La memoria delle tartarughe marine – Recensione

Dopo Silverwood Lake, Simona Binni – giovane fumettista romana – con La memoria delle tartarughe marine ci fa immergere nel mare limpido delle affascinanti tartarughe marine, usate come strumento di metafora per ricordarci l’importanza del nostro passato e il magnetismo della nostra terra natale

Quando osserviamo un panorama, ci troviamo sempre davanti la linea dell’orizzonte. Che sia fatta da case, montagne, campi o una distesa d’acqua, rappresenta comunque la fine della nostra visuale. Quella linea può rappresentare un limite, un confine, oppure un traguardo da oltrepassare per raggiungere nuove mete.

Quanti di voi si sono sentiti soffocare almeno una volta dalla propria vita? Quando la casa in cui siamo cresciuti sembra toglierci l’aria, quando la routine quotidiana e le persone che ne fanno parte diventano banali presenze, quando siamo certi di poter avere di meglio, ci troviamo davanti a scelte importanti. Possiamo tentare di scavalcare l’orizzonte e andare avanti senza voltarci indietro, oppure cercare di dare nuovo colore a tutto ciò che ci ha fatto nascere e crescere, senza necessariamente scappare.

Questo è quello che succede alle tartarughe marine tutte le volte che avviene una schiusa su una spiaggia: le piccoline nate sono istintivamente attratte dall’acqua, escono dalle uova e cercano di raggiungere il mare aperto, quell’immensa distesa d’acqua che le porterà chissà dove e che gli farà affrontare chissà quali pericoli. Poi, a sua volta, il ciclo della vita le riporterà dove sono nate, a deporre le loro uova sulla stessa spiaggia. La loro terra le richiamerà “a casa”.

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Simona Binni ci regala una storia ricca di metafore e la vita del protagonista di questo volume è paragonata più volte a quella di una tartaruga: quando sembra che l’unica soluzione sia quella di scappare da se stesso, capirà che il passato non può essere rinnegato a piedi pari.

Giacomo è un uomo giovane, vive a Milano ed è molto impegnato nel suo lavoro. È un importante membro di un’azienda affermata e la sue giornate non sono dedicate ad altro.

In un giorno qualsiasi di questa sua vita apparentemente perfetta, gli giunge la notizia della morte di suo fratello maggiore, Davide. Differentemente da lui, aveva deciso di restare a Lampedusa, isola in cui sono nati e cresciuti, di continuare l’attività del loro defunto padre e diventare così un pescatore esperto della fauna del luogo. Oltre all’obbligo di fare i conti col suo passato, Giacomo riceve anche una lettera di Davide in cui apprende di aver ricevuto in eredità il peschereccio di famiglia, il Nautilus IV.

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Il ritorno a quell’isola che lui definisce “un sasso”, fa riaffiorare ricordi sepolti della sua infanzia. In particolare il ricordo di quel giorno in cui suo fratello lo portò per l’ennesima volta a vedere la schiusa delle uova delle tartarughe sulla spiaggia. Quel giorno Giacomo si convinse che il mondo che aveva scoperto Davide era un mondo in cui lui non era voluto. Carico di rabbia e gelosia per il nuovo interesse del fratello, gettò in mare due uova e pose fine all’esistenza di quegli esseri indifesi. L’egoismo di quel gesto fece reagire brutalmente Davide e la rissa che ne scaturì impresse in quel momento la fine del loro rapporto.

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Giacomo deve fare i conti con molte presenze del passato: gli amici con cui non ha contatti da almeno dieci anni, i luoghi e le strade che ha percorso centinaia di volte, i tramonti e le spiagge, tutte le circostanze alle quali ha voltato le spalle e delle quali ad un certo punto non ha voluto sapere più nulla.

Se è vero che ogni partenza presuppone anche un ritorno, per tornare dobbiamo avere una casa. Ma la realtà di Lampedusa conduce Giacomo a contatto con chi una casa non ce l’ha più, anzi non ha più nemmeno un’identità: i profughi e la loro disperazione.

Sul peschereccio che ha intenzione di vendere incontra una giovane biologa ricercatrice, un uomo anziano senza lavoro e un bambino africano senza identità, salvato dal fratello mentre la nave su cui era imbarcato aveva preso fuoco. Giacomo si trova così di fronte ad una scelta importante: affrontare tutto il suo passato per poter tornare alla sua vita oppure cominciarne una nuova. Non a caso questa maturazione avviene proprio su quell’isola, punto di passaggio per tanti esseri umani che dalla loro vita stanno scappando, sognando nuovi orizzonti.

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Dopo aver subito le ferite di un drastico abbandono, Lampedusa (casa) si trasforma così un porto sicuro in cui riporre delle speranze, proprio come per le tartarughe che dopo vent’anni dalla nascita trovano la forza di tornare al loro luogo natio e di dare inizio a nuove vite.

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Dopo Silverwood Lake, la Binni ci mostra un’altra storia matura e piena di sentimenti. In chiave metaforica ci trasmette le paure e le cicatrici dei protagonisti, tratta in modo toccante il tema dell’abbandono e della solitudine, facendoci venire voglia di abbracciare stretto un nostro familiare, chiunque esso sia, purché sia parte di noi.

Usa toni di colore in contrasto tra loro, accesi e cupi, proprio per richiamare il contrasto tra passato, presente e futuro. La colorazione è piatta, senza sfumature, e ti dà l’impressione di assistere al sogno di un’altra persona. Sappiamo infatti che il sogno è un messaggio del nostro inconscio: nel momento in cui siamo pronti a ricordare, ci mostra un evento manipolato a dovere per farci riflettere e capire.

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Abbiamo parlato di:

Saki

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Cuore giapponese in un corpo italiano, leggo manga dalla più tenera età e sogno ancora di cavalcare Falcor! Curiosa fino allo sfinimento, sono pronta a parlarvi delle mie scoperte!

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