volume 2 è composto da tre episodi dal titolo “La Scossa“, “Fuga da Camazotz“ e “Il Ponte“. “La Scossa” è scritto dai fratelli Duffer e diretto da Frank Darabont (“Il Miglio Verde”, “Le Ali della Libertà”); “Fuga da Camazotz” è scritto da Kate Trefry e diretto da Shawn Levy (“Deadpool & Wolverine”,”Una Notte al Museo” e già produttore dello show); “Il Ponte” è scritto e diretto dai fratelli Duffer (con il supporto dalla regia ancora di Shawn Levy).
Queste tre puntate confermano con decisione la traiettoria tracciata dai primi quattro episodi del Volume 1, ribadendo come il fulcro della narrazione risieda nello sviluppo dell’ampio e articolato mosaico di personaggi che anima la serie. Se il Volume 1 aveva la funzione di disporre le pedine su un’ articolata scacchiera narrativa, il Volume 2 orchestra tutte le sottotrame avviate in precedenza facendole maturare e portandole a convergere tra loro.
Qualora servisse una conferma, questi tre episodi restituiscono in maniera retroattiva valore e senso a quell’avvio che, in un primo momento, ci era apparso eccessivamente lento e privo di slancio.
Molte delle domande rimaste in sospeso trovano una risposta in questo secondo volume. Tuttavia non è un caso che i momenti migliori e più emozionanti di questa quota parte di stagione risiedano nei dialoghi con i quali i personaggi si liberano delle ansie e dei timori che li accompagnano sin dall’inizio dell’intero show.
I rapporti si sviluppano, solidificandosi, assumendo un valore del tutto nuovo: Dustin (Gaten Matarazzo) e Steve (Joe Keery), così come la nuova coppia ritrovata composta da Undici (Millie Bobbie Brown) e la sorella Kali (Linnea Berthelsen), mettono da parte i loro traumi e stringono un patto di sangue che crediamo possa avere delle conseguenze molto forti nell’ultimo capitolo dello show; Jonathan (Charlie Heaton) e Nancy (Natalia Dyer) dichiarano il loro amore in una sequenza che sembra ripresa in maniera furba direttamente da “Titanic” di James Cameron;
Will (Noah Schnapp) prende coscienza della propria sessualità e, in un concitato monologo di fronte al tutto il gruppo riunito, fa coming out: un momento che voleva essere fortemente emozionale ma che, nonostante le 12 ore di riprese a cui il cast si sottoposto per rendere al meglio questo momento cruciale, non ha saputo trasmetterci il giusto livello di empatia; Hooper (David Harbour) e Joyce (Winona Ryder) accettano quello che è richiesto dal loro ruolo di genitori, “liberando” i propri figli (biologici e non) affinché questi possano affrontare con occhi nuovi la vita che gli attende.
La fuga da Camazotz

La sottotrama che più di ogni altra ci ha emozionato è, senza alcun dubbio, quella che vede Max (Sadie Sink) e Holly (Anniston e Tinsley Price) fuggire da Camazotz, un luogo che prende forma come costrutto mentale di Henry Creel (Jamie Campbell Bower). La loro fuga non è soltanto fisica, ma profondamente interiore: nello sviluppo di questo arco narrativo è impossibile non riconoscere una potente metafora della depressione.
Max è sola, distante dagli amici, intrappolata in un coma che la separa dal mondo reale. Il mostro attinge forza proprio su questa frattura, alimentandosi dell’isolamento e tentando di spezzare ogni legame residuo. Ancora una volta, il momento della fuga è sostenuto dalla musica di Kate Bush, che si trasforma in un’ancora di salvezza, un forte richiamo alla riscoperta della vita.
Il senso più profondo di questa sottotrama risiede nella ricerca di quegli elementi della propria esistenza, per quanto semplici possano apparire, che diventano appigli fondamentali quando tutto sembra sfuggirci di mano. Sadie Sink, lo ribadiamo ancora una volta, offre una prova attoriale straordinaria, che alterna fragilità e resilienza. Il terrore di Max non è soltanto quello della morte imminente, ma quello, ancora più devastante, di soccombere definitivamente al proprio dolore. La sua corsa è disperata, profondamente umana e, proprio per questo, incredibilmente potente e trascinante.
Epica fantasy e drammi famigliari

