Mission: Impossible – The Final Reckoning conclude una saga indimenticabile

Abbiamo visto l’ultimo capitolo di una delle più grandi saghe action di tutti i tempi, che ci ha fatto compagnia negli ultimi 30 anni, alzando sempre più l’asticella per il cinema di genere. Questo è il nostro saluto a Mission: Impossible, sperando che sia davvero un addio, ma solo un arrivederci…

copertina recensione mission impossible the final reckoning

Correva l’anno 1996. Il grunge era ancora nell’aria, Friends dominava il piccolo schermo e Internet sembrava una strana magia da nerd. In mezzo a tutto questo, un giovane e agguerrito Tom Cruise si lanciava in una nuova sfida: reinventare per il grande schermo Mission: Impossible, l’iconica serie tv anni ’60. Dietro la macchina da presa? Brian De Palma, maestro del thriller paranoico. Il risultato è stato incredibile: un film elegante, teso, dal sapore hitchcockiano, che entrava nei cinema senza troppi fuochi d’artificio… ma che, col senno di poi, ha dato il via a una delle saghe più spettacolari, longeve e influenti della storia del cinema.

Oggi, quasi trent’anni dopo, Mission: Impossible non è solo un franchise. È una dichiarazione di intenti. È Tom Cruise che corre (tantissimo), che salta, che vola, che si lancia da palazzi e precipita da cieli stellati con il sorriso di chi non ha mai sentito parlare di CGI. È un cinema che osa, che respira adrenalina, che non chiede permesso. E che, a ogni nuova uscita, alza l’asticella.

Quando De Palma mise mano al primo M:I, non lo fece per accontentare i fan dei vecchi tempi. Il suo Ethan Hunt era una creatura nuova: un agente segreto vulnerabile, ambivalente, con più dubbi che certezze. Un mix tra James Bond e un eroe di John le Carré, in salsa pop. Niente superpoteri, niente ironia forzata. Solo tensione, inganno, e quell’indimenticabile scena del furto sospeso nella CIA – un balletto visivo che è ancora oggi leggenda del genere.

mission impossible

Mission: Impossible – Una saga vincente, tra azione e intensità emotiva

I primi tre film sono un vero e proprio laboratorio cinematografico. Dopo De Palma, arriva John Woo, che nel 2000 trasforma M:I-2 in una sparatoria coreografata tra piccioni al rallentatore e motociclette volanti. È il capitolo più divisivo, ma anche quello che definisce il tono iper-stilizzato dell’azione anni 2000. Poi tocca a J.J. Abrams, nel 2006, portare cuore e umanità in M:I-3: un Ethan Hunt più personale, innamorato, fragile. L’intensità sale, la posta in gioco pure.

Ma il vero turning point arriva nel 2011 con Mission: Impossible – Ghost Protocol, firmato da Brad Bird (sì, proprio il genio dietro Gli Incredibili). La saga cambia pelle: il tono si fa più brillante, le location diventano spettacolari e la mitica scalata del Burj Khalifa entra nella cultura pop come una delle acrobazie più folli mai viste.

Da lì in poi, è Cruise contro la fisica, e vince sempre.

Con Rogue Nation (2015), entra in scena Christopher McQuarrie: sceneggiatore, regista e vero e proprio architetto dell’universo narrativo. Da quel momento in poi, la saga si fa coesa, quasi “seriale”, con personaggi ricorrenti, sottotrame che si rincorrono e una mitologia che si espande. La spy story si fonde con l’epica. E Cruise diventa non solo attore protagonista, ma anche sacerdote dell’action autentica.

Film Review: Mission: Impossible – Rogue Nation

In un mondo saturo di effetti speciali digitali, Mission: Impossible è una boccata d’aria (o meglio, un tuffo nel vuoto): Cruise si lancia davvero da un aereo a 7.000 metri (Fallout), pilota un elicottero tra le montagne della Norvegia, guida una moto giù da una scogliera senza controfigure (Dead Reckoning). E noi, ogni volta, restiamo con la mascella a terra. Perché qui l’azione non è un effetto. È una promessa mantenuta.

E così arriviamo a Mission: Impossible – The Final Reckoning, capitolo annunciato come l’ultimo atto della saga. Dopo quasi trent’anni di missioni, il film si presenta come il capitolo conclusivo. Ethan Hunt e la sua squadra dell’IMF tornano per affrontare una nuova minaccia: The Entity, un’intelligenza artificiale senziente e invisibile, capace di manipolare l’informazione e piegare la realtà.

