New Wave è la rubrica di MegaNerd dedicata alla nuova onda del fumetto italiano. Talenti emergenti, nuovi segni, nuove immagini per un nuovo mondo
Nel panorama dell’illustrazione contemporanea, dove sensibilità artistiche diverse si intrecciano con linguaggi sempre più fluidi, emergono talenti capaci di lasciare un’impronta immediata. Una di queste voci è senza dubbio Josephine Tomarchio, illustratrice e fumettista che sta conquistando lettori e addetti ai lavori grazie a un segno espressivo, dinamico e profondamente emotivo.
In questa chiacchierata per la nostra rubrica New Wave, in cui ci prefiggiamo l’obiettivo di dar luce ai nuovi talenti del fumetto italiano, Josephine ci accompagna dentro la sua visione dell’arte, il suo percorso personale, le sue radici creative e le sfide di un mestiere in continua evoluzione.
Signore e signori, vi presentiamo Josephine.
Josephine Tomarchio, una delle voci più vibranti della nuova illustrazione italiana

Ciao Josephine, benvenuta su MegaNerd. Ti va di presentarti alla nostra community?
Ciao, sono Josephine e disegno. Sono felicissima di parlare ai lettori di MegaNerd che seguo con entusiasmo.
Quali elementi — estetici o tematici — ritieni siano il “filo rosso” che attraversa i tuoi lavori?
Il filo rosso dei miei disegni è la ricerca dell’espressività e della profondità, attraverso linee sottili e una composizione dinamica. Cerco sempre di raccontare emozioni e movimento, per questo uso spesso contrasti marcati, colori, gestualità accentuate e un’attenzione particolare alle anatomie e ai volumi. Lavoro molto sul ritmo visivo alternando dettagli e campiture ampie, così da guidare l’occhio in punti specifici dell’illustrazione. Tematicamente mi soffermo sulle relazioni umane e sulle percezioni che emergono dal corpo e dallo sguardo, cercando un equilibrio tra realismo, stile personale e stati d’animo inespressi.
C’è un artista, un movimento o una scena culturale che ha influenzato in modo decisivo la tua identità creativa?
Non c’è un solo artista che mi abbia influenzata: tutto può diventare ispirazione, dalla gente per strada alle foglie che cadono, dal cielo alle emozioni personali. L’impressionismo mi ha insegnato a giocare con colori e luci — il cielo può essere blu ma anche verde, se la sensazione lo richiede. Dal fumetto ho appreso la dinamicità dei movimenti, mentre l’illustrazione digitale contemporanea mi ha dato la libertà di sperimentare texture e composizioni. Assorbo tutto e lo rielaboro, ed è da questa miscela che nasce il mio processo creativo.

Riesci a ricordare il momento in cui si è accesa la scintilla dell’arte? Quello in cui hai capito che avresti voluto essere un’Artista e nient’altro?
Mi piacerebbe dire che c’è stato un momento preciso, ma non è così. Credo di essere nata già “deviata verso il disegno”. Disegnare è sempre stato un impulso naturale. Da bambina trascinavo ovunque una busta di colori e perfino la mia bambola preferita l’ho completamente colorata con i Giotto — per renderla come la vedevo io. Il disegno è sempre stato parte della mia identità.
Sei più vicina a un approccio autodidatta o accademico? In che modo questo ha modellato la tua sensibilità artistica?
Mi considero soprattutto un’autodidatta, anche se la mia formazione è stata particolare. Avrei voluto frequentare il liceo artistico, ma sono finita al classico e poi mi sono laureata in filologia moderna.
Da quei testi — da Lucrezio a Saffo, da Calvino a Montale — ho tratto una forte ispirazione visiva. Allo stesso tempo, devo moltissimo a mio nonno, Salvatore Alia, pittore e mio mentore: mi ha insegnato l’uso delle matite, del carboncino, delle tecniche pittoriche. Ho poi imparato da molti artisti incontrati nel mio percorso, ma una lezione in particolare — quella di David Messina — mi ha cambiata: respirare mentre disegno, gestire l’emotività e guidarla sulla carta.

Quali sono state le prime sfide concrete che hai dovuto affrontare come illustratrice emergente?
Sfide infinite: scadenze impossibili, richieste surreali, compensi bassissimi. E soprattutto la difficoltà di emergere in un mondo in cui sembra che per lavorare su certe testate devi essere già conosciuto. Senza contare sacrifici personali enormi: tempo, opportunità, relazioni. La gente si accorge che prima viene il disegno e poi tutto il resto. Ma non mi sono mai arresa: il disegno è un amore così grande da superare ogni ostacolo.
Qual è il tuo processo creativo abituale? Parti da storyboard, palette, moodboard… o preferisci un approccio più istintivo?
Parto dall’istinto. Prima ancora di toccare la carta, ho già in mente atmosfera, personaggi, emozioni. Poi cerco di dare una struttura attraverso uno storyboard. La scelta dei colori è fondamentale: sperimento palette, luci e contrasti finché non trovo ciò che traduce al meglio ciò che sento. Cerco sempre un equilibrio tra spontaneità ed armonia visiva.
Quali fonti di ispirazione alimentano di più la tua immaginazione?
La musica, prima di tutto. Molte illustrazioni nascono da testi che mi penetrano profondamente. Ma anche il quotidiano è fonte inesauribile: la gente per strada, le conversazioni, i dettagli che colgono il mio sguardo. In generale, tutto ciò che emoziona diventa materiale creativo.

Quali sono state le letture e gli artisti che più ti hanno influenzato?
Ho letto molti manga da ragazzina e poi ho scoperto Crepax. Sono cresciuta con Dylan Dog e adoro i volti tormentati di Corrado Roi. Oggi ammiro l’eleganza di Tula Lotay, la dinamicità di Gloria Pizzilli, l’impatto visivo di Giovanni Esposito, i character design di Arianna Rea e le cards Marvel di Federico Mele. Tutti contribuiscono a plasmare il mio immaginario.
Il tuo stile – moderno, sinuoso – sembra perfetto per una graphic novel: che tipo di storia ti piacerebbe illustrare?
Sono una grande fan di DC e Marvel. Mi piacerebbe illustrare un albo dedicato ai loro personaggi femminili, raccontando non solo la sensualità dei corpi, ma anche la loro emotività, follia, passione. Dietro ogni personaggio c’è un’anima.
In un mondo sempre più pigro e attratto dall’intelligenza artificiale, inseguire la strada dell’arte è un atto di resistenza? Come vive un’illustratrice questo momento storico?
Sì, è resistenza. L’IA non mi spaventa: non potrà mai replicare l’emotività, l’imperfezione, la mano che trema. L’arte è interpretazione personale, non una catena di montaggio. Disegnare è anche un gesto politico, culturale. L’ignoranza è facoltativa.

Ci segnali tre illustratori da tenere d’occhio?
Vaga (Valentina Galluccio), dal tratto incisivo e creativo. Andrea Fasano, tecnico e iconico, con un’emotività da artista “maledetto”. E Stefano Artibani, che ho conosciuto grazie ad ANTIFA!nzine, con uno stile macabro e horror davvero unico.
Grazie davvero per essere stata con noi, Josephine. Ti auguriamo il meglio per ogni nuovo tratto, progetto e visione.

