Tra i film più attesi in uscita in questo mese di ottobre spicca “Eddington“, quarto lungometraggio diretto da Ari Aster, regista che negli ultimi anni si è affermato come una delle figure di spicco artefici di un vero e proprio “rinascimento” del cinema horror, una tendenza ad un cinema di genere più autoriale che si sta sviluppando da almeno una decina di anni.
Insieme ad illustri colleghi come Robert Eggers e Jordan Peele, Aster è spesso associato a quella corrente definita elevated horror: un tipo di cinema in cui l’elemento spaventoso non è fine a sé stesso, ma diventa un mezzo espressivo per amplificare l’impatto emotivo sullo spettatore. Il fulcro di queste opere risiede infatti nella narrazione e, in particolare, nella denuncia di un sistema malato e nell’esplorazione delle conseguenze psicologiche che gli eventi hanno sui personaggi.
Ari Aster, un regista che ha ridefinito il genere horror
Al di là delle etichette e delle discussioni sulla presunta “autorialità” del genere horror – esiste davvero un horror elevated ? L’elemento orrorifico non è da sempre un mezzo per raccontare altro, per veicolare un significato più profondo e raggiungere un fine narrativo ? Quando un film può dirsi arte elevata e quando no? – è innegabile che con opere come “Hereditary – Le radici del male” (2018) e “Midsommar – Il villaggio dei dannati” (2019), Ari Aster abbia ridefinito il genere spostando l’attenzione sull’alienazione, sui conflitti interiori dei protagonisti e sulle dinamiche familiari tossiche che li circondano.
È altrettanto innegabile che, dopo queste due opere seminali, Aster abbia intrapreso un percorso artistico che lo sta progressivamente allontanando dal cinema di genere in senso stretto. In “Beau ha paura” (2023) la componente horror è molto sfumata: la paura non nasce da elementi soprannaturali o visivamente spaventosi, ma dall’ansia, dalle fobie e dalle ossessioni del protagonista (interpretato in modo magistrale da Joaquin Phoenix) alimentate da un ambiente che appare ostile, che sostituisce un modo di provocare terrore meno spaventoso in senso “convenzionale”.
In questi giorni arriva nelle sale italiane “Eddington”, un film che conferma il percorso intrapreso dal regista americano. Nelle oltre due ore e mezza di pellicola, la componente horror è totalmente assente per fare posto ad una storia che tratteggia, anche con toni satirici ma in maniera purtroppo poco lucida, la deriva incontrollata che sta prendendo l’America.
L’America alla deriva di “Eddington”
Il film è ambientato nel maggio 2020, in piena pandemia di COVID‑19, a Eddington, una cittadina fittizia del Nuovo Messico. La trama ruota attorno allo scontro politico che sfocia nel personale tra lo sceriffo della contea Joe Cross (Joaquin Phoenix) e il sindaco Ted Garcia (Pedro Pascal). Joe Cross è un uomo intellettualmente pigro, fuorviato dalle teorie complottiste alimentate dai suoi e cari in palese conflitto con il mondo che lo circonda: uno sceriffo che dovrebbe far rispettare le norme (sopratutto quelle inerenti il distanziamento) ma che è il primo che le trasgredisce.
Ted Garcia è un politico animato da buone intenzioni e da una visione di sviluppo chiara e ambiziosa per Eddington e i suoi abitanti.
Il progetto a cui tiene maggiormente è la costruzione di un imponente data center, destinato a diventare il simbolo di un progresso tecnologico che appare quasi estraneo, persino alieno, rispetto alla realtà provinciale di Eddington. La cittadina di “Eddington” è un concentrato di tensione pronto ad esplodere da un momento all’altro: tra restrizioni imposte dalla pandemia, manifestazioni in città e divisioni razziali e/o sociali, la disputa tra lo sceriffo Cross e il sindaco Garcia è destinato a deflagrare in maniere incontrollata, seguendo la spirale di violenza che divampa nell’ambiente circostante.
Tanti carne al fuoco che disorienta lo spettatore
È veramente complicato classificare una pellicola come “Eddington”. Molti lo hanno definito un film western, forse ingannati da uno dei manifesti che mostra un bisonte precipitare da un dirupo e dal cinturone e cappello a foggia larga dello sceriffo Joe Cross. Dal nostro punto di vista “Eddington” non è classificabile nel genere western sebbene ne riprende alcuni stilemi distintivi: l’atmosfera de-saturata, le scenografie polverose è il duello rusticano tra lo sceriffo Joe Cross e il sindaco Ted Garcia.
