Perché Alan Moore non vuole più scrivere fumetti

Leah Moore, figlia del grande Alan, spiega come mai suo padre ha detto definitivamente basta ai fumetti: deluso, truffato e disilluso, Alan Moore abbandona il mondo dei comics, a cui ha regalato pagine uniche, memorabili e che resteranno nella sua storia

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Ormai lo sapete: con la pubblicazione de La Lega degli Straordinari Gentlemen: La Tempesta (volume che in Italia sarà pubblicato da Bao Publishing), il grande sceneggiatore inglese Alan Moore terminerà la propria carriera nel mondo del fumetto.
Un percorso straordinario, che ha avuto picchi incredibili con opere del calibro di V For Vendetta, Watchmen, The Killing Joke, From Hell, solo per citare alcuni dei capolavori di questo grande Autore.

Ma perché vuole lasciare il mondo dei comics? Quali sono i motivi che hanno spinto Alan Moore a odiare un media su cui ha tanto investito in termini creativi? Leah Moore, figlia dello scrittore, ha una sua teoria, figlia del modo in cui l’industria dei comics ha trattato suo padre:

«Il problema è stato che il mezzo di comunicazione che adorava era governato da despoti corrotti, che le persone in grado di renderlo magico venivano abusate, che il loro contributo non riceveva il giusto valore e in più gli veniva rubato. Odiava tutto questo già prima di Watchmen».

Parole fortissime, dure, affidate al suo account Twitter. La donna continua, spiegando meglio:

«Sapeva già che Kirby era stato fregato. Così, quando successe a lui, e poi di nuovo, e poi ancora una volta, non fu per lui solo un accordo andato storto o un po’ di sfortuna: ne uscì spezzato. La cosa che amava di più, la cosa in cui aveva riversato *tutto* il suo tempo e le sue energie per la sua intera vita, non riusciva più a farla.»

Leah continua a raccontare, dicendo che suo padre ama così tanto il fumetto da riversare tutto il suo amore in ogni vignetta che abbia mai scritto (e probabilmente anche in ogni didascalia), riuscendo così a rendere speciali le sue opere. Voleva parlare alla gente nel modo in cui i supereroi hanno sempre parlato a lui, condividendo la sua incontenibile passione creando fumetti in grado di far pensare, discutere ed emozionare.

La figlia del grande Autore ha poi concluso il proprio intervento con un’annotazione dal forte sapore malinconico:

«Riuscite a immaginare se non fosse stato fottuto? Se invece di essere lo Scontroso Alan Moore Che Urla Dalla Sua Caverna avesse passato gli ultimi 40 anni a tirare fuori un fumetto dietro l’altro per DC e le altre? A creare vasti mondi pieni dei supereroi che amava? A godersi i fumetti? È un gran peccato».

Cos’è successo tra Alan Moore e la DC Comics?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo tornare parecchio indietro nel tempo, fino agli anni 80, momento in cui Moore e Gibbons firmano un contratto che lega Watchmen alla DC Comics. Vi riportiamo un estratto di un’intervista fatta al grande Autore qualche anno fa al sito seraphemera.org e tradotta in italiano dal blog Comixfactory:

Le controversie riguardo Watchmen e la proprietà dei diritti risalgono, stando alle dichiarazioni di Alan Moore, dal momento stesso in cui, insieme a Dave Gibbons, firmarono il contratto con la DC Comics. “I personaggi sarebbero tornati di nostra proprietà un anno dopo che l’edizione in trade paperbabck sarebbe andata esaurita. Questo era l’accordo in base al quale noi iniziammo la realizzazione di Watchmen– le nostre controparti avevano capito perfettamente che era nostra intenzione rimanere proprietari del nostro lavoro, loro rappresentavano una “nuova DC Comics” che si curava maggiormente dei creatori. Si presentarono con questo nuovo contratto che stabiliva che una volta andato fuori catalogo, i diritti sarebbero tornati di nostra proprietà– sembrava un contratto molto buono. Non avevo alcuna ragione di non fidarmi di quelle persone. E loro erano davvero molto amichevoli. Sembravano deliziati dalla maggior quantità di fumetti che avrebbero venduto. Ma anche a questo livello io pensavo “Bene, sono in grado di rendersi conto che gli farò avere un sacco di pubblicità, e gli farò incassare una gran quantità di danaro. Se sono dei buoni uomini d’affari non cambieranno le carte in tavola per fregarci”. Adesso, quando leggo il contratto di Watchmen mi rendo conte che all’epoca non l’abbiamo letto davvero con attenzione. Si tratta del primo contratto che io abbia mai visto– credevo che avere un contratto tra le mani fosse un evento abbastanza raro nel mercato dei fumetti. per molto tempo la gente si limitava ad apporre una firma sul retro delle loro ricevute di pagamento, siglavano una liberatoria con la quale rinunciavano ai diritti di sfruttamento sulle loro opere. Fui così bene impressionato per il contratto siglato per Watchmen che suggerii a David Lloyd che avremmo dovuto fare la stessa cosa per V for vendetta– che si trattava ancora di qualcosa di cui eravamo intenzionati a conservare i diritti. Il contratto è attualmente uno dei più ostili nei confronti degli autori. Ci sono delle clausole che stabiliscono che, se io mi dovessi rifiutare di firmare un qualsiasi accordo in futuro, la DC potrebbe incaricare un avvocato per farlo firmare al mio posto. Si sono verificati alcuni avvenimenti che avrebbero dovuto farci capire che i diritti di Watchmen non ci sarebbero mai stati restituiti. Un paio di incidenti come la decisione di vendere il materiale promozionale collegato a Watchmen senza corrisponderci alcunchè, tutto perché si supponeva che serviva ad autofinanziare la sua promozione”.

