Anemone – Il passaggio di testimone artistico tra Daniel Day-Lewis e il figlio Ronan

Una straordinaria Masterclass ha impreziosito la rassegna cinematografica “Alice nella Città”: Daniel Day-Lewis e il figlio Ronan hanno raccontato la loro collaborazione su "Anemone", il film diretto da Ronan che segna il ritorno sul set dopo otto anni di assenza del grande attore britannico tre volte premio Oscar.

Mr. Rabbit

 

L’evento di punta della ventitreesima edizione della rassegna cinematografica “Alice nella Città, svoltasi a Roma dal 15 al 26 ottobre 2025, è stato senza dubbio l’attesissimo debutto di “Anemone. Il film riveste un’importanza particolare per due motivi: innanzitutto segna l’esordio alla regia del ventisettenne Ronan Day-Lewis, figlio del celebre Daniel Day-Lewis. Inoltre, vede proprio il tre volte premio Oscar tornare sul set dopo otto anni di assenza.

Non servono molte parole per introdurre Daniel Day-Lewis. L’attore britannico, di cittadinanza irlandese, ha segnato in modo indelebile la storia del cinema con la sua straordinaria arte recitatoria. Indimenticabili le sue interpretazioni in film come “Il mio piede sinistro (1989), “Il petroliere (2007) e “Lincoln” (2012), con le quali ha conquistato il premio Oscar come miglior attore protagonista.

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Ronan Day-Lewis, foto tratta dalla pagina ufficiale “Alice nelle Città“, tutti i diritti riservati

La sua assenza dal set durava ormai da otto anni quando, nel 2017, interpretò lo stilista Reynolds Woodcock ne “Il filo nascosto, film diretto da Paul Thomas Anderson. Quella doveva essere la sua ultima apparizione sul grande schermo, dopo l’annuncio del suo ritiro dalle scene avvenuto nello stesso anno. A riportarlo davanti alla macchina da presa è stata l’opportunità unica di lavorare con il figlio Ronan. “Anemone” segna, quindi, non solo il ritorno di un grande attore, ma anche un simbolico passaggio di testimone artistico e generazionale tra padre e figlio.

Il ritorno sul set dopo 8 anni di Daniel Day-Lewis

 

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Noi di MegaNerd.it abbiamo avuto l’opportunità di assistere alla Masterclass organizzata dalla rassegna cinematografica “Alice nella Città” che ha visto presenti Ronan e Daniel Day-Lewis. I due artisti hanno risposto alle domande del moderatore Mauro Donzelli, raccontandoci la genesi di “Anemone” e le sensazioni che hanno provato nel lavorare insieme.

Essere a pochi metri di un attore del calibro di Daniel Day-Lewis e incrociare il suo sguardo ci ha trasmesso un carisma e un magnetismo incredibile, che raramente ritroviamo in artisti di questo livello. La grandezza di Daniel Day-Lewis si è rivelata pienamente nel modo in cui l’attore britannico ha gestito l’incontro, lasciando gran parte del tempo e dello spazio sul palco al figlio Ronan. Solo in un secondo momento è salito sul palco per rispondere alle domande: un tempo breve ma intenso, sufficiente a confermare, ancora una volta, la sua straordinaria presenza scenica.

Prima di lasciarvi alle parole di Ronan e Daniel Day-Lewis vi ricordiamo che “Anemone” sarà al cinema a partire dal 6 novembre, distribuito da Universal Pictures.


La Masterclass

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Ronan e Daniel Day-Lewis, foto tratta dalla pagina ufficiale “Alice nelle Città”, tutti i diritti riservati


Vogliamo partire dal titolo “Anemone”, un titolo che una valenza importante perché ci dice tanto sui personaggi e sull’impatto della natura e l’ambiente che li circonda. Ronan, puoi spiegaci come è nata l’idea di chiamare il film “Anemone” ?

Ronan DL: «Per quanto riguarda il titolo, quando abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura non avevamo ancora nulla in mente. Durante la stesura, però, continuavo a pensare alla canzone dei The Brian Jonestown Massacre. Una volta terminato il copione, mi è sembrato che “Anemone potesse essere un titolo adatto. In un primo momento ho pensato all’anemone di mare, che mi affascinava per la sua morbidezza e, al tempo stesso, per la sua natura di predatore.

Poi ho scoperto che l’anemone è anche un fiore, e quel nome ha iniziato a evocarmi sensazioni legate al mare, ma anche immagini di leggerezza e movimento, come quelle del vento. A quel punto ho capito che “Anemone era davvero il titolo perfetto per il nostro film.».