In “Eddington” ci sono un’ overdose di tematiche, tutte estremamente importanti e nessuna approfondita a dovere. Nella lista abbiamo annotato l’epidemia di codid-19, l’uso improprio e tossico dei social, Quanon e le teorie del complotto, George Floyd e il Black Lives Matter, la dipendenza dai farmaci, la bolla dei bitcoin, il razzismo, le server farm e lo sviluppo eco sostenibile, la pedofilia, il suprematismo bianco e, dulcis in fundo, la malattia mentale: onestamente, troppa carne al fuoco.
Questo caotico mare magnum di eventi travolge il protagonista Joe Cross, interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix che si prende completamente la scena. Per Ari Aster, Phoenix rappresenta alla perfezione l’archetipo dell’uomo comune vulnerabile, costretto a confrontarsi con forze (sia interiori che esterne) che sembrano molto più grandi di lui e che esercitano una pressione insostenibile che lo spingono verso la follia. Sotto molti aspetti, il Beau Wassermann di “Beau ha paura“ e il Joe Cross di “Eddington“ sono molti simili: entrambi perdono progressivamente il controllo, vedono sgretolarsi le proprie certezze e la fiducia nel sistema e nella società che gli ruota attorno.
Un cast straordinario non sfruttato a dovere
Se da una parte il film beneficia della performance attoriale di Joaquin Phoenix, dall’altra abbiamo un parco attori che non ci è sembrato essere sfruttato a pieno. Il cast di “Eddington“ è di altissimo livello: oltre a Joaquin Phoenix e Pedro Pascal, figurano Emma Stone, Austin Butler e Luke Grimes. Un concentrato di grande talento che, tuttavia, non trova piena valorizzazione a causa del limitato approfondimento che la sceneggiatura riserva ai rispettivi personaggi. È proprio questo, a nostro avviso, uno degli aspetti che più penalizza il film e ne riduce la resa complessiva.
Un film ambizioso non totalmente a fuoco
“Eddington” è un film ambizioso che, purtroppo, finisce per scontrarsi contro la propria stessa ambizione, risultando, ci duole ammetterlo, l’opera meno a fuoco della filmografia di Ari Aster. Il microcosmo che il regista americano costruisce con una messa in scena di straordinario impatto si accompagna a una sensazione di smarrimento che finisce per travolgere anche lo spettatore, lasciandolo disorientato.
Le tematiche affrontate sono numerose e toccano tematiche differenti, ma vengono trattate tutte in modo superficiale. Se però l’intento di Aster era quello di rappresentare il caos di una società allo sbando attraverso una corrispondente forma di “caos narrativo”, allora l’obiettivo può dirsi pienamente raggiunto.
In fondo, è la realtà contemporanea e la deriva che abbiamo intrapreso ciò di cui dovremmo avere davvero paura.
“Eddington” è al cinema a partire dal 17 ottobre, distribuito da I Wonder Pictures

Eddington
Joaquin Phoenix: Joe Cross
Pedro Pascal: Ted García
Luke Grimes: Guy Tooley
Deirdre O'Connell: Dawn
Micheal Ward: Michael
Amélie Hoeferle: Sarah Allen
Clifton Collins Jr.: Lodge
William Belleau: Butterfly Jiménez
Matt Gomez Hidaka: Eric García
Cameron Mann: Brian
King Orba: Warren
Vic Browder: Phil
Austin Butler: Vernon Jefferson Peak
Emma Stone: Louise Cross
Fabio Boccanera: Joe Cross
Gabriele Sabatini: Ted García
Gianluca Cortesi: Guy Tooley
Barbara Castracane: Dawn
Massimo Triggiani: Michael
Veronica Benassi: Sarah Allen
Christian Iansante: Lodge
Emanuele Ruzza: Butterfly Jiménez
Marco Briglione: Eric García
Alex Polidori: Brian
Massimo Corvo: Warren
Riccardo Polizzy Carbonelli: Phil
Jacopo Venturiero: Vernon Jefferson Peak
Domitilla D'Amico: Louise Cross