I meravigliosi anni 90 – Hulk Hogan va alla guerra con Saddam

Seconda parte del racconto degli anni 90 nel wrestling: in questo episodio analizzeremo il mitico Wrestlemania VII e la politica che entra in modo prepotente nella storyline della WWF

Oltre ai bei ricordi e alle stravaganze, purtroppo, i Novanta furono anche gli anni di drammatici eventi come la prima Guerra del Golfo che, fra l’agosto del’90 e febbraio del’91, provocò migliaia di vittime fra i civili.

A inizio del 1991, il nemico numero uno degli Stati Uniti era dunque l’Iraq, il Paese che aveva scatenato il conflitto invadendo il vicino Kuwait e spingendo una coalizione guidata dagli USA ad intervenire. Come sappiamo, quando ci sono di mezzo gli ascolti (e i soldi), Vince McMahon non è certo uno che si fa troppi problemi di carattere etico. Pertanto, anche la guerra entrò prepotentemente nelle storyline della World Wrestling Federation. E lo fece nei panni di un ex marine (nella vita reale) a cui fu dato l’improbabile ruolo di un disertore americano divenuto un acceso sostenitore dell’allora Presidente iracheno Saddam Hussein. Il suo nome è Robert Remus ma tutti, nel mondo del wrestling, lo conoscono come Sgt. Slaughter.

Sgt. Slaughter
Sgt. Slaughter

A Remus, ex militare e patriota, addirittura beniamino del pubblico nella prima metà degli anni Ottanta quando sul ring si batteva con il sovietico Nikolai Volkoff e l’iraniano Iron Sheik, il fatto di dover passare “dall’altra parte” non piaceva affatto. Ma i grandi heel, contrapposti agli eroi del ring, sono sempre stati delle macchine da soldi. E più un “cattivo” era credibile, più la gente era disposta ad aprire il portafogli per fischiarlo e vederlo soccombere di fronte al “buono” di turno. In seguito sarebbero arrivati Internet e – ahimè, solo sugli schermi americani dato il mancato rinnovo dei diritti da parte della tivù italiana – la Attitude Era del wrestling e le prospettive si sarebbero completamente rovesciate. Ma questa è un’altra storia.

Nel frattempo, Slaughter riceveva persino minacce di morte dai più esagitati che si erano bevuti il suo tradimento nei confronti dell’America, adesso accusata dal sergente di essere la patria di un popolo di rammolliti. Alla credibilità del personaggio contribuì tantissimo la sua affiliazione con il General Adnan, manager di nazionalità irachena che era stato davvero compagno di scuola di Saddam Hussein.

Il modo migliore per farlo diventare il top heel della federazione era quello di metterlo contro colui che si faceva portatore di valori diametralmente opposti ai suoi. E magari mettergli anche la cintura di campione alla vita per scatenare nel pubblico quel fortissimo desiderio di rivalsa che, nel wrestling, si traduce in ascolti e guadagni. Pertanto, Sgt. Slaughter ebbe la possibilità di sfidare il campione WWF, l’Ultimate Warrior, alla Royal Rumble. La vittoria di un “cattivo” può mai essere pulita? Certamente no. Ed è per questo che ci volle l’interferenza di un altro lottatore (a quel tempo) disprezzato dai fan: “Macho King” Randy Savage, accompagnato dall’immancabile “Queen” Sherri, si presentò a bordo ring e colpì in testa il povero Warrior con lo scettro, permettendo così a Slaughter di schienare l’avversario e di aggiudicarsi il titolo, nello sdegno generale.

