Survivor Series – Il meglio degli “Elimination Match” (seconda parte)

Continua il nostro viaggio all’interno di una delle competizioni più amate nel mondo del wrestling: le Survivor Series

copertina wrestling vintage survivor series 2Un’altra edizione delle Survivor Series, la prima dallo scoppio della pandemia, è ormai storia. Domenica scorsa si è celebrato il trentaquattresimo appuntamento annuale di questa tradizione della settimana del Ringraziamento, seppur con tutte le limitazioni imposte dal periodo.

Ma noi non ne abbiamo mai abbastanza e, quindi, continuiamo il nostro viaggio fra i migliori match a eliminazione tipici di questo evento.

survivor series 87 hulk hogan teamAndre The Giant, One Man Gang, Rick Rude, Butch Reed & King Kong Bundy vs. Hulk Hogan, Paul Orndorff, Ken Patera, Don Muraco & Bam Bam Bigelow (1987)

La notte in cui tutto ebbe inizio. Il 26 novembre del 1987 andò in scena per la prima volta questa nuova tipologia d’incontri a squadre composte da quattro o cinque lottatori che dovevano eliminarsi a vicenda per vincere. Il tutto nel giorno (o comunque nell’arco della settimana) in cui gli americani mangiano il tacchino e rendono grazie riunendosi, anche a guardare la tivù, in famiglia o con gli amici.

A marzo dello stesso anno c’era stato il celeberrimo match per il titolo fra Hulk Hogan e Andre The Giant che aveva catalizzato l’attenzione di pubblico e media ben oltre la cerchia degli appassionati di wrestling e i confini americani. E i risultati in termini economici per la World Wrestling Federation erano stati straordinari. Per cavalcare l’onda della rivalità fra Hogan e Andre, quindi, Vince McMahon decise di organizzare un nuovo pay-per-view denominato, appunto, Survivor Series.

Il problema era che lo show della WWF si sarebbe tenuto in contemporanea con Starrcade, il più importante evento annuale della rivale National Wrestling Alliance. Un vero e proprio attacco diretto alla concorrenza. Considerata la posizione ormai dominante della federazione di McMahon, la Jim Crockett Promotions, affiliata all’NWA e organizzatrice di Starrcade, decise quindi di riprogrammarlo spostandolo dalla sera al pomeriggio. Nel frattempo, le tivù via cavo, allettate dall’idea dei guadagni che sarebbero derivati dalla trasmissione di due pay-per-view di wrestling uno dopo l’altro durante una giornata di festa per intere famiglie, si stavano organizzando per proporre al proprio pubblico i due spettacoli in un unico pacchetto. Ma McMahon era determinato a schiacciare la concorrenza e diede alle varie televisioni un ultimatum: se adesso decidete di trasmettere anche Starrcade, non vi concederò i diritti di WrestleMania IV l’anno prossimo. Col risultato che solo quattro piattaforme decisero di trasmettere lo show NWA.

Il main event non fu certo quello che si può definire una grande prova di tecnica ed atleticità da parte dei membri delle due squadre ma rappresenta una perfetta testimonianza della WWF di allora, terra incontrastata di giganti dove, fra i vari Andre, King Kong Bundy e One Man Gang, non c’era molto spazio per i wrestler più “piccoli” che avrebbero visto le luci della ribalta soprattutto dalla fine degli anni Novanta.

Ad avere la meglio nella contesa disputatasi al Richfield Coliseum, in Ohio, fu la squadra dei “cattivi” di Andre The Giant che, dopo l’eliminazione per conteggio fuori dal ring dell’Hulkster (cosa più unica che rara negli anni Ottanta), si sbarazzò di Bam Bam Bigelow e divenne il primo “unico sopravvissuto” della storia di questo pay-per-view.

survivorTeam WWF vs. Team Alliance (2001)

Parliamo del match che rappresenta il culmine (o la frettolosa conclusione, se vogliamo essere più realistici) della fallimentare storia dell’Invasion, che si sviluppò nei programmi televisivi della WWF da marzo a novembre del 2001.

In pratica, al termine del periodo noto nel mondo del wrestling come la “Guerra del lunedì sera” (dal giorno e l’ora in cui entrambi gli show andavano in onda), il 23 marzo del 2001 Vince McMahon aveva acquistato il brand e la libreria di contenuti della rivale World Championship Wrestling. Qualche giorno dopo, esattamente il 26 marzo, era andata in onda l’ultima puntata di WCW Nitro e la reale acquisizione dei competitor, nella storyline, era stata comunicata da McMahon con uno storico annuncio di vittoria della guerra fatto in contemporanea sulle due reti dove venivano trasmessi i programmi concorrenti (Nitro su TNT e Raw su TNN). Il trionfo del magnate, però, era stato interrotto dal figlio Shane che, comparso a sorpresa a Nitro mentre il padre parlava dal ring di Raw, aveva rivelato di avergli sostanzialmente fregato il contratto della WCW, rivelandosi quindi come il legittimo proprietario della federazione.

