Quando si parla di Gainax, non si parla solo di uno studio di animazione, ma di un vero laboratorio di idee. Purtroppo però, un paio di giorni fa abbiamo appreso la notizia del fallimento ufficiale. Visti i numerosi problemi economici e legali che lo studio ha dovuto affrontare negli ultimi anni, era già diffusa la notizia di un’imminente chiusura dei battenti.
Ma come può uno studio come Gainax finire del dimenticatoio? Non può! La verità è questa! E non solo perché ha prodotto titoli che in alcuni casi hanno mandato in tilt ascolti o botteghini. Studio Gainax continuerà a lasciare il segno per sempre perché ha mostrato un approccio più psicologico e riflessivo.
Non a caso gli anime prodotti da Studio Gainax non hanno dettato legge in tema di personaggi “super fighi” come accaduto per esempio con Jujutsu kaisen. Gainax ha insegnato agli spettatori di guardare oltre, di scavare dentro le storie dei personaggi e di scrutare ogni singolo dettaglio dei loro cuori. La notizia della bancarotta ha sicuramente lasciato l’amaro in bocca a tantissime persone.
Per questo motivo abbiamo deciso di selezionare alcuni dei titoli più incisivi prodotti da Studio Gainax e commentarli insieme in questo contenuto. Prima però facciamo un breve intro sulle fondamenta di questo progetto così futurista e innovativo.
L’Odissea di Studio Gainax
Fondata nel 1984, Gainax nasce come un’anomalia nel panorama dell’animazione giapponese. Non era uno studio tradizionale, ma un collettivo di giovani creativi provenienti dal mondo dei fan film e dell’animazione amatoriale, legati dalla passione per la fantascienza, i mecha e la cultura otaku più radicale.
Tra i fondatori spiccano nomi destinati a diventare leggendari: Hideaki Anno, Yoshiyuki Sadamoto, character designer iconico, Toshio Okada, teorico e promotore della cultura otaku, e Hiroyuki Yamaga, regista e sceneggiatore.
Il debutto ufficiale arriva con “Royal Space Force: The Wings of Honnêamise”, un’opera ambiziosa e visivamente straordinaria che, pur non ottenendo un grande successo commerciale, definisce subito l’identità di Studio Gainax.
Stiamo parlando di uno dei primi studi ad applicare un approccio più sperimentale, audace, disposto a rischiare anche a costo di fallire. Nel corso degli anni lo studio diventa una vera fucina di talenti, attirando e formando artisti che avrebbero poi segnato l’industria, come Kazuya Tsurumaki, Hiroyuki Imaishi e Masahiko Otsuka.
Gainax si distingue per uno stile riconoscibile fatto di regia dinamica, rottura delle convenzioni narrative e una forte impronta autoriale, spesso legata alle inquietudini personali dei suoi creatori. Più che uno studio, Gainax è stata una palestra creativa, un luogo in cui l’animazione veniva vissuta come espressione personale e sperimentazione continua, lasciando un’eredità che ancora oggi vive nei lavori degli artisti che ne sono passati.
Neon Genesis Evangelion (1995)
Impossibile iniziare da qualsiasi altro punto. “Neon Genesis Evangelion” non è solo l’opera più famosa di Studio Gainax: è una frattura storica nell’anime moderno. Irraggiungibile per molti e incompreso da molti altri EVAGELION (spesso viene citato anche solo così), è nato come una serie mecha apparentemente in linea con la tradizione.
Solo dopo però si trasforma rapidamente in qualcosa di radicalmente diverso. Un racconto introspettivo, frammentato, psicologicamente violento, dove i robot diventano strumenti per esplorare il trauma, l’alienazione e il senso di inadeguatezza.

