Dopo una carriera lunga e straordinaria, che lo ha visto protagonista in alcuni dei film più iconici della storia del cinema, Michael Douglas ha deciso di fermarsi. L’attore, oggi ottantenne, ha condiviso pubblicamente il suo desiderio di mettere un punto alla sua lunga vita sul set. Nessun colpo di scena, nessun dramma: solo la consapevolezza, maturata con lucidità e serenità, che tutto ha un tempo.
Douglas ha parlato apertamente durante la sua partecipazione al Festival Internazionale del Cinema di Karlovy Vary, nella Repubblica Ceca, dove è stato invitato per presentare la versione restaurata di un grande classico da lui prodotto: Qualcuno volò sul nido del cuculo. Proprio in quell’occasione ha rivelato: «Non lavoro dal 2022, ed è stata una scelta precisa. Ho capito che dovevo smettere».
Una leggenda consapevole del proprio percorso
Con una carriera che attraversa sei decenni di trasformazioni cinematografiche, Michael Douglas ha interpretato ruoli indimenticabili: da Gordon Gekko in Wall Street – che gli valse l’Oscar nel 1988 – fino a personaggi più recenti nei cinecomic Marvel come Ant-Man. Ma oggi, più che rincorrere nuovi copioni, l’attore preferisce fermarsi e riflettere.
«Ho lavorato duramente per quasi 60 anni. Non voglio essere uno di quelli che muore sul set», ha detto con ironia e sincerità, aggiungendo che non ha intenzione di tornare sui suoi passi, a meno che non gli venga offerto «un copione davvero straordinario». L’unica eccezione, ha scherzato, potrebbe essere un piccolo film indipendente su cui sta ancora lavorando a livello di sceneggiatura.
Ma, per il momento, il ruolo principale che vuole interpretare è quello di compagno di vita di Catherine Zeta-Jones, con cui è sposato da oltre vent’anni: «D’ora in avanti, nello spirito di mantenere un matrimonio felice, interpreterò solo il ruolo di “marito di mia moglie”».
Nostalgia per un cinema che non c’è più
Durante la conversazione, Douglas non ha nascosto una punta di amarezza per lo stato attuale del cinema, ricordando i grandi film in gara agli Oscar nel 1976: da Quel pomeriggio di un giorno da cani a Barry Lyndon, passando per Lo squalo, Nashville e Qualcuno volò sul nido del cuculo. «Negli ultimi vent’anni abbiamo mai avuto qualcosa di simile?», ha domandato, lasciando intendere quanto sia cambiata l’industria.
Non è un semplice rimpianto, ma una riflessione lucida sullo scarto tra la profondità del cinema di un tempo e la tendenza attuale a inseguire l’intrattenimento facile e le logiche commerciali. Douglas appartiene a una generazione che ha visto il cinema come arte, rischio e provocazione. Oggi, confessa, fa fatica a ritrovarsi nei prodotti che dominano le sale.
Tra battaglie personali e impegno civile
L’intervento di Douglas non si è limitato al cinema. L’attore ha parlato anche della dura battaglia contro il cancro alla gola, che ha affrontato con determinazione: «Un cancro al quarto stadio non è una vacanza, ma non ci sono molte alternative. Ho seguito il protocollo, fatto chemioterapia e radioterapia. Sono stato fortunato».
La malattia, superata con coraggio, ha segnato un punto di svolta nella sua vita, rendendolo ancora più selettivo su ciò che conta davvero. Ed è proprio questa consapevolezza che oggi lo spinge a prendersi una pausa, a vivere con più leggerezza, senza l’obbligo di restare sotto i riflettori.
Non è mancato infine un pensiero alla situazione politica negli Stati Uniti, che Douglas guarda con una certa preoccupazione: «La politica ora sembra essere a scopo di lucro. Il denaro è entrato nella democrazia come centro di profitto e le persone entrano in politica per fare soldi». Un’affermazione dura, ma che rispecchia la frustrazione di molti cittadini americani di fronte a una classe dirigente sempre più distante dalla realtà.
Una chiusura senza rimpianti
Michael Douglas si ritira con la stessa classe con cui ha attraversato decenni di cinema: senza bisogno di applausi, senza clamore. Forse non si tratta di un addio definitivo, ma di una pausa dettata da un bisogno autentico di libertà e di qualità della vita.
In un’epoca in cui tutto corre veloce e le carriere sembrano non finire mai, la sua scelta appare quasi rivoluzionaria. E forse è proprio questo il suo ultimo grande ruolo: quello di un uomo che ha saputo dire basta al momento giusto, con dignità, intelligenza e ironia.