Ronan, tu hai lavorato insieme a tuo padre nella lavorazione di questo film per un periodo molto lungo (quasi tre anni). Tu nasci come pittore, quindi volevamo capire come sei riuscito a trasportare il tuo essere artista per immagini alla scrittura e, quindi, alla lavorazione del film. Raccontaci della genesi di “Anemone”

Ronan DL: «La fase di scrittura è stata molto interessante perché non potendo utilizzare i dialoghi siamo stati costretti a rappresentare il passaggio del tempo tramite le immagini. Grazie al mio background come pittore mi sono trovato a mio agio nel rappresentare i sensi tramite le forme visive, sfruttando gli elementi meteorologici – in particolare l’elemento dominante è il vento – che hanno forgiato e riempito la sceneggiatura».

Anemone: recensione del film con Daniel Day-Lewis

Un altro aspetto importante di “Anemone” è il rapporto tra fratelli e tra figlio e genitore. Vediamo Ray, un uomo che, all’inizio del film, abbandona la famiglia per raggiungere un luogo misterioso. Man mano che si procede con la storia scopriamo i motivi del suo abbandono. Inoltre, il rapporto tra i due fratelli che si incontrano dopo tanto tempo è un archetipo della narrazione fin da quando l’uomo è nato. Che tipo di lavoro è stato fatto per poter rappresentare questo legame ?

Ronan DL: «Io ho dei fratelli e, nel corso degli anni, molto prima che decidessimo con mio padre di lavorare insieme, ho sempre avuto l’idea di voler affrontare l’archetipo del rapporto tra fratelli, un tipo di relazione che può trasformarsi in tragedia o in bellezza. A volte si creano dei silenzi tra fratelli. A volte la comunicazione diventa quasi “telepatica”. Trovo molto interessante come in “Anemone”, Jem e Ray manifestano i loro sentimenti e tratteggiano il loro rapporto.

All’inizio questo è decisamente burrascoso, non utilizzano le parole ma la loro relazione si manifesta tramite i gesti: il modo come mangiano, come (non) pregano, il modo in cui si muovono nell’ambiente circostante. Questo modo di rilevare il rapporto tra Jem e Ray è funzionale nel mostrarne le tensioni, le crepe che si aprono tra i due uomini».

Ronan, tu sei praticamente nato sui set cinematografici (o, per lo meno, è quello che ci immaginiamo visto la carriera dei tuoi genitori). Hai un primo ricordo di un set, oppure un momento specifico in cui ti sei detto: «Ok, questa cosa mi piace e voglio farla anch’io, magari però scelgo di fare il regista e non l’attore» ?

Ronan DL: «Il primo ricordo che ho di me su un set cinematografico è quando i miei genitori stavano realizzando “La storia di Jack & Rose” su un isola al largo delle coste del Canada. All’epoca avevo 5 anni e, ovviamente, non avevo idea di cosa stessero facendo in questo ambiente particolarmente bucolico. Ricordo che avevano costruito una casa in collina coperta di erba fino al tetto. L’idea di poter creare al nulla qualcosa che in realtà non esiste mi ha affascinato da subito. Anni dopo, con i miei amici ho cominciato a fare i primi cortometraggi nel giardino di casa: in quel momento ho capito che l’abilità di costruire un mondo dal nulla era una cosa che mi interessava».

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Nel film c’è anche una componente sovrannaturale grazie alla presenza di creature misteriose che si inseriscono visivamente tra la natura nel bel mezzo di questa storia tra fratelli . Da qualche parte abbiamo letto che su questo aspetto del film ti sei ispirato a David Lynch. Parlaci dell’elemento sovrannaturale in “Anemone”.

Ronan DL: «David Lynch e il suo amore per l’astrazione è un qualcosa che mi sono portato dentro per tantissimo tempo e, quindi, posso considerarmi un ossessionato dal suo cinema. Su questo però ha influito anche il mio passato da pittore. L’abilità di realizzare delle immagini che trasmettessero un messaggio intuitivo e non letterale è qualcosa che fa parte del mio background e ho trovato molto interessante  raccontare una storia in questo modo, dove il mondo esteriore (ossia quello che i nostri sensi percepiscono) si fonde con quello interiore. Il cinema, probabilmente, è l’unico mezzo che ti consente di raccontare una storia in questo modo».

[Arriva su palco Daniel Day-Lewis]

Daniel Day-Lewis, foto tratta dalla pagina ufficiale "Alice nelle Città", tutti i diritti riservati
Daniel Day-Lewis, foto tratta dalla pagina ufficiale “Alice nelle Città”, tutti i diritti riservati


Con Daniel vorremmo tornare al 2020, ossia al momento in cui vi siete ritrovati per cominciare a scrivere la sceneggiatura di “Anemone”. Come è nata l’idea, e come si è sviluppata nel corso del tempo ?