Hideaki Anno utilizza quest’opera come una lente per osservare l’essere umano, smontando le certezze dello spettatore episodio dopo episodio. La serie ha ridefinito cosa poteva essere un anime televisivo, influenzando generazioni di autori e aprendo la strada a narrazioni più adulte e sperimentali. Ancora oggi, a distanza di trent’anni, Evangelion resta un punto di riferimento inevitabile, studiato, discusso e reinterpretato.
Tengen Toppa Gurren Lagann (2007)
Se Evangelion rappresenta il lato più oscuro e introspettivo di Studio Gainax, “Gurren Lagann” ne incarna l’anima opposta: eccessiva, rumorosa, esplosiva. Diretto da Hiroyuki Imaishi, è un inno alla forza di volontà, all’energia che nasce dal credere in se stessi e negli altri. Tutto in Gurren Lagann è amplificato, dalle emozioni alle battaglie, fino ai simboli e storie dei personaggi stessi.

La serie prende il genere mecha e lo spinge oltre ogni limite, trasformandolo in una metafora della crescita personale e collettiva. Dietro l’estetica sopra le righe e l’azione senza freni, c’è una riflessione sorprendentemente lucida sul passaggio all’età adulta, sulla perdita e sull’eredità. Non a caso, Gurren Lagann è spesso visto come il canto del cigno di Gainax prima della diaspora dei suoi talenti verso nuovi studi come Trigger.
FLCL (2000)
Caotico, surreale, apparentemente incomprensibile: “FLCL” è probabilmente l’opera più Gainax di tutte. Composta da soli sei episodi, la serie racconta l’adolescenza attraverso immagini simboliche, cambi di stile improvvisi e una narrazione che rifiuta ogni linearità tradizionale.

FLCL parla di crescita, desiderio, confusione emotiva, ma lo fa in modo istintivo, quasi anarchico. Chitarre che diventano armi, robot che emergono dalla fronte dei personaggi, metafore sessuali e musicali intrecciate senza spiegazioni. È un anime che non chiede di essere capito razionalmente, ma vissuto. Proprio per questo è diventato un cult assoluto, amato soprattutto da chi cerca nell’animazione qualcosa di più sperimentale e personale.
Nadia – Il mistero della pietra azzurra (1990)
Prima di Evangelion, Hideaki Anno aveva già lasciato il segno con “Nadia – Il mistero della pietra azzurra”. Ispirata liberamente all’immaginario di Jules Verne, la serie mescola avventura, fantascienza e riflessione etica, affrontando temi come il progresso tecnologico, il pacifismo e il rapporto tra uomo e natura.

Nadia è un’opera meno cupa rispetto a Evangelion, ma non per questo superficiale. Al contrario, mostra già molte delle ossessioni narrative di Anno e di Studio Gainax. Tipo l’ambiguità della scienza, il peso delle responsabilità, la fragilità umana. È anche uno dei primi grandi successi internazionali dello studio, fondamentale per consolidarne la reputazione negli anni Novanta.
Gunbuster (Top wo Nerae!) (1988)
“Gunbuster” è dove tutto ha avuto inizio. Questa OVA segna il debutto alla regia di Hideaki Anno e rappresenta il primo manifesto creativo di Gainax. A metà tra parodia e dramma, Gunbuster parte come un racconto sportivo travestito da mecha per poi trasformarsi in una storia sorprendentemente malinconica sul tempo, sul sacrificio e sulla relatività dell’esperienza umana.

L’uso della dilatazione temporale e il finale emotivamente devastante anticipano molte delle soluzioni narrative che Gainax avrebbe perfezionato negli anni successivi. Gunbuster dimostra come, già alla fine degli anni Ottanta, lo studio fosse disposto a rischiare e a sperimentare, senza paura di rompere le convenzioni del genere.
Conclusioni
Guardando questi cinque titoli nel loro insieme, emerge chiaramente la mission di Gainax. Uno studio capace di oscillare tra introspezione e spettacolo, tra caos creativo e rigore concettuale. L’unico forse che è riuscito a dare un cuore pulsante ai corpi metallici dei mecha. Anche se oggi Gainax non esiste più come entità produttiva, le sue opere continuano a vivere, influenzando autori, studi e spettatori in tutto il mondo. La sua eredità non è solo fatta di anime celebri, ma di un modo diverso di pensare l’animazione come forma d’arte.