Il segreto del successo di “Stranger Things” sembra essere condensato in questi 3 emozionanti episodi, dove assistiamo ad un bilanciamento perfetto tra epica fantasy e drammi famigliari. I fratelli Duffer hanno imbastito un racconto che, prima ancora di avere una connotazione fantascientifica e horror, è un racconto di coming of age mascherato da avventura sovrannaturale. La sua forza risiede nella capacità di utilizzare elementi fantastici come metafore dei drammi interiori dei protagonisti, trasformando la crescita adolescenziale in una battaglia contro l’ignoto.
Il Sottosopra (di cui finalmente ci viene spiegata l’origine) rappresenta l’irruzione del caos nella vita, tipicamente adolescenziale, che i personaggi dello show si trovano costretti ad affrontare. “Stranger Things” porta in scena lo spazio dell’ignoto, del non detto, delle paure che non trovano ancora parole. È un mondo speculare a quello conosciuto: stesso perimetro, ma corrotto, instabile e minaccioso. Entrarvi significa affrontare ciò che si è sempre evitato, mentre uscirne comporta una perdita irreversibile dell’innocenza.
Vecna (Jamie Campbell Bower) diventa l’incarnazione del trauma irrisolto, un antagonista che non si limita a distruggere fisicamente, ma scava nelle ferite emotive dei personaggi, costringendoli a confrontarsi con sensi di colpa, vergogna e dolore. Il suo scopo è l’incubo che nasce dentro ognuno di noi: quel mondo oscuro che cala sulle nostre teste da cui non solo non riusciamo a fuggire ma che contribuiamo ad edificare.
L’elemento nostalgico di Stranger Things

L’elemento nostalgico incentrato sui “meravigliosi” anni 80 in “Stranger Things” non si riduce a una strizzata d’occhio al pubblico più nerd attraverso una pletora di citazioni, ma si trasforma in un tentativo di cristallizzare quell’epoca fragile della nostra vita in cui tutto ci appare ancora possibile, prima che la realtà imponga le sue dure regole.
Lo show ci mostra in maniera magistrale che crescere implica inevitabilmente la perdita di quella leggerezza che ha caratterizzato i primi anni della nostra vita, ma anche l’acquisizione di una nuova consapevolezza, indispensabile per affrontare l’oscurità che permea l’esistenza. In questo modo, “Stranger Things” si eleva da racconto avventuroso incentrato sulla sconfitta di mostri provenienti da un abisso a una narrazione più profonda, in cui i veri antagonisti diventano gli incubi interiori con cui i personaggi imparano, progressivamente, a convivere.
Tutto è apparecchiato per il gran finale

In definitiva, promuoviamo senza riserve questo Volume 2 della quinta stagione di “Stranger Things”, pur confermando la netta impressione di una narrazione eccessivamente dilatata, che avrebbe potuto beneficiare di una sensibile riduzione del minutaggio senza compromettere l’efficacia del racconto. Soprattutto, questo volume 2 riabilita fortemente i primi episodi del Volume 1 regalandoci una chiusa quasi perfetta (alcuni momenti rimangono, a nostro avviso, troppo didascalici). Non ci rimane tantissimo da attendere per assistere alla conclusione di questo racconto che ha saputo emozionarci ed intrattenerci per ben 10 anni. Siamo sicuri che assisteremo ad un grandissimo finale.
“Stranger Things 5: Volume 2” è in streaming su Netflix a partire dal 26 dicembre.

Stranger Things 5 - Volume 2
Winona Ryder: Joyce Byers
David Harbour: Jim Hopper
Finn Wolfhard: Mike Wheeler
Gaten Matarazzo: Dustin Henderson
Caleb McLaughlin: Lucas Sinclair
Noah Schnapp: Will Byers
Millie Bobby Brown: Undici / Jane Ives
Natalia Dyer: Nancy Wheeler
Charlie Heaton: Jonathan Byers
Sadie Sink: Max Mayfield
Joe Keery: Steve Harrington
Cara Buono: Karen Wheeler
Matthew Modine: Martin Brenner
Dacre Montgomery: Billy Hargrove
Sean Astin: Bob Newby
Paul Reiser: Sam Owens
Maya Hawke: Robin Buckley
Priah Ferguson: Erica Sinclair
Brett Gelman: Murray Bauman
Linda Hamilton: Dr. Kay
Jamie Campbell Bower: Henry Creel / Uno / Vecna
Giuppy Izzo: Joyce Byers
Alessandro Budroni: Jim Hopper
Tommaso Di Giacomo: Mike Wheeler (st. 1)
Giulio Bartolomei: Mike Wheeler (st. 2+)
Mattia Fabiano: Dustin Henderson
Luca De Ambrosis: Lucas Sinclair
Lorenzo Farina: Will Byers (st. 1)
Emanuele Suarez: Will Byers (st. 2-5)
Chiara Fabiano: Undici / Jane Ives
Veronica Benassi: Nancy Wheeler
Federico Campaiola: Jonathan Byers
Vittoria Bartolomei: Max Mayfield
Alessandro Campaiola: Steve Harrington
Nunzia Di Somma: Karen Wheeler
Stefano Benassi: Martin Brenner
Mirko Cannella: Billy Hargrove
Luigi Ferraro: Bob Newby
Antonio Sanna: Sam Owens
Emanuela Ionica: Robin Buckley
Anita Ferraro: Erica Sinclair
Francesco Cavuoto: Murray Bauman
Isabella Pasanisi: Dr. Kay
Davide Perino: Henry Creel / Uno
Simone Mori: Vecna