Daniel DL: «Innanzitutto, voglio ringraziavi a tutti. La risposta l’ha già anticipata Ronan: il tutto è partito dal puro desiderio di voler realizzare un progetto insieme. In realtà, di cose assieme ne avevamo già fatte ma è stata ancora più forte questa spinta a voler cercare e trovare un terreno comune sul quale lavorare».

Dopo la scrittura, il passaggio al set. Era chiaro fin da subito che avresti interpretato il personaggio di Ray ?

Daniel DL: «Questa è stata un’esperienza molto particolare. Io e Ronan abbiamo lavorato insieme nell’intento di esplorare e far crescere questi personaggi. All’inizio siamo partiti improvvisando e non necessariamente lavoravamo fisicamente nella stessa stanza. Quando poi ci trovavamo insieme, scoprivamo qualcosa in più su di loro, riuscivamo ad esplorarne il loro vissuto. L’idea che potessi interpretare Ray è venuta a Ronan solo in un secondo momento.

Io, in realtà, ero molto affascinato dal personaggio di Jem [interpretato da Sean Bean, N.D.R] sebbene quello di Ray sia ispirato ad un mio vecchio amico che ha realmente prestato servizio nell’esercito Britannico. Quindi mi interessavano entrambi i personaggi ma la cosa importante è stato il modo in cui si sono sviluppati che in “Anemone” è stato molto particolare».

Ronan, lavorando assieme ad un padre che ha un trascorso così importante hai imparato qualcosa in più di lui che non conoscevi, anche non professionalmente ?

Ronan DL: «Sicuramente ho avuto la possibilità di scoprire tantissimi aspetti di mio padre che non conoscevo, oppure conoscevo poco. Questa scoperta, l’uno dell’altro, è avvenuta tramite un lavoro fatto insieme, che ha comportato una collaborazione molto stretta e immersiva in un progetto così importante, cosa rara in un rapporto tra genitore e figlio. È difficile esprimere a parole quello che io ho imparato da lui. L’ho osservato fare il suo lavoro e ho sempre avuto la percezione di questo mistero, ma ero convinto che lui si sarebbe impegnato in questo progetto in maniera totale. La cosa che mi ha sorpreso è stata la sua capacità di collaborazione sul set.

Lui era totalmente immerso nel suo personaggio, ma il resto della troupe non lavorava “per lui”. Questo ha permesso a tutti quanti noi di entrare nel mondo di “Anemone” e di realizzarlo così come lo vedete».

Anemone, la recensione del film con Daniel Day-Lewis - Movieplayer.it

Rivolgiamo a Daniel la stessa domanda: cosa hai imparato da Ronan ?

Daniel DL: «Conosco bene Ronan e non ho avuto grandi scoperte da questa esperienza. Se vogliamo citarne una è il percorso che lui ha intrapreso nel passaggio da pittore a regista cinematografico, da un modo di lavorare che è prettamente solitario dove ci sei tu, la tua tela e i tuoi colori, a un mondo che ti impone una forte collaborazione con il cast e i membri della troupe. Questa transizione non è assolutamente facile o scontata. Conoscendo le capacità di Ronan, il fatto che sia diventato regista non è stata una grande sorpresa. In Ronan ho visto quella sensibilità che ha permesso alle persone che lavoravano attorno a lui di esprimersi al proprio meglio.

Tanti registi tendono a volere il controllo totale su tutto ciò che accade attorno alla lavorazione di un film, ma io credo in quei registi che lasciano spazio alla creatività delle persone che lavorano con lui. E Ronan ha lasciato esprimere al meglio l’immaginazione dei suoi collaboratori».

Daniel, toglici una curiosità: cosa hai pensato nel primo momento del tuo ritorno sul set dopo 8 anni ?

Daniel DL: [pensa qualche secondo e sorride, N.D.R]. «F**k, Here we go again !» [trad: “c**o, ci risiamo]

Daniel, quando sei in casa e fai zapping in tv, qualche volta ti sarà capitato di imbatterti in un tuo vecchio film. Rimani a guardarlo oppure non sopporti rivederti in un film e cambi canale?

Daniel DL: Mi capita di imbattermi per sbaglio in qualche mio film, ma lo evito accuratamente [ride, N.D.R]

Stessa domanda per Ronan: c’è un film di Daniel che, se capita, lo rivedresti volentieri?

Ronan DL: Onestamente è difficile citarne solo uno, ma se proprio devo scegliere allora dico “Il Petroliere“.

 

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Stanco dal 1973. Ma cos'è un Nerd se non un'infanzia perseverante? Amante dei supereroi sin dall'Editoriale Corno, accumula da anni comics in lingua originale e ne è lettore avido. Quando non gioca la Roma
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