Kurt Amacker: parli delle spille che produssero? 

AM: Proprio di quelle, e non ci sarebbe stato nulla da obiettare se non vi avessero ricavato dei profitti– che hanno avuto. Tuttavia mi sembrò una cosa da poco. Ma, fino a quel momento mi fidavo della casa editrice e credevo che si trattasse tutto sommato di persone perbene, come essi stesso si dichiaravano, che stavano compiendo uno sforzo genuino per adattarsi ai tempi moderni e alla moderna moralità. Ma questo incidente  mi diede l’impressione di avere a che fare con persone interessante ai soldi che un autore potesse fargli incassare– pur avendo tra le mani un autore che gli stava facendo avere molta attenzione dai Media extrafumettistici, molta più attenzione di quanta ne avessero mai ricevuta in precedenza– e mi sembrarono davvero deliziati da questi guadagni. Ma qualcuno di loro avrà pensato che sarebbe andata ancora meglio se ci avessero truffato alcune migliaia di dollari. E come aver firmato un contratto con qualcuno per ritrovare quel qualcuno che fruga nelle tasche del tuo cappotto alla ricerca di monetine. Subito dopo questi eventi ci apparve evidente che non avrebbero mai permesso a Watchmen di andare fuori catalogo. All’epoca, ovviamente, mi arrabbiai molto a causa del fatto che mi avevano mentito. E avevano scelto un modo poco pulito per farlo. E non credo che fosse la prima volta che la DC ricorresse a una tecnica del genere. Questo, insomma, fu il primo problema. A quell’epoca ero molto seccato e arrabbiato  e non avevo alcun piacere a lavorare per la DC. La prima opportunità di mostrare il mio disappunto la ebbi quando cercarono di attuare un ridicolo sistema di classificazione, che io ed altri autori non sottoscrivemmo. Mi sembra che Frank Miller avesse tentato di fare una petizione. Dissi che se la DC Comics avesse attuato quel sistema di classificazione delle storie io non avrei mai più lavorato per loro. Credo di essere stata l’unica persona tra quelle che firmarono quella petizione che non volle accettare mezze misure. Così giunto a questo punto decisi di tagliare i ponti con la DC Comics– benché lì ci fossero ancora alcune persone, come Karen Berger, con i quali ho continuato ad avere buoni rapporti di amicizia. Tuttavia arrivai alla conclusione che non avrei mai più voluto lavorare con la DC e con le loro sussidiarie. Le cose hanno funzionato per parecchi anni finché poco dopo aver firmato un contratto con la Wildstorm di Jim Lee la DC Comics acquistò la compagnia– come avevano già precedentemente provato a fare tentando di comprare la Awesome Comics di Rob Liefeld, ma solo a condizione che io facessi parte dell’accordo. Sembrava che sarebbero stati disponibili a comprare l’intera casa editrice solo per avermi ancora al lavoro per loro. Questo credo che sia successo perchè si erano resi conto che essersi guadagnati l’inimicizia di qualcuno che aveva creato l’unico volume in grado di essere conosciuto anche da coloro che non leggevano abitualmente fumetti, non fosse proprio una buona idea. Credo che probabilmente erano abbastanza disperati da voler realizzare film tratti da Watchmen o trarne altro mechandising. Con tutta probabilità realizzarono che, credo, Watchmen fosse ancora un qualcosa sul quale io potessi ancora vantare dei diritti, un dubbio che gli fece avere qualche titubanza. E’ difficile attrarre degli investitori quando ti trovi coinvolto in spinose controversie legali. Così, credo che è allora che siano cominciati tutte quei tentativi disonesti fatti mentre si realizzava il film, tentativi disonesti che mi hanno portato a tagliare i miei contatti con chiunque lavori alla DC– e con tutto il mercato del fumetto. E’ successo qualche anno fa. Molte di queste cose sono successe nelle settimane precedenti al mio matrimonio con Melinda. Questo è più o meno lo stato delle cose da allora. E’ stato per via del mercato che un po’ di tempo fa ho avuto la mia ultima conversazione con Dave Gibbons– preciso che con ultima intendo dire finale, benchè sia piuttosto recente, il che è una vergogna.