A questo punto, chi avrebbe mai potuto rimediare all’inaudita offesa subita dal popolo americano? Ma Hulk Hogan, ça va sans dire! Il nostro beniamino aveva vinto il Royal Rumble match per il secondo anno di fila ma la festa era stata rovinata dalla notizia che Sgt. Slaughter e General Adnan avevano deturpato la bandiera americana. Hulk, l’eroe a stelle e strisce per antonomasia, giurò solennemente di farla pagare al perfido voltagabbana e ottenne un incontro per il titolo, fissato per il 24 marzo a WrestleMania VII in quel di Los Angeles. Durante la contesa, il campione mise più volte Hogan a dura prova e diede la concreta impressione di poter portare a casa la vittoria. Ma fece un madornale errore. Quando il baffuto wrestler sembrava ormai alle corde, Slaughter non si accontentò di chiudere semplicemente il match. Piuttosto, decise di voler umiliare il simbolo vivente del patriottismo americano. Per eseguire lo schienamento finale, infatti, coprì l’avversario con la bandiera irachena che Adnan gli aveva nel frattempo passato. Una mossa che, però, non fece altro che rianimare Hogan e caricarlo a molla per la rimonta: conto di tre interrotto, bandiera irachena fatta a pezzi, no amico, non mi fai niente in risposta ai pugni dell’altro, gran finale con legdrop e riconquista della cintura di campione per la terza volta in carriera. Pubblico in visibilio: l’onore degli USA era salvo. Purtroppo, i “cattivi” non mollano mai tanto facilmente e spesso vendicano le proprie sconfitte in maniera meschina. Nel backstage, durante un’intervista post-match, Hogan aprì la porta del camerino e, nascosto lì dietro in attesa di attaccare, Slaughter gli scagliò sul viso una palla di fuoco (forse un pugno gli pareva troppo tradizionale), per poi colpirlo ripetutamente con una sedia, mentre il nuovo campione si contorceva a terra dal dolore.

Sgt Slaughter vs Hulk Hogan a Wrestlemania VII
Sgt Slaughter vs Hulk Hogan a Wrestlemania VII

L’altro main event della serata fu la sfida fra Ultimate Warrior e Macho King. Nei mesi precedenti, in più occasioni Savage aveva chiesto al guerriero una title shot ma questi, sprezzante, gliel’aveva sempre negata. Memorabile un siparietto con la manager Sherri che era arrivata a prostrarsi davanti al campione pur di ottenere un match per il suo assistito: Warrior l’aveva pazientemente ascoltata e alla fine aveva sobriamente risposto “Noooooooo!!!”. A quel punto Macho King aveva giurato di vendicarsi e si era accordato con Sgt. Slaughter che, come abbiamo visto, alla Royal Rumble era il primo sfidante per la cintura e gli aveva promesso quell’opportunità a lungo negatagli se lo avesse aiutato a strappare il titolo a Warrior. L’unico problema fu che quest’ultimo non prese bene lo sgarbo e, persa la corona assoluta, trovò una nuova ragione di vita nella volontà di eliminare Savage (dal mondo del wrestling). Quando si dice che nella vita le motivazioni sono importanti…

A Wrestlemania VII, quindi, venne organizzato un retirement match, cioè il perdente sarebbe stato obbligato a ritirarsi “per sempre” dal wrestling. Un furioso Ultimate Warrior sconfisse nettamente l’avversario, lasciandolo dolorante sul ring. Come se non bastasse già l’umiliazione di essere costretto a rinunciare alla propria passione, dopo l’incontro, Randy fu anche investito dalle urla e dalle percosse di una delusissima “Queen” Sherri. Fortunatamente, fra gli spettatori nell’arena c’era anche l’ex manager di Macho King, la bella Miss Elizabeth che, ancora innamorata di lui, scavalcò le transenne e si precipitò a salvare Savage dai maltrattamenti della folle Sherri. I due ex partner tornavano finalmente ad abbracciarsi dopo un lungo periodo di rancori. Le donne fra il pubblico assistevano alla scena con gli occhi lucidi e i fazzoletti in mano perché, fra una mazzata e l’altra, il vero amore aveva nuovamente trionfato.

 

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Gianluca Caporlingua

Cresciuto (???) giocando a calcio e sbucciandomi le ginocchia sui campi in terra della provincia siciliana. Da bambino, però, il sogno (rimasto nel cassetto) era quello di fare il wrestler. Dato che mia madre non mi avrebbe mai permesso di picchiare gli altri, ho deciso di cominciare a scrivere le storie dei miei eroi. Oggi le racconto filtrandole coi ricordi d'infanzia.

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