L’idea è potente e attuale, ma la realizzazione non è all’altezza delle premesse. L’assenza di un antagonista umano rende il conflitto meno coinvolgente e la sceneggiatura – pur densa di colpi di scena – si appesantisce in digressioni tecniche e spiegazioni ridondanti. A tratti, lo spettatore rischia di perdersi nel caos narrativo.

Mission: Impossible — The Final Reckoning Review

Come sempre, Cruise dà il massimo. La sua performance fisica è ancora una volta straordinaria, tuttavia, il film paga il prezzo della sua ambizione: molte scene risultano eccessivamente lunghe, più attente all’effetto wow che alla progressione narrativa. Ed è inevitabile il subentrare della noia.

Il cast di supporto – da Simon Pegg a Ving Rhames, fino alla più recente Hayley Atwell – è solido ma statico: i personaggi secondari restano intrappolati nei loro archetipi, senza evoluzioni significative.

Con The Final Reckoning, la saga tenta anche una riflessione sul mondo contemporaneo: l’uomo contro la macchina, la verità contro la manipolazione digitale, il libero arbitrio contro il controllo algoritmico. Spunti affascinanti, ma solo accennati. Il film preferisce restare nel territorio dell’intrattenimento visivo, senza spingersi troppo in là nella riflessione.

Mission: Impossible — The Final Reckoning review: someone didn't get the  party memo | The Standard

In conclusione, Mission: Impossible – The Final Reckoning è un film tecnicamente eccellente, ma narrativamente altalenante. Non raggiunge le vette di Fallout o Rogue Nation, ma conferma lo spirito di una saga che ha saputo evolversi, rischiare, e distinguersi nel panorama action globale. Il ritmo visivo è impattante, la regia impeccabile, e il senso di “grande cinema” non manca mai. Ma il film soffre l’eccessiva vanità, risultando carente di sintesi.

Il finale lascia la porta socchiusa. È davvero la fine di tutto? O solo una pausa prima di un reboot con nuovi volti, nuovi agenti, nuovi trick? Difficile dirlo. Ma una cosa è certa: Ethan Hunt ha riscritto il concetto di eroe d’azione. E Tom Cruise ha alzato l’asticella per tutti: attori, registi, stuntman, spettatori.

Tom Cruise Sings His Swan Song—Maybe?—in Mission: Impossible — The Final  Reckoning | Vanity Fair

E se è davvero giunto il momento dei saluti, possiamo dirlo senza esitazioni: Mission: Impossible ha lasciato un segno indelebile. Non è solo una saga. È un manifesto cinematografico. È la prova che fare cinema d’azione con passione, rigore e un pizzico di follia è ancora possibile. È il racconto di un uomo – reale, fallibile, ostinato – che ha sfidato l’impossibile e l’ha battuto sul tempo. Ogni volta. E ci ha portati con sé, sempre un passo oltre il limite.

Quindi, non possiamo che dirlo forte: Grazie, Ethan Hunt. E grazie, Tom Cruise. Missione compiuta.

Mission: Impossible - The Final Reckoning

Mission: Impossible - The Final Reckoning

Paese: USA
Anno: 2025
Durata: 170 minuti
Regia: Christopher McQuarrie
Sceneggiatura: Christopher McQuarrie, Erik Jendresen
Casa di produzione: Paramount Pictures, Skydance Media, TC Productions
Distribuzione italiana: Eagle Pictures
Interpreti e personaggi:
Tom Cruise: Ethan Hunt
Hayley Atwell: Grace
Ving Rhames: Luther Stickell
Simon Pegg: Benji Dunn
Vanessa Kirby: Alanna Mitsopolis / Vedova Bianca
Esai Morales: Gabriel
Henry Czerny: Eugene Kittridge
Pom Klementieff: Paris
Shea Whigham: Jasper Briggs
Frederick Schmidt: Zola Mitsopolis
Charles Parnell: capo NRO
Rob Delaney: capo JSOC
Indira Varma: capo DIA
Mark Gatiss: capo NSA
Greg Tarzan Davis: Degas
Mariela Garriga: Marie
Ivan Ivashkin: Comandante in seconda XO
Rolf Saxon: William Donloe
Holt McCallany: Bernstein
Nick Offerman: Sydney
Angela Bassett: Erica Sloane
Voto:

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Sveva

Alberica Sveva Simeone

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Classe '78, romana. Coltiva sin da piccola l'interesse per il genere horror e il cinema. Appassionata di cultura pop, film anni '80, amante della città di New York e dei viaggi in generale. È autrice, podcaster e youtuber. Ha pubblicato numerosi racconti e romanzi e scritto diversi soggetti cinematografici e televisivi. È sceneggiatrice di Dylan Dog per Sergio Bonelli Editore e saggista per Odoya Edizioni.

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