KA: Wow.

AM: Proprio così. Non sento di avere alcun amico nell’industria del fumetto– certamente nessuno che mi piacerebbe inseguire.

KA: tu continui a percepire le royalty sulle vendite di Watchmen e del film? 

AM: Sì. E’ il mio lavoro. Continuo a percepire le Royalty– non molto elevate, ma il tipo di royalty che il mercato del fumetto offriva negli anni ’80. Sì, continuo a percepire un po’ di quei soldi che mi spettano. Ma non sono i soldi alla base della mia frustrazione. C’è il fatto che mi hanno mentito. C’è il fatto è che la ragione per la quale mi fecero realizzare Watchmen è che capirono quello che ero in grado di realizzare con le loro serie regolari. Si resero conto che io ero capace di farli entrare in una nuova inesplorata zona. Così ci offrirono Watchemen, e lavorai molto, molto bene per loro. Furono abili da reclamare la repentinamente la definizione di Graphic Novel per tutti i loro fumetti– che loro stavano seriamente impegnandosi a produrre attraversi il mezzo fumetto opere di arte e letteratura. Ma non è questo quello che davvero gli interessava. L’unico loro interesse era il commercio. E, sì, quando videro che con questo lavoro gli era stata data un’opportunità, la colsero al volo e benedissero Watchmen per tutta la pubblicità che ne ebbero. Lanciarono una intera linea di fumetti che sembrò essere stata progettata per essere considerata come una “Alan Moore farm”, credo che ai primi collaboratori della Vertigo diretta da Karen Berger fosse stato – anche solo implicitamente – chiesto di realizzare lavori che fossero simili ai miei. All’epoca non ne ero infastidito. Credevo fosse una vergogna che non avessero fatto qualcosa di più originale. Insomma, sì, continuo a percepire royalty per quel lavoro. Ma, considerato la quantità da danaro e di pubblicità e di qualsiasi altra cosa che l’industria statunitense del fumetto – non solo la DC – ha ottenuto grazie al mio lavoro, penso che si possa dare per assunto che mi hanno mentito e mi hanno truffato dei miei diritti, e che adesso stanno pianificando di farlo ulteriormente, presumibilmente per disperazione– perché non hanno nient’altro che desti interesse. 

KA: Ti riferisci ai prequels di Before Watchmen? 

AM: Sì. E’ qualcosa di cui parlano dal molto tempo. E, di fatto, è la ragione per la quale ho interrotto tutti i miei contatti con Dave Gibbons.

KA: perché li ha supportati? 

AM: Tutto ha inizio quando è stato realizzato il film di Watchmen. Voglio dire, Watchmen ha rappresentato per me un capitolo chiuso per un bel po’ di anni, molto lontano dai miei pensieri. La DC ce lo aveva rubato, e non avevano alcuna intenzione di restituircelo. Avevo accettato questo fatto. Tuttavia, accade una cosa mentre lavoravo per la Wildstorm. Accadde quando uno dei produttori del film tratto da V for Vendetta lesinò sulla verità e annunciò che io ero molto eccitato dell’idea di quel film privo di valore e che stavo per avere una riunione con il regista, sapeva che non era vero. Lo diceva solo perché sapere che io facevo parte del progetto avrebbe suonato meglio. Naturalmente, dichiarai che non avevo nulla a che fare con la DC Comics o con nulla che fosse connesso con loro. Anche se sto lavorando per un’altra azienda, ho una clausola nel mio contratto che stabilisce che se l’azienda viene acquistata dalla DC il contratto è nullo. 


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