Insomma, l’idea era quella di continuare, nella finzione on screen, la battaglia fra le due federazioni più importanti, che si erano sfidate per anni a colpi di audience, per dare ai fan quei match “incrociati” che avevano sempre sognato. Cominciarono così le scorribande dei wrestler WCW che, passando dagli spalti, di tanto in tanto facevano irruzione sul ring della WWF mettendo KO chi gli veniva a tiro e lasciandosi dietro una scia di caos.

Dato che, nel frattempo, McMahon aveva pure acquistato la terza federazione americana, la Extreme Championship Wrestling, per rendere le cose ancora più interessanti, a luglio si decise di includere nella storyline anche un gruppo dei lottatori “estremi” legati a quel brand adesso guidato dalla figlia di McMahon. La giovane Stephanie, di fatto, dopo aver sostanzialmente replicato la beffa del fratello ai danni del padre, si unì a Shane nella stable della Alliance di WCW e ECW contro la WWF.

Tutto bellissimo, se non fosse che parecchie cose di questa storia non funzionavano affatto. Per esempio, il fatto che quasi tutte le più grandi stelle delle due ex-federazioni rivali non erano state messe sotto contratto dalla nuova proprietà perché rilevare i loro precedenti accordi sarebbe stato troppo oneroso. E il fatto che, quindi, gli incontri spesso fossero fra stelle affermate della WWF e lottatori di secondo piano della controparte rendeva gli incroci molto meno interessanti per i fan. Tanto che, cercando di ravvivare la narrazione, i dirigenti della federazione furono più volte costretti a mescolare un po’ le carte facendo passare all’alleanza, con clamorosi tradimenti, alcuni dei wrestler WWF più affermati. Uno fra tutti: “Stone Cold” Steve Austin che divenne addirittura il capo della fazione di Shane e Stephanie.

Ma niente da fare: l’interesse del pubblico non decollava. Al contrario, la gente aveva cominciato a stancarsi di una storia che diventava sempre meno credibile anche per i fan più irriducibili.

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Pertanto, come succede sempre nel mondo dell’intrattenimento televisivo quando una cosa non produce gli ascolti sperati, si decise di “uccidere” definitivamente la storyline dell’invasione. Il “luogo del delitto” prescelto fu il Greensboro Coliseum, nella Carolina del Nord. La data il 18 novembre del 2001. In occasione della quindicesima edizione delle Survivor Series, venne organizzato un tradizionale match a eliminazione definito Winner Takes All: la squadra vincente avrebbe garantito alla propria federazione il controllo definitivo del business estromettendo definitivamente l’altra.

La nota positiva al culmine di un progetto narrativo tanto fallimentare, per fortuna, è proprio questo incontro, il cui star power è di un livello difficilmente raggiunto in altre occasioni. Il “team WWF” contava fra le sue fila dei mostri sacri come The Rock, The Undertaker, Kane, Big Show e Chris Jericho. Dall’altra parte, in quello della WCW/ECW c’erano i “traditori” Steve Austin e Kurt Angle, lo stesso Shane McMahon (e il fatto che tre membri su cinque del “team Alliance” fossero “prestati” alla causa rappresenta – se ancora ve ne fosse bisogno – la prova definitiva del fallimento della storyline), l’ex campione WCW Booker T e la star dell’ECW Rob Van Dam.

Le emozioni generate dagli scambi sul ring e dall’evoluzione della contesa, con le varie eliminazioni, ebbero l’effetto di tenere sulle spine gli spettatori nel palazzetto e a casa per tutti i quasi quarantacinque minuti di azione. E questo per un incontro di wrestling rappresenta sempre il massimo risultato. Nelle battute finali, Austin e The Rock rimasero gli ultimi atleti delle loro rispettive squadre: le sorti della WWF e dell’Alliance erano, quindi, nelle loro mani. A quel punto, avvenne il colpo di scena: Kurt Angle, eliminato in precedenza, fece il suo furtivo ritorno sul ring e, quando tutti si aspettavano una scorrettezza ai danni di The Rock per favorire la squadra WCW/ECW, booom: l’ex medaglia d’oro olimpica, invece, sì scagliò con la cintura di campione contro il compagno Steve Austin.

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Cosa diavolo era successo? Nella migliore delle tradizioni di casa, Angle era passato all’Alliance sotto copertura per conto di Vince McMahon, che lo aveva così usato come una bomba a orologeria per distruggere definitivamente i suoi rivali.

A Rocky non rimase che assestare la sua Rock Bottom e schienare Austin per il conto di tre. La WWF era salva, negli spogliatoi i suoi membri festeggiavano e, mentre le telecamere indugiavano sui volti disperati degli avversari, il boss si presentò sulla scena lasciandoci un’ultima immagine di trionfo.

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Gianluca Caporlingua

Cresciuto (???) giocando a calcio e sbucciandomi le ginocchia sui campi in terra della provincia siciliana. Da bambino, però, il sogno (rimasto nel cassetto) era quello di fare il wrestler. Dato che mia madre non mi avrebbe mai permesso di picchiare gli altri, ho deciso di cominciare a scrivere le storie dei miei eroi. Oggi le racconto filtrandole coi ricordi d'infanzia.

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